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Emozione Arte

La beata Ludovica Albertoni del Bernini: estasi e morte


La stupenda scultura della “Beata Ludovica Albertoni” di Bernini, nella Cappella Altieri a San Francesco a Ripa a Roma, ha in sé dei significati più profondi di quelli che sempre troviamo nei classici libri di storia dell’arte. Intanto è stata realizzata nel 1674 e commissionata dal cardinale Angelo Paluzzo degli Altieri, che era imparentato con il Papa Clemente X Altieri. L’opera incarna una grazia e una soavità mai visti prima. La santa è adagiata su un letto, il suo corpo è disteso, la schiena è inarcata e il volto leggermente rivolto all’indietro in preda ad un coinvolgimento emotivo fortissimo. Bernini rappresenta infatti il momento in cui Ludovica viene invasa dalla Luce Divina (simboleggiata realmente dalla luce che filtra dalla finestra), quasi in preda ad un “orgasmo con Dio”. Proprio questo fu uno dei motivi che spinse la critica a storcere il naso davanti una simile rappresentazione. La santa era troppo sensuale e poteva innescare nei fedeli pensieri “oscuri”. Ma qui si rappresentava l’estasi unita alla morte. Quest’ultima era vista come un salto verso Dio, un momento magnifico dove si poteva finalmente godere della dolcezza del Signore. Questo desiderio di unirsi a Dio è ribadito ulteriormente nella pala d’altare dipinta dal Gaulli dove è raffigurata la Vergine che offre il figlio a sant’Anna. Le figure di Anna e di Ludovica sono molto simili. Sant’Anna si unisce a Gesù e Ludovica a Dio. Per questo motivo alcuni critici hanno pensato che la santa rappresentata dal Bernini sia proprio sant’Anna e non Ludovica Albertoni, dato che quest’ultima ebbe poche esperienze mistiche (almeno da quanto ci è rimato ed è stato tramandato).

La biografia della santa è stata scritta da fra Giovanni Paolo. È raccontato il momento mistico avvenuto poco prima della morte: “la ritrovarono tutta infiammata nel volto, ma così gioviale nel tratto, che parea fosse tornata dal Paradiso”. Consapevole dell’imminente morte, chiamò i testimoni e gli parlò della sua sepoltura.

Per capire tutto questo dobbiamo spiegare cosa stava accadendo in quel momento nella chiesa. Siamo in pieno periodo tridentino (Controriforma) e la chiesa era ben consapevole della vittoria sull’eresia, tanto da iniziare un’attiva propaganda sulla diffusione di tematiche cattoliche, rivolte sia ai fedeli che ai non. Si voleva persuadere a credere nel divino in ogni gesto quotidiano: Dio era ovunque e doveva essere rispettato e onorato. In tutto ciò gli artisti furono chiamati a portare avanti queste esigenze. Si lavorò quindi su lavori che potessero avere una presa emotiva diretta sui fedeli, in modo da diffondere il messaggio cristiano.


Nel caso specifico della Ludovica Albertoni stiamo parlando di una santa e i santi avevano in quel periodo una centralità incredibile. Tante sono state infatti le canonizzazioni e di conseguenza le chiese erette in loro nome. Anche la famiglia Albertoni stava aspettando la canonizzazione di Ludovica, in occasione della grande cerimonia del 1671 che vide canonizzati cinque santi: san Filippo Neri, sant’Ignazio di Loyola, santa Teresa d’Avila, san Francesco Saverio e sant’Isidoro di Madrid.


Bernini era inoltre un grande uomo religioso. Servì quasi per tutta la vita papi, cardinali e la chiesa in generale. Era attento alla dottrina cattolica, ce lo attestano i suoi biografi: Filippo Baldinucci e il figlio Domenico. Bernini era solito svolgere ogni giorno le pratiche devozionali: andare a messa, recitare il rosario ecc… Non stupisce quindi come il tema della morte possa averlo interessato tanto durante la sua carriera artistica. Lo accompagnerà per tutta la vita, fin dalla gioventù. Meditare sulla morte era un precetto e una pratica che un buon cristiano doveva fare. Non a caso sarà lui a realizzare, su ordine di Clemente IX Rospigliosi, il Ponte sant’Angelo che collegava San Pietro alla città. Era il cammino che il fedele doveva compiere verso il simbolo della cristianità. Realizzò due angeli con i simboli della Passione: l”Angelo con il cartiglio” e l’”Angelo con la corona di spine”. Le due sculture però erano talmente belle che il papa non volle fossero posizionate sul ponte per paura si potessero rovinare a causa delle eventuali intemperie. Così Bernini disegnò nuovi bozzetti che poi realizzarono alcuni suoi allievi: dieci angeli che sorreggono vari oggetti (corona, croce, veronica, croce…). I simboli della Passione servivano a ricordare la sofferenza patita da Gesù per salvare l’umanità. Un monito forte che doveva in qualche modo intimorire il fedele.


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