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Caravaggio a Napoli: Pio Monte della Misericordia


La tavola raffigurante le “Sette opere della Misericordia” di Caravaggio si trova sull’altare maggiore della piccola chiesa del Pio Monte della Misericordia a Napoli, in via dei Tribunali. Vederla dal vivo è stato qualcosa di bellissimo. Come sempre Caravaggio non delude. L’opera è stata realizzata durante il primo soggiorno napoletano del Merisi (tornerà nella città partenopea qualche anno più tardi), dopo essere scappato da Roma per l’omicidio di Ranuccio Tomassoni, con conseguente pena capitale che lo accompagnerà per tutta la vita. Si ritiene ormai con certezza che l’artista sia giunto a Napoli grazie alla famiglia Colonna, con cui il pittore aveva rapporti già dall’infanzia e presso cui si era rifugiato, prima di giungere a Napoli, a Zagarolo e a Paliano. I Colonna infatti oltre ad essere una delle famiglie più importanti di Roma, erano anche i maggiori feudatari dell’Italia meridionale sotto il dominio spagnolo. Erano tanti i rami del casato che facevano parte da tempo della nobiltà napoletana e alcuni si erano imparentati con le famiglie più influenti del vicereame spagnolo. Quando Caravaggio arrivò a Napoli nel 1606, oltre quindi alla “spinta” dei Colonna, portava con sé anche una grandissima fama. Tutti conoscevano le sue meravigliose opere e di conseguenza non faticò molto a trovare le prime committenze.

La Congregazione del Pio Monte della Misericordia era nata nel 1601, quindi pochi anni prima dell’arrivo di Caravaggio a Napoli. Erano stati sette giovani nobili a fondarla. Si riunivano infatti ogni venerdì all’ospedale degli Incurabili per preparare un programma che servisse a curare gli ammalati. Da qui la nascita di una congregazione che racchiudeva in sé tutte e sette le opere caritative. Si costruì anche la piccola chiesa (non è più quella che c’è oggi) i cui lavori furono affidati all’architetto Giovan Giacomo di Conforto. La prima chiesa, dove trovò posto la pala del Caravaggio, è stata demolita nel 1653 e ricostruita tra il 1658 e il 1678, con dimensioni leggermente maggiorate. Purtroppo non abbiamo testimonianza della prima chiesa. È rimasta solo una pianta realizzata da Alessandro Baratta che la mostra con tetto, senza cupola e con pianta rettangolare.


Il fatto che le opere della misericordia siano state riunite in un’unica congregazione è un evento davvero unico. Di solito queste ultime si dedicavano solo ad alcune in particolare. Ma quali sono queste sette opere di misericordia? E dove se ne parla? Le sei opere canoniche di misericordia sono elencate da Matteo nei suoi Vangeli, in rapporto al momento del Giudizio Universale. Solo chi avrà dato da bere agli assetati, avrà fatto visita ai carcerati o agli infermi, avrà dato ospitalità ai pellegrini, avrà dato da mangiare ai affamati e avrà vestito gli ignudi, potrà ascendere al regno dei cieli. Poi nel Medioevo si aggiunse la settima opera di misericordia, ossia dare sepoltura ai morti. Caravaggio raffigura le sette opere caritatevoli tutte insieme. È la prima volta che si vede una cosa del genere a livello iconografico. Le pale d’altare che si trovano nelle altre cappelle della chiesa, rappresentano solo un’opera della misericordia ciascuna. Il Merisi è riuscito a stupire ancora una volta. Il committente era proprio il Pio Monte della Misericordia, che aveva deciso di abbellire la chiesa costruita da poco con pale d’alare che servissero da monito per i fedeli. Dovevano spingerli a fare lo stesso. La chiesa oggi è inglobata nel palazzo e non ha il portale di accesso (si entra infatti da un lato). La pianta è ottagonale con cupola e cappelle laterali realizzate dall’architetto Antonio Picchiatti. Il pavimento ha dei bellissimi marmi policromi.



Ma veniamo alla descrizione della pala del Merisi. Con le tipiche ombre caravaggesche, di stampo quasi cinematografico, vediamo in alto una bellissima Madonna con Bambino che vola trasportata da due angeli in un movimento rotatorio, che sembra quasi reale. In basso si svolgono invece tutte le scene legate alla misericordia. Nonostante le opere da rappresentare siano sette e lo spazio della tavola non così grande, il Merisi è riuscito a far entrare tutto senza far sembrare l’insieme un’ “accozzaglia” di scene senza senso. A destra vediamo una donna che dà mangiare ad un uomo carcerato, facendolo cibare del latte del suo seno. Qui Caravaggio si è rifatto alla storia biblica di Pero e Cimone. Subito accanto vediamo degli uomini che trasportano un corpo di un morto per dargli degna sepoltura. Più in là un oste invita a dormire un viandante presso la sua locanda. Dietro di loro un uomo beve dell’acqua: è Sansone che si abbevera da una mascella d’asino. In basso, vediamo un uomo coprirsi con dei vestiti, donati da un uomo che imita il gesto di san Martino e divide in due il suo mantello. Togliendo Sansone, tutti i personaggi indossano abiti tipici del tempo. Sembra che Caravaggio voglia sottolineare la validità e l’importanza della misericordia verso gli altri anche al suo tempo.

Gli altri quadri che si trovano nelle restanti cappelle, sono i seguenti: “Cristo e l’adultera” e la “Deposizione di Cristo” di Luca Giordano, la “Liberazione di San Pietro” di Caracciolo, “San Pietro che resuscita Tabitha” e il “Cristo in casa di Marta e Maria” di Fabrizio Santafede, il “Buon samaritano” di Giovanni Vincenzo da Forlì, “San Paolino che libera lo schiavo” di Giovanni Bernardo Azzolino.

Al primo piano, negli ambienti storici del palazzo, c’è la quadreria del Pio Monte della Misericordia con circa 122 tele, donate all’ente nel corso dei secoli. Percorrono un periodo che va dal Cinquecento all’Ottocento. Molto interessante anche la sezione di arte contemporanea con opere di artisti pensate e realizzate rendendo omaggio alla grandiosa tela del Caravaggio.


Una curiosità sulla pala del Caravaggio: già nel 1613 la congregazione del Pio Monte della Misericordia ordinò che il dipinto non fosse spostato dal luogo in cui si trovava (la cappella dell'altare maggiore), che non venisse dato in prestito a nessuno e soprattutto vietò qualsiasi tipo di riproduzione. Questi "decreti" fanno capire quanto il quadro del Merisi fosse piaciuto e come lo si volesse difendere da qualsiasi atto negativo.

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