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Emozione Arte

La ''Crocifissione di San Pietro'' di Caravaggio


La “Crocifissione di San Pietro” di Caravaggio si trova nella cappella Cerasi nella chiesa di Santa Maria del Popolo a Roma. Era una delle due pale commissionate da Tiberio Cerasi per la cappella da poco acquistata. Era l’autunno del 1600. Caravaggio stava lavorando in san Luigi dei Francesi con le storie dell’apostolo Matteo e si stava facendo conoscere dai personaggi più importanti di Roma. Sicuramente il cardinale Del Monte è stato un intermediario per la commissione. Infatti il Cesari conosceva Vincenzo Giustiniani che era a sua volta amico intimo del cardinale. Inoltre Giustiniani già era proprietario del “Suonatore di liuto” sempre di Caravaggio. Avrà certamente parlato molto bene del pittore lombardo essendo rimasto soddisfatto del suo quadro.

Tiberio Cerasi aveva comprato la cappella nell’estate del 1600 e circa due, tre mesi dopo chiamò Caravaggio per far realizzare le due pale laterali (oltre alla “Crocifissione di San Pietro”, dipinse anche la “Conversione di San Paolo”). Voleva andare sul sicuro ed evitare i ritardi che invece ci furono per la Cappella Contarelli. E probabilmente non si sentiva molto bene, infatti stilò il testamento per lasciare la sua eredità all’ Ospedale di Santa Maria della Consolazione, dove aveva lavorato anche il padre come medico.

Caravaggio venne messo di fronte ad una grande prova. Dopo il 1540 Michelangelo aveva affrescato la Cappella Paolina in Vaticano (che purtroppo oggi non è visitabile) e aveva dipinto proprio le due scene che erano state incaricate a Caravaggio. La pressione non sarà stata poca, soprattutto perché doveva confrontarsi con il grande maestro rinascimentale. Inoltre Cerasi aveva richiesto che si dipingesse su tavole di cipresso e non su tela come invece il Merisi aveva sempre fatto. Sappiamo quasi tutti come andò a finire. Le tavole, stando alle parole del Baglione (uno dei suoi biografi oltre che antagonista) vennero rifiutate dal committente. Ancora oggi c’è tanta confusione su questa cosa. Si è sempre detto che la “Crocifissione di San Pietro” sia stata rifiutata per la “volgarità” del fondoschiena di uno di coloro che sta sollevando la croce e per la sfrontatezza con cui ci mostra i piedi rozzamente sporchi di terra (come dovrebbe essere accaduto anche per la pala d’altare in san Luigi dei Francesi), ma le certezze non ce ne sono. C’è anche chi ritiene che sia stato Caravaggio stesso ad averle accantonate perché insoddisfatto (come abbiamo detto non gli piaceva dipingere su tavola) e si sia ritrovato così a realizzare altri due dipinti su tela che sono quelli che vediamo oggi. Delle prime due versioni, ad oggi abbiamo solo la prima tavola con la “Conversione di Saulo” in collezione privata Odescalchi. Sulla prima versione della “Crocifissione di San Pietro” non sappiamo invece nulla. Vennero acquistate entrambe dal cardinale Giacomo Sanmesi e poi nel 1646 da Juan Alfonso Enríquez, nono Almirante di Castiglia. La “Conversione di San Paolo” venne acquistata da Francesco Maria Balbi e raggiunse Genova, invece la “Crocifissione di San Pietro” rimase in Spagna a Juan Gaspar Enríquez de Cabrera, decimo Almirante di Castiglia. Nel XVIII secolo, a causa della guerra di successione spagnola, le collezioni Cabrera furono confiscate e disperse. E fu così che della prima versione della “Crocifissione di San Pietro” non si seppe più nulla. C’è chi vuole romanticamente pensare che la tavola si trovi ancora custodita dentro qualche monastero o chiesa spagnola, magari coperta da uno spesso strato di coltre di sporcizia che non permette di vedere e analizzare bene l’opera. Noi speriamo che sia così, in modo che un giro possa saltar fuori ed essere nuovamente ammirata da tutti.



Ma soffermiamoci ora a parlare proprio della “Crocifissione di San Pietro”. La storia viene descritta negli Atti apocrifi degli Apostoli e Caravaggio raffigura il momento, abbastanza raro, del sollevamento della croce. Ispirerà poi artisti come Rubens e Guido Reni.


La scena è stata vista, da una parte della critica, come molto “macchinosa”. Sembra infatti che il Merisi si sia soffermato molto sulla rappresentazione meticolosa del sollevamento della croce, dando poco spazio alle emozioni che una scena del genere poteva dare. Se confrontiamo questa scena con quella dipinta da Michelangelo, vediamo come quest’ultimo abbia inserito nella scena otto personaggi che sollevano la croce. La vivacità realistica è tanta. In Caravaggio invece i personaggi sono molto meno e sembra che

il tutto diventi una sorta di ingranaggio meccanico. Per quale motivo è tutto così “algido”? Calvesi ha ipotizzato che Caravaggio avesse voluto alludere metaforicamente all’elevazione della Chiesa. Si potrebbe però rispondere in altro modo. Nel periodo in cui Caravaggio arriva a Roma, il papa Sisto V stava lavorando per abbellire la città con interventi che vedevano impegnati architetti come Domenico Fontana. Il piano del papa prevedeva l’impianto di vari obelischi egiziani, presi dalle rovine della Roma imperiale. Le operazioni vennero effettuate tra l’agosto del 1587 e il marzo del 1589, quando si innalzarono i tre obelischi più grandi di Roma: in Piazza San Pietro, in Piazza in Laterano e in Piazza del Popolo, dove Caravaggio, proprio qui davanti, undici anni dopo, realizzerà i dipinti per la chiesa di Santa Maria del Popolo. Cosa significa tutto ciò? Come ben sappiamo, in quel periodo, non esistevano ancora gru che potessero sollevare pesi così grandi. L’obelisco di Piazza del Popolo è alto più di ventitré metri e il Fontana fece preparare un’impalcatura più grande dell’obelisco. Probabilmente Caravaggio aveva sentito parlare di questi lavori e ha voluto inserire tali scoperte nel suo dipinto. Pietro diventa così un importante “monolito” da innalzare per la cristianità. Ma possiamo trovare un’analogia anche con un bassorilievo di un sarcofago romano con il “Trasporto della salma di Meleagro”. Il personaggio che tira la fune sopra la propria testa nella “Crocifissione”, è molto simile ad una figura del bassorilievo romano. Nessuno può escludere che Caravaggio lo abbia vista e si sia ispirato anche a questo.

In ogni caso i due dipinti della Cappella Cerasi sono di una bellezza straordinaria e vengono ancora oggi ammirati da folle di turisti.

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