L’”Allegoria della Prudenza” di Tiziano è un quadro molto enigmatico e che pone ancora oggi vari interrogativi. Il dipinto si trova alla National Gallery di Londra e fa parte dell’ultimo periodo del maestro veneto, databile intorno al 1560-70. È evidente infatti un’esecuzione “grossolana”, o meglio potremmo dire “non-finita”, come si vede benissimo nella “Punizione di Marsia”, considerato il suo ultimissimo quadro, terminato con l’ampio aiuto di allievi. Emblematico è l’aggettivo che meglio si addice all’opera, in quanto racchiude una massima filosofica illustrata tramite un’immagine visiva. Erwin Panofsky, famosissimo iconologo e critico d’arte, ha scritto un bellissimo saggio (1955) dedicato proprio all’”Allegoria della Prudenza” di Tiziano. Vorrei qui trattare i punti principali, perché penso siano molto importanti per inquadrare l’opera.
Lo studioso parte da un’analisi iconografica. La tela raffigura tre teste d’uomo nelle diverse fasi della vita. Al di sotto ci sono tre teste di animale (cane, lupo e leone) e sulla sommità del quadro è presente un motto, che così recita: «Ex praeterito praesens prudenter agit ni futura actione deturpet». “Praeterita, praesens e futura” sono da collegarsi ai tre volti umani, “praesens prudenter agit” potrebbe invece compendiare il contenuto univoco, diventando un titolo. È quindi chiaro come i volti altro non sono che la raffigurazione delle tre età umane, uno scandirsi del tempo. Si ritiene siano da identificarsi in questo modo: il viso più anziano è lo stesso Tiziano (molto simile al ritratto del Prado di Madrid), il volto centrale, di mezza età, potrebbe essere il figlio Orazio e il volto più giovane il suo nipote acquisito Marco Vecelli, che a quell’epoca aveva vent’anni.
Tiziano, secondo Panofsky, avrebbe quindi voluto relazionare le tre età della vita con l’idea della Prudenza. Nel Medioevo erano tanti i modi per rappresentarla: poteva reggere un disco con tre scritte che alludevano al tempo, poteva essere seduta su un trono mentre rifletteva la sua figura in un triplice specchio, oppure era un uomo di chiesa con in mano tre libri che contenevano ammonimenti. Si può quindi tranquillamente asserire che le basi iconografiche del nostro maestro siano state riprese da queste tradizioni passate.
Per quanto riguarda le teste animali, Panofsky si sofferma lungamente sulla dea egizia Serapide (la cui statua si trovava ad Alessandria). Veniva infatti solitamente raffigurata in trono, con il “modius” in capo, accompagnata da un tricefalo che aveva attorno a sé tre teste di cane, lupo e leone. I suoi significati sono molteplici, tante infatti sono le interpretazioni che ne sono state date. Nel mondo orientale veniva vista come una divinità ctonia, dove l’animale a tre teste altro non era che Cerbero.
Nel mondo occidentale ci sono diverse interpretazioni su Serapide. Nei “Saturnalia” di Macrobio la dea egizia viene vista come un simbolo, non a caso, del tempo. Inoltre, sempre per Macrobio, la triade zoomorfica era uguale a quella antropomorfica e il tempo e la Prudenza erano collegati dal serpente. Petrarca invece, nel canto III dell’”Africa” descrive alcune sculture pagane che si trovavano nel palazzo del re di Numidia. Qui però la dea con tre teste non è Serapide, ma un mostro fantastico composto da quattro animali. Entrambi gli autori però descrivono Serapide avvolta da un serpente. Nei “Hieroglyphica” di Valeriano (1556) si ricorda due volte Serapide. Una volta è presentata nuda avvolta da tre teste di animali e successivamente si spiega che la prudenza indaga il presente, ma riflette sul passato e il futuro. Per finire nell’Iconologia” di Cesare Ripa si parla della figura del “Buon Consiglio” (bisogna sottolineare come in questo periodo il termine di prudenza aveva il significato di saggezza e appunto buon consiglio), un uomo anziano che tiene un libro su cui è poggiata una civetta sulla mano destra e si tiene in equilibrio su un orso e un delfino. Nella mano sinistra ha tre teste di cane, lupo e leone. Secondo il Ripa indica le tre forme del tempo e secondo Valeriano è un simbolo della Prudenza.
Secondo Panofsky quindi il dipinto di Tiziano è un’immagine che racchiude in sé la personificazione della Prudenza (simboleggiata dalle tre teste umane) a cui si unisce l’immagine egizia e orientale di Serapide.
A questo punto ci si domanda per cosa fosse destinata l’opera. Non sappiamo molto sul committente e quindi nemmeno sul suo scopo d’uso. Si ipotizza che potesse essere servito da “timpano”, per proteggere e coprire un altro dipinto, oppure era destinato a decorare un piccolo armadio incassato nel muro che conteneva documenti importanti.
In conclusione è doveroso dire come Tiziano non parli in questo quadro di un tempo qualsiasi, ma del suo tempo, quello che ha vissuto intensamente nel corso della sua lunga carriera artistica.
Per approfondire ulteriormente l’argomento, vi invito a leggere il saggio di Panofsky (pubblicato in collaborazione con F.Saxl), dal titolo “L’«allegoria della Prudenza» di Tiziano: postscritto”. Lo potete trovare nella raccolta di saggi “Il significato nelle arti visive”, edito da Einaudi.