Ricorre oggi la nascita dell’artista surrealista Joan Mirò. Era il 20 aprile 1893. Nata a Barcellona da una famiglia umile, il padre era orologiaio e la madre figlia di un ebanista originario di Maiorca. Già da bambino si manifesta la sua passione per il disegno, ma viene spinto dal padre alla carriera contabile, a cui si dedica senza nessuna passione. Durante questa prima fase della sua vita si ammala di febbre tifoica e per guarire e rimettersi, decide di trasferirsi per un po’ di tempo alla fattoria a Montroig, di proprietà della famiglia. Questo posto sarà importantissimo per i suoi primi quadri. Diventerà uno dei soggetti preferiti dall’artista.
Soltanto nel 1912 si avvicinerà veramente all’arte, iscrivendosi alla Scuola d’arte di Barcellona. Qui conosce e si appassiona al movimento dei “fauves” (letteralmente belve, bestie), nato in Francia proprio in quegli anni. Si metteva in primo piano l’importanza del colore “aggressivo”, forte e quasi accecante e si disdegnava la pittura tonale tradizionalista. Nel 1918 ci sarà la sua prima mostra, alla Galeries Dalmau. Due anni dopo si recherà a Parigi e qui entrerà a far parte del gruppo dei pittori di Mont Martre, e conoscerà Picasso e Tzara. Sarà grazie a Picasso, a Pierre Reverdy e soprattutto a Masson che si avvicinerà al movimento surrealista. In questo periodo Mirò vive tra Parigi e la fattoria di famiglia e grazie a Breton, padre del surrealismo, darà vita ad una pittura senza prospettiva e ricca di libertà formali. Si interessa anche ad opere di decostruzione utilizzando il collage, che sarà ampiamente utilizzato in questo periodo soprattutto dai cubusti (e Picasso fu certamente un veicolo in questo senso). Del 1927 è il suo primo quadro poema che vede la presenza di un’iscrizione sulla tela di carattere poetico.
Durante la fase del surrealismo, che va più o meno dal 1924 al 1930, comincia ad interessarsi e a interrogarsi su ruolo sociale dell’arte e sulla sua capacità di raggiungere le persone. Per questo vuole scrivere sulle tele. Proprio di questi anni è il suo quadro “Il carnevale di Arlecchino” (1924-25), forse la sua tela più famosa.
Nel 1929 si sposa con Pilar Juncosa a Maiorca e dal loro matrimonio nascerà una figlia: Maria Dolores. Negli anni Trenta, comincia a sperimentare opere litografiche, acqueforti e anche la scultura. Negli anni Trenta scoppia la guerra civile spagnola e Mirò è coinvolto in prima persona. Si sente in dovere di aiutare gli spagnoli e raccoglie dei fondi a sostegno della repubblica. È proprio del 1937 un largo murales che vuole richiamare l’attenzione sulla Spagna ed è esposto all’Esposizione internazionale di Parigi nel Padiglione spagnolo (non dimentichiamo, dello stesso periodo, la famosissima opera “Guernica” di Picasso, con lo stesso valore politico e anti regime franchista).
L’astrattismo delle sue pere, per cui Mirò è molto conosciuto dalle masse, sarà portato dalla pittura americana, dall’espressionismo astratto di Pollock, Rothko, de Kooning… Questa scia lo farà arrivare addirittura al colore puro.
Nel 1972 nasce la fondazione Joan Mirò a Barcellona e di questo periodo è la scultura “Dona i coeli”, oggi al parco Joan Mirò a Barcellona.
Dopo la caduta del franchismo, gli verranno riconosciuti molti meriti. Prima tra tutte la “Medal d’Or de la Generalitat de Catalunya e nel 1978 gli venne conferita la Laurea Honoris Causa dall’università di Barcellona.
Morirà a Palma de Mallorca all’età di novant’anni. Era il 25 dicembre 1983.
COS’È IL SURREALISMO
Il Surrealismo è un movimento non solo artistico, ma anche letterario, nato in Francia e sorto nel primo dopoguerra.
Il “Manifesto del Surrealismo” uscì nel 1924 e il suo teorico fu Andrè Breton, considerato il padre del surrealismo. Il movimento prese la mosse dal “Dadismo” e dalla “pittura metafisica”.
Basilare è il concetto di sogno. Breton mosse le proprie idee da Freud, il padre della psicanalisi che, con l’inconscio, aveva sempre avuto a che fare. Si domandava come mai non si era mai stati interessati al sogno, dato che è un elemento importante per la nostra mente e presente nella nostra vita. Breton voleva trovare una realtà in cui poter unire il momento della veglia e quello del sogno. Così definisce il surrealismo:
“Automatismo psichico puro col quale ci si propone di esprimere, sia verbalmente, sia per iscritto, sia in qualsiasi altro modo, il funzionamento reale del pensiero. Dettato dal pensiero, in assenza di qualsiasi controllo esercitato dalla ragione, al di fuori di ogni preoccupazione estetica o morale”
La pittura surrealista non è naturalista, ma nonostante questo, non se ne vuole distaccare totalmente. Vuole trasfigurare la realtà, non negarla.
FOCUS SU “IL CARNEVALE DI ARLECCHINO”
Dipinto eseguito ad olio su tela nel 1924-25 nello studio Blomet a Parigi. Oggi è conservato alla Albright-Knox Art Gallery di Buffalo, negli Stati Uniti. Venne esposto per la prima volta ad una mostra alla Galerie Fierre, organizzata da Breton.
Il quadro è stato realizzato prima della creazione del Manifesto surrealista di Breton. Sembra ricreare il mondo del subconscio e dei sogni. Piccole e allungate creature fluttuano nello spazio bidimensionale della tela. I colori sono accesi, forti ed evocano allegria. Sembra prenda ispirazione da un sogno fatto dall’artista. Sono state riconosciute delle figure: un gatto, un .tavolo e una scala. Dalla finestra invece emerge un triangolo nero che simboleggia la Tour Eiffel. Un cerchio verde trapassato da una freccia sottile, indica il mappamondo. Sono tutte forme che richiamano l’inconscio e quindi non subito riconoscibili. È entrato in gioco l’automatismo psichico, quello di cui parlavano proprio i surrealisti.
Il quadro si rifà al mondo infantile e burlesco, vicino al mondo delle fiabe. Viene considerato il quadro simbolo del mondo surrealista, proprio per la presenza di oggetti e figure fluttuanti, simili ad apparizioni oniriche. Ed è tra l’altro l’opera più conosciuta del maestro spagnolo.
I personaggi che popolano la tela, sono molto vicini ai disegni dei bambini. E Mirò amava i disegni infantili proprio perché capaci di liberare quelle pulsioni e quelle emozioni che un adulto non riesce ad esternare. Inoltre i bambini, ancora puri e innocenti, non sono influenzati dalla società e non si attengono a rigidi canoni accademici, dando sfogo alla loro fantasia.