La Galleria Doria Pamphilj custodisce due bellissimi capolavori di Caravaggio: il “Riposo durante la fuga in Egitto” e la “Maddalena penitente”. Entrambi i dipinti fanno parte della prima fase pittorica del Merisi, negli anni in cui l’artista si trovava a Roma. La datazione è stata recentemente spostata, a seguito di nuovi studi, avviati nel 2010 e messi in evidenza alla mostra di Palazzo Reale a Milano conclusasi a febbraio. Fino al 2010 infatti si pensava che Caravaggio fosse giunto a Roma dopo il 1° luglio 1592. Acquisiamo questa data da un atto notarile in cui è presente il nome del Merisi. Dopo alcuni anni di apprendistato, avrebbe avuto la protezione del cardinale Del Monte nella metà del decennio e tutte le opere realizzate prima della creazione dei dipinti della Cappella Contarelli (1600) sarebbero stati realizzati tra il 1592 e il 1600. Qui subentrano gli studi condotti presso l’Archivio di Stato di Roma che hanno passato in rassegna quanti più documenti possibili ritrovati sulla vita del pittore lombardo. Si è certificata così la prima testimonianza di Caravaggio a Roma durante la Quaresima del 1596. Ovviamente, avendo spostato l’arrivo di Caravaggio a Roma, anche le opere giovanili hanno subito un posticipo di datazione. Sia il “Riposo durante la fuga in Egitto” che la “Maddalena penitente”, inizialmente datate al 1594-95, sono state spostate di circa due anni. Si ritiene quindi siano state realizzato intorno al 1597, poco prima del suo arrivo presso la casa Del Monte. Se per alcuni critici questa scoperta è da prendere con le pinze, in quanto significherebbe affermare che Caravaggio dipinse tutte le opere commissionate dal Del Monte e quelle precedenti il suo incontro, in un arco temporale molto stretto, che va dal 1596 al 1600, per altri non sembra essere un problema e ritengono che l’ “impresa” possa essere stata fattibile. Rossella Vodret ad esempio, non crede che il Merisi abbia avuto problemi a realizzare parecchi quadri in quei pochi anni di permanenza a Roma, soprattutto perché era molto giovane e aveva bisogno di guadagnare soldi per potersi mantenere.
Entrambi i dipinti sono appartenuti a Girolamo Vittrice, cognato di Prospero Orsi che era amico di Caravaggio. È stata poi la sorella di Girolamo, Caterina, a vendere i quadri a Olimpia Maidalchini Pamphili, madre di Camillo Pamphilj, nell’ottobre del 1650. Sarà poi proprio Camillo a vendere un terzo quadro di Caravaggio (presente nel suo palazzo) a Luigi XIV, ossia la seconda versione della “Buona Ventura” che oggi si trova al Louvre (la prima versione è conservato nei Musei Capitolini di Roma).
Per quanto riguarda il “Riposo durante la fuga in Egitto”, secondo il biografo Giulio Mancini, sarebbe stato commissionato da monsignor Fantin Petrignani, ma la fonte non ha trovato un consenso unanime. Potrebbe anche trattarsi di un’altra versione non giunta a noi. Ad ogni modo, il quadro è il primo soggetto religioso realizzato da Caravaggio ed è definito un “quadro da stanza”, ad uso privato. L’episodio è ripreso da un vangelo apocrifo, quello dello Pseudo-Matteo e al Protovangelo di Giacomo. Maria e Giuseppe, in viaggio verso l’Egitto, stanno scappando dalla furia di Erode, che vuole uccidere tutti i figli maschi nati a Betlemme. Caravaggio rappresenta il momento in cui la famiglia decide di fare una sosta e riposarsi per il lungo viaggio. La dolcezza e la delicatezza sono elementi preponderanti nel quadro. Maria poggia la testa su quella del figlio addormentato in braccio a lei, Giuseppe è accanto a loro e tiene in mano uno spartito musicale che un angelo, di fronte a loro, sta suonando con un violino per allietare il riposo. I versi sullo spartito musicale non sono casuali, al contrario sono stati identificati con il mottetto del musicista fiammingo Nöel Bauldewijn, intitolato “Quam pulchra es” che era basato sul “Cantico dei Cantici” di San Francesco, riprendendo però solo le note e non i versi. Secondo la tradizione del tempo, il “Cantico dei Cantici” celebrava l’amore mistico dello sposo per la sposa. Non deve stupire questo interesse particolareggiato per la musica. Caravaggio aveva soggiornato presso il cardinale Francesco Maria Del Monte, un grade amante della musica. Non è un caso infatti che gran parte dei dipinti da lui commissionati, abbiano come soggetto proprio la musica (il “Suonatore di liuto”, i “Musici”…).
Lo stile del dipinto è vicino all’arte lombardo-veneta, sia per quanto riguarda il paesaggio sullo sfondo che per l’uso del colore. Questo fa riaccendere una luce sull’ipotesi del viaggio a Venezia di Caravaggio. Non ci sono documenti che lo possono attestare, ma molti critici ritengono che il Merisi abbia fatto tappa nella città lagunare e che sia evidente in alcune opere giovanili, tra cui il “Riposo durante la fuga in Egitto”. Il paesaggio sullo sfondo ricorda Giorgione, in particolare la “Tempesta”. La figura dell’angelo è invece simile al Vizio rappresentato da Annibale Carracci nel suo “Ercole al bivio”. L’angelo è di spalle, con le vesti mosse dal vento, in una posizione pressoché identica a quella del Vizio di Annibale. Il pittore dipinse l’”Ercole al bivio all’incirca in quegli anni per il camerino di Odoardo Farnese a Roma e Caravaggio potrebbe averla vista e averne tratto ispirazione (oggi si trova a Capodimonte a Napoli).
Nella figura di Giuseppe già vediamo l’interesse del Merisi per le figure umili. Il padre di Gesù non è rappresentato in una veste aulica, al contrario rappresenta tutta la “rozzezza” di un pastore. Sono visibili i piedi grandi e nudi che rivedremo in opere come la “Madonna di Loreto” presso la chiesa di Sant’Agostino a Roma, che suscitò tante chiacchere al tempo.
Nel volto di Maria si è invece identificata una cortigiana che Caravaggio frequentava abitualmente. Si tratta di Anna Bianchini, descritta in questo modo: “Annuccia dai capelli rosci e lunghi”. Anche nella “Maddalena penitente” avrebbe preso a modello la stessa donna, in quanto il volto è molto simile.
Dal punto di vista della tecnica e del supporto usato, si tratta in modo specifico di un “tovagliato di Fiandra”, con trama a losanghe. Lo strato preparatorio è chiaro, di colore ocra. Dalle radiografie sono emersi dei pentimenti: l’angelo era stato inizialmente abbozzato nel margine destro e la Madonna con Gesù erano più centrali.
La “Maddalena penitente”, datata sempre 1597, è un dipinto di estrema delicatezza. La donna è seduta su una sedia, lo sguardo basso con una lacrima che le solca il viso. Le mani sono giunte sul grembo, in preghiera. Indossa un vestito di ricco broccato grigio-verde che emerge prepotente dal fondo scuro, tagliato soltanto da un solco di luce trasversale che, secondo Maurizio Calvesi, rappresenta la luce divina che indirizza la Maddalena verso la retta via e l’allontanamento dal peccato. Vicino a lei, vediamo i gioielli abbondati (tra cui, un osservatore attento, riconoscerà gli stessi orecchini indossati dalla Giuditta) e un vaso con un unguento, con cui Maria di Magdala unse i piedi di Cristo a casa del fariseo. La posizione assunta è simile a quella della Madonna nel “Riposo durante la fuga in Egitto” (e come detto sopra anche la modella). Dal punto di vista artistico, in questo caso abbiamo una preparazione più scura del precedente quadro, bruno-aranciata. I pentimenti sono molto pochi e si localizzano solo sull’orecchio della donna e sulla zampa della sedia. Anche in questo caso non sappiamo chi sia stato il committente. Alcuni critici ipotizzano il cardinale Del Monte, poiché custodiva nella sua casa una copia della “Maddalena penitente” di Tiziano. Era quindi un soggetto a lui caro.
Se volete approfondire i nuovi studi emersi dalle ricerche condotte dal 2010 all'Archivio di Stato di Roma sulle nuove datazioni dell'arrivo di Caravaggio nella città, vi consiglio la lettura del catalogo della mostra tenutasi pochissimi mesi fa a Palazzo Reale di Milano: "Dentro Caravaggio". Il libro di intitola "Dentro Caravaggio" ed è edito da Skira.