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La ''Danae'' di Tiziano: due versioni a confronto


Il soggetto mitologico della “Danae” è uno dei più famosi nel Rinascimento. Verrà subito alla mente la versione del Correggio, quella facente parte della serie degli “amori di Giove” che realizzò per il duca di Mantova Federico II Gonzaga. In questa sede però vorrei parlare della versione dipinta da Tiziano. Si trova a Napoli, nel Museo di Capodimonte.

Tiziano si era già imbattuto in soggetti erotici, basti ricordare la famosa “Venere di Urbino” dove una donna è distesa nuda su un letto e guarda in modo “ammiccante” gli spettatori. Dietro di lei una serva e una dama completano la scena. È un genere di quadro solitamente realizzato come dono del marito alla moglie per augurare un felice matrimonio e una numerosa prole. Non è un caso che si trovassero appesi nelle camere da letto dei duchi.

La “Danae” riprende il soggetto della “Venere di Urbino”, ma lo eleva sulla scala del mito. La fanciulla è distesa sul letto, con le gambe leggermente aperte per accogliere meglio la pioggia d’oro che cade copiosa dall’alto. Per chi non conoscesse la storia, Giove, innamorato di Danae, figlia del re di Argo Acrisio, si tramutò in nuvola per poterla possedere. Il padre della giovane infatti, aveva avuto un brutto presagio dall’oracolo. Il futuro figlio della figlia lo avrebbero detronizzato. Per evitare questo infausto avvenimento, la rinchiuse in una torre. Questo ostacolo però non fermò Giove che riuscì a unirsi alla fanciulla. Nacque così Perseo.

Il quadro è di una dolcezza sconvolgente, come d’altronde tutti i quadri di soggetto mitologico di Tiziano. Accanto alla Danae, si trova un Cupido, in piedi sul letto, pronto ad accogliere propiziamente l’unione dei due. Il soggetto iconografico ha dei precedenti, da ravvisare nella già citata “Venere di Urbino” e nella “Leda” di Michelangelo, che purtroppo conosciamo solo da copie. Probabilmente proprio quest’ultima è il modello iniziale che Tiziano prese in considerazione. La posa è in effetti molto simile.

Il cartone preparatorio della “Danae” sarà usato nuovamente almeno in altre sei versioni dello stesso quadro, visto il grande successo riscosso nel pubblico. Veniva replicata sempre con delle piccole varianti che davano un valore aggiunto al quadro. A volte è presente un cane, oppure ci sono lampi e fulmini.

La prima versione di cui stiamo parlando, secondo una gran parte della critica, è stata commissionata da Alessandro Farnese. È stato ritrovato un carteggio scritto dal nunzio papale del Papa, Monsignor Giovanni Della Casa, per il cardinale Farnese. Queste le parole:

«..lha presso che fornita, per commession di Vostra Signoria Reverendissima, una nuda che faria venir il diavolo addosso al cardinale San Sylvestro […] A confronto di questa “nuda” «quella che Vostra Signoria Reverendissima vide in Pesaro nelle camere de' l Signor duca d' Urbino è una teatina appresso a questa».

Molto probabilmente il volto della Danae è stato ripreso da quello della cognata della signora Camilla. È stato il Farnese ad inviare a Tiziano una miniatura in modo che potesse rappresentarla nel quadro. In questo modo la Danae raffigurerebbe l’amante del cardinale Farnese.



Il quadro è stato iniziato a Venezia nel 1544 e poi continuato a Roma dove lo terminò nel 1546. Proprio nella capitale Tiziano soggiornò presso il Palazzo del Belvedere e venne affiancato da Vasari e Antonio da Sangallo il Giovane. La “Danae” venne vista anche da Michelangelo. Il Vasari stesso nelle sue “Vite” ci racconta che Michelangelo, nonostante fosse rimasto molto colpito dalla bellezza del quadro di Tiziano, ne criticò la resa del disegno, totalmente assente e si domandò come mai a Venezia ancora non ne davano importanza.

Il 1544 sarà l’ultimo anno del Rinascimento. Di lì a poco Roma cambierà e insieme a lei tutta la visione dell’arte. Dopo la creazione di un nuovo modello sociale e istituzionale, si lascerà spazio ad un’arte fondata su dogmi e regole pedagogiche precise. Nel 1545 sarà indetto il primo Concilio di Trento e ogni cosa muterà forma. Sarà a causa di ciò che i nudi del “Giudizio Universale” di Michelangelo verranno coperti, perché accusati di indecenza. Daniele da Volterra, detto “Il braghettone” si troverà costretto a farlo, altrimenti il magnifico affresco del maestro sarebbe stato abbattuto.

Un ultimo appunto lo voglio dedicare agli esami ai raggi X che sono stati fatti sul dipinto. Come già aveva rilevato Michelangelo al tempo, l’opera nega la presenza di un disegno preparatorio sottostante. Tutto è stato realizzato stendendo campiture di colore, come si soleva fare nella pittura veneta. Sono stati poi evidenziati dei pentimenti. Inizialmente erano presenti dei cassoni nuziali, come quelli che si vedono nella “Venere di Urbino”, poi eliminati sicuramente perché non si addicevano ad una scena mitologica.

La “Danae” fu trasferita nel Palazzo Pilotta di Parma. Sarà poi ereditata da Carlo III di Borbone, insieme a tutta la collezione Farnese e portato a Capodimonte. A seguito della rivoluzione del 1799 arriverà a Palermo. Solo alla sua conclusione tornò a Napoli e venne posto nel cosiddetto “Gabinetto delle cose oscene”. Trafugato dai nazisti, tornerà a Napoli solo nel 1947.

Interessante fare a questo punto un paragone con un’altra versione della “Danae”. Si trova conservata a Madrid, al Museo del Prado. A parte l’inscurimento dei colori e un’atmosfera generale più tetra, vediamo la presenza di una serva e non più del cupido. Solitamente non compare mai nei quadri con questo soggetto mitologico, ma nella storia effettivamente è presente. È infatti colei che sta di guardia alla torre dove Acrisio ha rinchiuso Danae. Ha in mano le chiavi e potrebbe simboleggiare l’avidità. Vediamo anche un cagnolino accovacciato sul letto accanto alla donna. Simbolo di fedeltà coniugale, potrebbe però essere anche interpretato in senso dispregiativo. Nel quadro “I coniugi Arnolfini” di van Eyck, secondo alcuni critici, il piccolo cane che vediamo in primo piano, non compare nello specchio retrostante perché è un animale che si accoppia spudoratamente in pubblico. Non sappiamo però come sia inteso in questo caso.


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