Il Salone dei Cinquecento. Uno dei più bei gioielli che l’arte rinascimentale ci abbia dato nel cuore di Firenze. Diventato oggi più famoso che mai grazie al best-seller dello scrittore Dan Brown “Inferno” e del relativo film uscito nelle sale cinematografiche qualche mese fa. Nel romanzo la “location” è proprio Firenze e Palazzo Vecchio con il Salone dei Cinquecento è una delle mete dei protagonisti.
Ma cos'è questo palazzo e a cosa serviva? Il progetto iniziale di Palazzo Vecchio è stato ideato da Arnolfo di Cambio nel 1299. Disegnò una possente fortezza che doveva ergersi sulle rovine delle torri ghibelline degli Uberti, sconfitti dai guelfi. Interessante il fatto che il palazzo poggi sulle antiche rovine di un anfiteatro romano dell’antica Florentia del I secolo d.C., tra l’altro ancora visibile al di sotto della costruzione.
Inizialmente questo edificio era stato ideato per ospitare il “Consiglio della Repubblica di Firenze”. Anni dopo il palazzo si allargò anche alle vie adiacenti, dando sempre di più una visione di un’austera fortezza.
Il “Salone dei Cinquecento”, la prima sala che vediamo entrando a Palazzo Vecchio, era stato ideato e progettato nel 1494 per accogliere il Consiglio della Repubblica che aveva aumentato i suoi membri appunto a cinquecento per cercare di evitare ipotetici tentativi di corruzione. Il Gonfaloniere della Repubblica di allora, Pier Soderini, la cui figura può oggi essere paragonata a quella di un sindaco, aveva chiamato i due artisti più grandi del momento ad affrescare la sala: Michelangelo e Leonardo. Erano gli inizi del Cinquecento. Il primo avrebbe dovuto dipingere la “Battaglia di Cascina” e il secondo la “Battaglia di Anghiari”. Nessuno dei due affreschi è stato completato. Riguardo a Michelangelo sappiamo che realizzò il cartone preparatorio, ma non sappiamo con certezza se cominciò a trasportarlo sulla parete. Sarà poi richiamato da Papa Giulio II per continuare l’interminabile tomba e dovette abbandonare il lavoro. Per quanto riguarda Leonardo sappiamo invece che cominciò a dipingere sulla parete, ma, essendo da sempre ossessionato dalla ricerca di una tecnica adeguata al raggiungimento del cosiddetto “sfumato”, arrivò ad un completo disastro. Cercò di utilizzare una tecnica nuova che faceva uso della pece greca riscaldata dai bracieri. Destino ha voluto che questi bracieri, fossero stati posizionati troppo lontani dalla parete, con conseguente colatura della pece. Il risultato fu un completo disastro. Le uniche figure che Leonardo aveva cominciato a disegnare erano i cavalli, rovinati da questo inconveniente. Gli altri personaggi erano stati solo abbozzati. L’esito fu la fuga dell’artista a gambe levate e un altro affresco non compiuto. A confermare questo fatto e la non riuscita dell’affresco, c’è la documentata attestazione dei soldi dello stipendio che Leonardo dovette restituire perché non aveva finito il suo lavoro.
Soltanto quarant’anni dopo, ci fu un rinnovamento del palazzo e la realizzazione degli affreschi, che cambiarono completamente i soggetti. I lavori vennero compiuti da Cosimo I de’ Medici e da sua moglie Eleonora di Toledo. Palazzo Vecchio diventò la loro residenza privata, oltre che la corte. Fu Giorgio Vasari e la sua bottega a compiere i lavori di rinnovamento del Salone. La decorazione doveva esaltare e glorificare Cosimo e la sua casata. I lavori partirono nel 1555 e terminarono nel 1572. Il soffitto venne coperto a cassettoni con sistema a capriate. La decorazione aveva come tema centrale l’esaltazione di Cosimo. Sono quarantadue riquadri e vedono al centro la raffigurazione di Cosimo I in gloria come fosse un Dio. Attorno al pannello centrale ci sono le allegorie dei quartieri di Firenze e dei domini del ducato in atto di sottomissione al duca, episodi della guerra di Pisa e di Siena, oltre ad alcuni ritratti dei collaboratori di Vasari.
Alle pareti abbiamo invece scene che enfatizzano le vittorie militari di Cosimo I su Pisa e Siena. Tra queste la più famosa è quella del Vasari con la “Battaglia di Scannagallo” o la “Battaglia di Marciano della Chiana” con la celebre frase del “Cerca trova” scritta su una piccola bandierina verde, che dal basso, dove noi spettatori guardiamo, nemmeno è così visibile. Chi ha in mano questa bandiera? Uno dei ribelli fiorentini che combattevano dalla parte dei senesi contro l’esercito mediceo. Da un po’ di anni questo affresco ha fatto sognare un’ipotetica “caccia al tesoro” indetta dal Vasari. Secondo alcuni critici, sotto questo affresco sarebbe nascosta la “Battaglia di Anghiari” di Leonardo e Vasari l’avrebbe voluto ricordare in questo modo. Prima di tutto, appare molto strano che un artista voglia indurre i posteri a buttare giù una propria opera per portare alla luce una ipotetica sotto. Anche una grande stima per l’artista passato lo escluderebbe. Ma la cosa più importante è che sappiamo con certezza che Leonardo non terminò mai l’affresco e la parte iniziata era davvero misera e riuscita male, come abbiamo detto prima. Nonostante tutto, equipe di ricercatori, restauratori e studiosi hanno cercato di dare una risposta concreta a questo dilemma. La team di Seracini (negli anni ’70 notò questa frase sull’affresco) e della National Geographic nel 2009 ha investito molti soldi per compiere degli studi, che, nonostante alcune piccole scoperte, non hanno dato una risposta definitiva. L’idea iniziale era quella di usare uno scanner a scansione atomica che sarebbe stato passato lungo la parete per vedere il retro del muro. Il costo era però troppo elevato per sostenerlo, così si decise di fare in altro modo. Si forò una piccola parte di muro per prelevare quello che c’era dietro il muro stesso. Il risultato fu questo: dietro alla parete, ci sono effettive tracce di pigmento degli inizi del Cinquecento, ma non possiamo dire con certezza se ci sia proprio l’abbozzo di affresco di Leonardo. Per fortuna si è scartata l’idea di togliere l’affresco di Vasari per vedere cosa ci fosse effettivamente sotto. Sarebbe stata solo una pazzia, dato che avrebbe rovinato un’opera d’arte dal grande valore e probabilmente avrebbe portato alla luce solo alcune figure appena abbozzate e mal riuscite. Che senso avrebbe avuto?
Abbiamo però anche un altro studioso che si si è cimentato in questo studio: Ernesto Solari. E’ convinto che Saracini abbia visto giusto e che quindi sotto l’affresco ci sia Leonardo. Secondo lui però non c’è bisogno di far uso di nessuna apparecchiatura. Solo tramite citazioni date dallo stesso Vasari si arriverebbe alla soluzione. Solari avrebbe trovato una presenza della parte centrale dell’affresco leonardiano, ossia quello che raffigura la “Lotta per lo stendardo”, che possiamo ammirare grazie ad un disegno di Rubens e alla famosa tavola Doria. Ma secondo lo studioso l’affresco vasariano si troverebbe non sotto la “Battaglia di Scannagallo”, ma sotto l’affresco che rappresenta l’assalto alla città di Pisa da parte dei fiorentini. La scritta “Cerca trova” darebbe l’indicazione precisa della parete e del punto dove sarebbe nascosto l’affresco di Leonardo. E’ arrivato così ad anagrammare la frase e arrivò a due soluzioni, di cui una è più convincente: “Arco carte” e “Tra arco e cv”. L’assalto di Pisa vede la presenza di un ampio arco formato dal fiume Arno. Vasari nella vita dedicata proprio a Leonardo scrive: “… fu il primo ancora che, giovanetto, discorresse sopra il fiume d’Arno per metterlo in canale da Pisa a Fiorenza”. Secondo il Solari sarebbero degli indizi veri e propri dati dal Vasari. E il confronto tra i disegni del particolare di Leonardo con la “Lotta allo stendardo” e l’affresco dell’”Assalto a Pisa” lo confermerebbero. Ma sarà davvero così? Anche in questo caso è difficile dirlo con certezza. E’ una delle risposte date ma solo una “scoperchiatura” dell’affresco potrebbe confermarlo con certezza. Personalmente non azzarderei una decisione del genere e lascerei che il mondo possa ammirare gli odierni affreschi di Vasari e bottega.
Sicuramente però c’è un’altra spiegazione a questo problema. Ed è quella più plausibile. La risposta è da cercare nei fatti storici. La Battaglia di Scannagallo si combatté il 2 agosto 1554 tra fiorentini, imperiali e spagnoli contro senesi, francesi e svizzeri. La battaglia fu vinta dai fiorentini. Una cronaca approfondita dei fatti è stata redatta da Bernardo Segni nelle sue “Istorie Fiorentine”. Importante per la nostra analisi è la sua descrizione dei giovani fuoriusciti fiorentini che avevano deciso di mettersi contro la fazione medicea per combattere al fianco dei senesi e dei francesi. Questi avevano ricevuto come regalo dal re di Francia Enrico delle bandiere verdi con il motto “Libertà vo cercando, che sì cara”. Molto probabilmente il “cerca trova” vasariano ha un tocco ironico. Il suo significato è semplice e chiaro. Vuole alludere alla vana libertà dei fuoriusciti fiorentini diventati marionette dello straniero e che di conseguenza troveranno la giusta punizione. Inutile quindi accanirsi su una ricerca disperata di un presunto affresco leonardesco che sicuramente non c’è.
Io personalmente sono per questa ultima versione dei fatti. Trovo assurda una “cerca al tesoro” vasariana dell’affresco leonardesco. Erano passati quarant’anni circa da quando Leonardo aveva messo piede nel Salone dei Cinquecento e aveva cercato di affrescare la parete. Anche se sappiamo che qualcosa abbozzò, non possiamo sapere in che stato fosse quando Vasari, alla metà del Cinquecento si cimentò nel grande lavoro di rinnovamento della Sala. Ed è quindi, sempre secondo il mio parere critico, inutile continuare a cercare un epilogo fantasioso a questa storia.