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La ''Resurrezione di Cristo'' di Piero della Francesca


Si è da poco concluso, dopo tre anni, il restauro del bellissimo affresco di Piero della Francesca la “Resurrezione di Cristo”. Il capolavoro si trova nel Museo civico di Sansepolcro e venne realizzato intorno agli anni sessanta del Quattrocento, quando Piero stava lavorando agli affreschi delle “Storie della Vera Croce” nella Cappella Maggiore della chiesa di san Francesco ad Arezzo. Il restauro è stato condotto dall’Opificio delle pietre dure di Firenze ed è risultato estremamente importante per svelare la vera natura pierfrancescana. Si è infatti pulita la superficie pittorica dallo sporco e da eventuali restauri ottocenteschi che ne avevano coperto la bellezza originale. È così tornato finalmente visibile il paesaggio sullo sfondo che era stato coperto a causa di un errato e dannoso lavaggio con soda caustica e acqua. Sono nuovamente visibili anche gli edifici.

L’affresco si trova in una sala del vecchio palazzo del governo della città che oggi è sede del museo civico. La tecnica con cui Piero della Francesca realizzò l’opera non è solo affresco, ma è un’unione di quest’ultimo con la pittura a secco. La sua realizzazione è poi collegata ai fatti che coinvolsero Sansepolcro in quegli anni. Infatti il gruppo dirigente voleva far diventare la città una sede vescovile ed intratteneva molti dialoghi con il papa per indurlo a virare verso questa scelta.



L’opera è di una maestosità sconvolgente. Il Cristo è uscito dal sepolcro, poggia un piede sul sarcofago aperto e impugna con la mano destra il vessillo delle crociate, probabile simbolo del primo regno di Gerusalemme e delle raccolta delle sue leggi, conosciute come lettere dal Santo Sepolcro. La sua figura divide a metà il paesaggio alle sue spalle: dalla parte destra alberi rigogliosi, a sinistra alberi secchi e morenti. I soldati che dovevano fare la guardia sono addormentati, non vedono quello che sta succedendo. Il tutto è avvolto da un’atmosfera di estremo silenzio e di solennità. Piero si focalizza su due piani: quello verticale di Gesù e quello orizzontale della tomba aperta e dei soldati assopiti. Il Cristo sembra quasi una colonna tornita, le geometrie sono salde e non è una cosa di cui stupirsi visto il grande interesse del nostro pittore per la prospettiva e la geometria. Suo è il trattato “De prospectiva pingendi”, scritto in volgare tra gli anni sessanta e settanta del Quattrocento. L’opera è divisa in tre parti e si basa sulle regole dettate da Leon Battista Alberti nel suo “De pictura”. Per Piero era importante spiegare come disporre una figura nello spazio tridimensionale e come proiettare i corpi geometrici e le figure più complesse sul piano. La “Resurrezione” non è l’unica opera in cui vediamo questo meticoloso interesse per la geometria e la prospettiva, è infatti evidente anche nella famosa “Flagellazione” e nel “Battesimo di Cristo” oggi alla Nationl Gallery di Londra. Alcuni critici vedono nel soldato senza elmo un autoritratto di Piero. Dietro di lui si vede infatti la base della bandiera che regge Gesù, quasi a voler indicare un legame con il divino che deve ispirare il pittore nella realizzazione dell'opera.

Grazie al restauro si è venuti a conoscenza di particolari tecnici che prima non si conoscevano. L’affresco è stato infatti dipinto in circa 18 giornate e la sua cornice è stata realizzata almeno in quattro volte (oggi è stata integrata perché c’erano troppe lacune). La cosa particolare è stato poter seguire da vicino il restauro. Infatti nel bel mezzo dei lavori, si allestì un ponteggio dove i visitatori potevano passeggiare e ammirare i restauratori al lavoro. Un’occasione davvero unica soprattutto per gli amanti della materia.

Lo studio e l’interesse per Piero della Francesca è stato riscoperto solo a metà del XIX secolo, inizialmente dai viaggiatori inglesi che dedicarono parole di grande ammirazione per il maestro di San Sepolcro.

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