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Il ''San Giovanni Battista'' di Leonardo



Un giovane ragazzo, ritratto a mezzo busto, ha lo sguardo rivolto verso noi spettatori. Uno sguardo che attira, che penetra il nostro animo. Indossa una pelle di lince, non molto visibile e riccioli castani gli cadono sulle spalle. Con la mano sinistra indica se stesso, il proprio cuore, con la destra allude al simbolo trinitario. Intorno a lui è buio, sembra che questo giovane fuoriesca dall’oscurità, emanando se stesso una luce divina. Il “San Giovanni Battista” di Leonardo è una delle opere più belle del maestro vinciano. Si trova conservata al Louvre, insieme alla “Gioconda”, alla prima versione della “Vergine delle rocce” e alla "Madonna con Sant'Anna e Bambino". Tutte le foto che vediamo riprodotte sui libri d’arte o che vediamo girando sul web, non rendono giustizia a questo capolavoro. Dal vivo è infatti tutta un’altra cosa. Il pathos che emana è fortissimo. L'ultima volta che venne portato in Italia, era il 2009, in mostra alla Triennale di Milano. Sempre a Milano è stato esposto nel lontano 1939, in pieno inizio della Seconda Guerra Mondiale. Doveva rappresentare l'orgoglio italiano, l'essenza della genialità che Leonardo aveva saputo dare al nostro paese (per poi ritirarsi in Francia alla fine dei suoi anni). In quel frangente di crisi d'umanità, il "San Giovanni Battista" sembrava un giudice, con quel suo dito alzato verso il cielo. L'umanità aveva scelto la sua strada e adesso avrebbe fatto i conti con la guerra. Dio guardava dall'alto e San Giovanni ne era l'intermediario.


Sulla sua storia conosciamo davvero molto poco. La cosa che sappiamo con certezza è che Leonardo lo aveva con sé quando si stabilì in Francia, presso l’imperatore Francesco I. È stato infatti Antonio de Beatis, segretario del cardinale Luigi d’Aragona, a scrivere nel suo “Itinerario” di aver fatto visita allo studio di Leonardo a Cloux e di aver visto alcune sue opere. Oltre ad un “San Giovanni Battista”, vide una “Madonna con Sant’Anna, il bambino e l’agnello” e la famosissima "Gioconda" (su cui ho scritto numerosi articoli qui sul blog che vi invito a leggere). L’opera era stata quindi portata da Leonardo con sé, probabilmente per completarla. Non sappiamo però chi la commissionò, o se si trattava di una sperimentazione propria, realizzata in bottega. Alcuni pensano sia stata commissionata da Giovanni Benci nel 1505. Alla morte di Leonardo, nel 1519, l’opera è passata in eredità al Salai (Gian Giacomo Caprotti), uno degli allievi più promettenti del maestro. Anche lui però morì, non molti anni dopo Leonardo (era il 1524) per una “schioppetata”. Conosciamo infatti dalle fonti il carattere particolare del Salai, ladruncolo e poco affidabile. Si sarò sicuramente messo in qualche guaio e ci ha rimesso la pelle. Nell’inventario delle sue cose sarà infatti trovato un quadro del “San Giovanni Battista” anche se effettivamente non possiamo sapere sia stato proprio quello di Leonardo perché anche lui ne realizzò uno, conservato oggi alla Pinacoteca Ambrosiana di Milano. Sono stati poi i parenti del Salai a vendere il “San Giovanni Battista” di Leonardo a Francesco I. Nel 1630 la tavola apparve nell’inventario dei beni di Roger Duplessis de Liancourt, ciambellano di Luigi XIII, alla corte del re Carlo I d’Inghilterra. Nel 1649, dopo l’esecuzione del re, il parlamento inglese vendette i suoi beni all’asta. Il “San Giovanni Battista” venne acquistato nel 1651 da due francesi: Cruso e Térence, che poi anni dopo la cedettero al banchiere Everhard Jabach. Saranno poi gli agenti di Luigi XIV a comprare il quadro in una delle due aste fatte da Jabach nel 1660. Dopo la Rivoluzione francese l’opera arrivò al Louvre, dove si trova ancora oggi.



Sul “San Giovanni Battista” sono state date tante interpretazioni. Una delle più famose è che il giovane possa raffigurare una figura ambigua, un po’ effemminata (visti i capelli lunghi) e che richiamerebbe quell’orientamento omosessuale che aveva il maestro vinciano (venne accusato più volte di Sodomia). In realtà i capelli lunghi, oltre ad essere una moda del tempo, sono da ricondursi al voto di nazireato. Il santo era nazireo a vita, aveva quindi fatto voto di non tagliare mai i capelli, di non bere vino e di non avere rapporti sessuali. I capelli lunghi e riccioluti non sono altro che il simbolo della sua castità.

Molto difficile è stato classificare la pelle animale con cui il Battista è avvolto. A prima vista infatti non è così visibile, a causa delle vernici che hanno con il tempo oscurato il dipinto. Le fonti ci dicono che la pelle dovrebbe essere di cammello e così era stata interpretata da molti studiosi. Poi dalle riflettografie sono emerse delle macchie che alcuni avevano anche visto come pelle di leopardo, attribuendole delle capacità dionisiache e quindi pagane. Poi da analisi più approfondite, si è appurato che si tratta di una pelle di lince.

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