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Vivian Maier: tata di mestiere, fotografa per passione



Fino a qualche tempo fa il nome di Vivian Maier era ancora sconosciuto. La sua identità e il suo interesse per la fotografia, vennero alla luce solo nel 2007 grazie a John Maloof, americano e figlio di un rigattiere, all’epoca agente immobiliare. Il ragazzo scoprì il talento di Vivian Maier grazie a degli studi che stava effettuando sulla città di Chicago. Durante un’asta acquista un archivio di oggetti che erano stati confiscati a una donna che non pagava più l’affitto. Il ragazzo trovò, tra le tante cose, un bel numero di negativi e rullini che fece subito stampare per vedere cosa rappresentassero. Una volta stampate, decise di pubblicarle sui social e il successo fu subito stravolgente. Le persone erano entusiaste. Si erano innamorate di quelle foto che immortalavano scorci di Chicago, New York e Los Angeles. Dopo questo “feedback” positivo da parte del pubblico virtuale, Maloof decise di approfondire le ricerche sull’ignota donna. Scoprì così che si trattava di Vivian Dorothea Maier, baby-sitter di mestiere e fotografa per passione. Arriverà a collezionare circa 150.000 negativi e 3.000 stampe.


La sua famiglia era originaria di Champsaur, una valle situata sulle Alte Alpi. Lei era nata a New York, nel Bronx, nel 1926. La madre, Maria Jaussaud, era di origini francesi e il padre, Charles Maier, di origine austriaca. Dopo la loro separazione, Vivian viene affidata alla madre e le due si trasferiscono da un’amica francese, Jeanne Bertand, fotografa professionista. Probabilmente è stata lei che ha influenzato positivamente la giovane Vivian. Agli inizi degli anni Trenta, madre e figlia si trasferiscono in Francia, dove Vivian rimane fino ai dodici anni. Si trovavano nella fattoria nella valle di Champsaur, dove era vissuta una parte della famiglia della madre. Qui imparò il francese. Dopo essere tornata in America, nel 1938, cominciò ad usare la macchina fotografica, in particolare una Rolleiflex e iniziò la sua attività di bambinaia. Il suo primo lavoro è presso la famiglia dei Southampton. Poi nel 1956 va a Chicago e lavora per i Gensburg. Qui badò ai loro tre figli e nonostante non sentisse suo il mestiere di tata, svolgendolo solo per guadagnarsi dei soldi, i bambini la adoravano. Qui aveva una propria camera oscura dove poter sviluppare le foto. E la sua passione raggiunse l’apice. Le sue foto immortalavano scorci cittadini, abitanti colti nelle loro azioni abituali e propri autoritratti, dato che era solita non guardare direttamente verso l’obiettivo, ma utilizzava specchi e vetrine dei negozi. Il suo modo è quello della “street photography”, che si propone come obiettivo quello di riprendere i soggetti in situazioni reali e vere, senza finzioni e in luoghi pubblici, per mostrare alcuni lati della società, sia positivi che negativi. Le sue fotografie infatti immortalano la città con uno sguardo curioso, vicino ai piccoli dettagli. Vengono evidenziate le imperfezioni delle persone, dei bambini e degli anziani. Anche le strade vengono colte con uno sguardo appassionato. Le vie abitate dai cittadini, fermati nelle loro azioni quotidiane, raramente guardano l’obiettivo o se lo fanno mai con un atteggiamento da posa studiata. Le sue foto erano scattate per se stessa o comunque per pochi intimi, per quanto ne possiamo dedurre. Infatti non espose mai i suoi negativi (forse per mancanza di autostima e poca fiducia nella sue capacità da fotografa) e la maggior parte erano rullini ancora non sviluppati e che solo con la scoperta di Maloof hanno potuto prendere vita.

Alla fine della sua vita, si ritrovò in un periodo di importanti ristrettezze economiche e dopo un incidente, anche banale, viene ricoverata. Purtroppo per lei sopraggiungerà la morte. Era il 21 aprile 2009.

Per la prima volta, nel “Museo di Roma” a Trastevere, la sua figura può essere conosciuta dal grande pubblico. Sono esposte circa 120 fotografie in bianco e nero, realizzate tra gli anni Cinquanta e Sessanta e una accurata selezione degli anni Settanta di foto a colori. Inoltre, in esclusiva, ci sono anche dei filmati che mostrano come Vivian Maier si avvicinasse ai suoi soggetti per fotografarli. La mostra è iniziata il 17 marzo e sarà visibile fino al 18 giugno 2017.


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