Leonardo iniziò a dipingere la bellissima pala della “Vergine delle rocce” intorno al 1483, quando da poco si trovava a Milano. Dove doveva essere collocata suddetta pala? Sull’altare dell’Immacolata Concezione nella chiesa di San Francesco Grande, proprio nel centro di Milano. I francescani che facevano capo a questa chiesa, avevano una ferma vocazione per il culto mariano e Leonardo era stato chiamato a realizzare un gran lavoro. La tavola doveva inserirsi in una struttura lignea che era stata scolpita l’anno precedente. Una volta finita la realizzazione della tavola avrebbe dovuto anche dipingere i rilievi di questa struttura.
È conservato il contratto stilato tra Leonardo e i francescani: tutto è registrato nei minimi dettagli, anche i materiali da utilizzare. Si era scelto l’oro, il blu oltremare, i lapislazzuli… insomma sarebbe diventata una pala di non poco conto e i frati erano propensi a pagare ampie somme di denaro. Si era deciso anche la tecnica da usare, ossia l’olio. La cosa che stupisce è sicuramente questa: il contratto era stato stilato non solo con Leonardo, ma anche con altri due pittori milanesi: Ambrogio e Evangelista De Predis (che tra l’altro avevano realizzato due pale con angeli musicanti, da porre lateralmente al dipinto di Leonardo). Sicuramente i frati erano venuti a conoscenza della “leggendaria” lentezza del pittore vinciano e avevano voluto essere previdenti. Nel caso in cui Leonardo li avesse lasciati con l’amaro in bocca, avrebbero avuto già dei sostituti (anche se dobbiamo aggiungere che non saranno all’altezza del da Vinci). Nonostante le preoccupazioni però, Leonardo terminò la tavola senza problemi: era il 1486, precisamente l’8 dicembre, giorno dell’Immacolata Concezione. La tavola però viene giudicata talmente bella, da non poter essere pagata solo 200 ducati. È Leonardo stesso a volere di più. In questo frangente, qualcuno di cui non conosciamo il nome, si offrì per comprare il dipinto a 300 ducati (quindi ben 100 ducati in più del prezzo pattuito all’inizio). Alcuni critici pensano che l’anonimo compratore sia Ludovico Sforza, suo protettore e che lo abbia donato al nipote Massimiliano, come regalo di nozze. In ogni caso Leonardo vende la tavola e nel 1508 stipula un nuovo contratto per realizzarne un’altra. Ecco perché esistono due versioni della “Vergine delle rocce”: una si trova al Louvre di Parigi (ed è quella di cui abbiamo parlato fino ad adesso), l’altra si trova alla National Gallery di Londra e qui Leonardo ebbe un ruolo molto più marginale. Fu infatti Ambrogio De Predis a lavorarci di più.
Cosa rappresenta? La Vergine è al centro della composizione, alla sua sinistra abbiamo un angelo (probabilmente Uriele) con il san Giovannino e alla sua destra il figlio Gesù. La cosa sorprendente è il paesaggio sullo sfondo: montagne e rocce si susseguono con la tecnica dello sfumato leonardesco. In lontananza sembra quasi che le montagne si perdano in una nebulosa soffice ed evanescente. Possiamo dire solo una parola: straordinario! Le montagne inoltre possono essere lette in riferimento alla religiosità francescana. San Francesco ricevette le stimmate proprio su una montagna rocciosa con delle fenditure. Già nella seconda versione, quella della National Gallery, questa resa non c’è più, chiaro segno che venne realizzato dal De Pretis. La struttura compositiva dei personaggi rimane invece uguale.
Soffermiamoci ora sullo stato conservativo della prima versione, quella del Louvre. Il dipinto era originariamente su tavola, poi venne trasportato su tela nel 1806. Tanti sono stati gli interventi conservativi successivi, soprattutto nella zona delle rocce. L’ingiallimento è dovuto alla vernice. Ma che fine ha fatto questa pala dopo che giunse nelle mani di Massimiliano? Alcuni ritengono che sia stata spedita all’imperatore germanico e dopo trentacinque anni sia arrivata in Francia, anche questa volta come un regalo di nozze: tra Eleonora, nipote di Massimiliano e Francesco I. La questione non è però certa. Perché è anche possibile che la pala arrivò in Francia solo nel 1570 come regalo per Carlo IX, oppure non è da escludere una confisca da parte di Luigi XII, quando i francesi arrivarono a Milano.
La seconda versione conservata a Londra è anch’essa una tavola, formata però da un insieme di più assi verticali. Si vedono ancora le tracce di un’antica cornice. Rispetto a quella di Parigi però, ha alcune parti non concluse, come la mano sinistra dell’angelo. I pentimenti sono numerosi e questo dimostra che non fu una semplice copia. Si ritiene che il primo strato di colore sia stato steso dallo stesso Leonardo quando ancora non era stata inserita la cornice. Le mani successive sarebbero invece del De Predis. Le ultime analisi sostengono che questa seconda versione sia basata su un cartone di Leonardo. Una volta terminata, la tavola era stata posizionata sull’altare dell’Immacolata Concezione nella chiesa di San Francesco e ci rimase insieme alle pale laterali con gli angeli musicanti del De Predis almeno fino a tutto il XVII secolo. Nel 1781 arrivò nell’Ospedale di Santa Caterina della Ruota, dove venne acquistato dal pittore inglese Gavin Hamilton. Nello stesso periodo è esposta a Londra e nel 1768 passa a Lord Lansdowne. Solo nel 1880 giunse alla National Gallery che la compra per 9000 sterline.