“La bella principessa” è un bellissimo ritratto su pergamena attribuito a Leonardo da Vinci. L’opera apparteneva a Giannino Marchig, un restauratore. Fu la moglie a commissionare la sua vendita all’asta ad opera di “Christie’s a New York nel 1998. L’opera venne acquistata verso gli anni Cinquanta del Novecento e Marchig la attribuì a Domenico Ghirlandaio. E non aveva tutti i torti vista la somiglianza con molte dame che il pittore dipingeva di profilo.
Ma vediamo di analizzare in maniera più dettagliata questo disegno. Partiamo con il parlare del supporto: pergamena di pelle di vitello a grana fine stesa su una tavola di quercia. La tecnica è definita “à tris crayons” e vedeva l’utilizzo di pezzetti appuntiti di gessi naturali di colore nero, rosso e bianco, uniti con penna e inchiostro. Questa tecnica si diffuse nel Settecento, ma già nel Rinascimento si utilizzava nei ritratti.
Che cosa rappresenta? Una giovane donna di profilo, modestamente abbigliata. Il ritratto di profilo era il modello preferito dalle famiglie regnanti nelle corti italiane e soprattutto nel Nord, presso gli Sforza. Secondo le consuetudini del tempo, sappiamo che il ritratto di profilo era d’obbligo per le principesse, invece per le amanti si poteva scegliere qualsiasi altra impostazione (basti vedere la “Dama con l’ermellino” e la “Belle Ferroniere”, entrambe amanti di Ludovico il Moro). Interessante è l’acconciatura indossata dalla donna: una treccia a coda, molto lunga che secondo la moda del tempo era definita a “coazzone”. Nel corso degli studi, cinque sono state le donne prese come ipotetico modello della donna ritratta: Beatrice, moglie di Ludovico, Isabella d’Aragona, moglie di suo nipote Gian Galeazzo, le nipoti Bianca Maria e Anna e la figlia illegittima Bianca. Tra le cinque, le prime tre sono state scartate, dato che abbiamo dei loro ritratti e la somiglianza non sussiste. Invece, per quanto riguarda Anna e Bianca, non abbiamo un raffronto su cui poterci basare. L’ipotesi però più plausibile è che possa trattarsi di Bianca, figlia dell’amante di Ludovico: Bernardina de Corradis. Bianca venne promossa in sposa a Galeazzo Sanseverino, capitano dell’esercito di Ludovico. I due si sposarono nel 1496 quando Bianca aveva tra i tredici e i quattordici anni. Dalle fonti sappiamo anche che Bianca divenne migliore amica della moglie di Ludovico: Beatrice d’Este. Soltanto otto mesi dopo il matrimonio però, la povera ragazza morì, forse per una gravidanza extrauterina. Vista la giovane età della donna ritratta, l’identificazione con Bianca è molto plausibile. Ma non è da scartare anche l’ipotesi di vedere Anna, nipote di Ludovico, come modella del ritratto. Morì anche lei giovanissima, a soli ventuno anni.
L’opera venne sottoposta a tantissimi studi da parte del restauratore Cotte e di Kemp, uno dei più famosi studiosi di Leonardo. Il primo passo è stato l’analisi del carbonio 14 sulla carta. Si è dedotto che la pergamena è per il 95% inscrivibile nel periodo che va tra il 1440 e il 1650.
Visibile ad occhio nudo è la presenza di tre fori d’ago lungo il margine sinistro. Si ipotizzò la sua asportazione da un manoscritto o libro stampato su pergamena. Si arrivò alla conclusione che la pergamena era stata strappata da una copia dello “Sforziade”, scritto da Giovanni Simonetta e conservato nella Biblioteca nazionale di Varsavia. Le altre copie si trovano a Parigi, a Londra e agli Uffizi e sono state tutte e tre usate per commemorare importanti nascite nella famiglia Sforza. La copia di nostro interesse, quella di Varsavia, era stata scritta probabilmente per festeggiare il matrimonio tra Bianca Sforza e Galeazzo Sanseverino. Le allusioni infatti sono tantissime. Dalle sovrapposizioni che sono state fatte, sembra proprio che il foglio coincidi sia di lunghezza che di larghezza con gli altri fogli del manoscritto. Non sappiamo però quando e perché sia stato staccato.
Da documenti d’archivio si è venuti a conoscenza dei rapporti che ci sono stati tra Leonardo e Galeazzo Sanseverino. Inoltre, tramite i raggi X, è venuta alla luce un’impronta digitale sulla pergamena, che è stata confrontata con un’impronta di un’altra opera di Leonardo: il “San Gerolamo penitente”, tra l’altro non compiuta, conservata alla Pinacoteca Vaticana. Nel caso della “Bella principessa” l’impronta è leggera, ma ad una prima analisi sembrano coincidere. Leonardo era solito usare le dita e anche il palmo della mano per dipingere le sue opere, quindi è sembrato un altro elemento che potesse accertare la paternità dell’opera a Leonardo. (anche Giovanni Bellini e Dürer erano soliti utilizzare le dita per completare i loro quadri, ma Leonardo ne faceva un uso maggiore e molto più visibile).
Ovviamente, almeno secondo gli studi condotti fino ad oggi, non possiamo dire con certezza se il ritratto su pergamena sia stato realizzato dal maestro vinciano. Troppi sono ancora gli interrogativi e le domande irrisolte. All’inizio, l’opera venne attribuita ad un pittore anonimo tedesco del XIX secolo, facente parte del gruppo dei “nazareni”. Anche il suo valore non era infatti molto alto. Alla famosa asta di “Christie’s” del 1998, venne acquistato da un collezionista canadese, di nome Peter Silverman, per 21.850 dollari. Solo successivamente si avanzò l’ipotesi di un’attribuzione a Leonardo. I dubbi che però ancora attanagliano gli studiosi sono principalmente due. Leonardo non ha mai dipinto su pergamena, almeno non si è conservato nulla. È quindi difficile poter fare confronti con altre opere. In secondo luogo il ritratto di profilo non era un modello da lui molto usato, anzi quasi per nulla. Abbiamo un disegno denominato “Ritratto di giovane donna di profilo” conservato alla Windsor Library, ma è poco per poter fare un raffronto, anche perché la tecnica usata è diversa e la donna non è propriamente di profilo, ma posizionata di tre quarti.
Quindi, se non ci sarà una nuova scoperta d’archivio, sarà impossibile dare delle risposte certe. Fino a quel momento non potremmo fare altro che attendere.
Vi invito a leggere il libro di Pascal Cotte e Martin Kemp: "La bella principessa di Leonardo da Vinci. Ritratto di Bianca Sforza". Fa un'analisi dettagliata della storia critica e soprattutto della storia del restauro. Vivamente consigliato, anche perché il linguaggio è secondo me alla portata di tutti (anche se un minimo di conoscenza dell'artista è d'obbligo).