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Emozione Arte

L'ultimo Tiziano: ''La punizione di Marsia''


La tela della “Punizione di Marsia” di Tiziano, è considerata una delle ultimissime opere del pittore. La datazione oscilla tra il 1570 e il 1576 ed è conservata nel Museo arcivescovile di Kroměříž, nella Repubblica Ceca.

Si ritiene, ormai con grande certezza, che il dipinto sia stato lasciato incompiuto a causa della morte dell’artista e poi completato dagli allievi. Infatti la figura all’estrema sinistra della tela, il suonatore di liuto da braccio, presenta molti strati pittorici sovrapposti. Precedentemente doveva essere stata dipinta una figura di portatore di lira. Inoltre sembra che, non solo questa figura sia un rimaneggiamento successivo a Tiziano, ma anche altre figure siano state dipinte da persone diverse. Si notano infatti evidenti differenze di stile. Sicuramente anche qui sono intervenuti gli allievi di Tiziano, inizialmente come aiutanti, poi come sostituti veri e propri dopo la scomparsa dell’artista.

Ma cosa rappresenta la scena e quale è stato il modello preso in esame? Intanto dobbiamo sottolineare che il mito di Apollo e Marsia viene spesso confuso, a livello iconografico, con quello di Apollo e Pan. Cosa raccontano queste due storie? La storia di Apollo e Marsia vede come prima protagonista la dea Atena, creatrice di uno strumento a fiato, l’aulos (che aveva ricreato per simulare il lamento delle Gorgoni quando Perseo decapitò Medusa). Durante un banchetto con gli dei, Atena iniziò a suonare lo strumento per compiacere Zeus, ma vide che la reazione non era quella sperata. Infatti Era e Afrodite, ridevano di lei. Adirata scappò via e si fermò vicino ad un lago. Specchiandosi capì il motivo per cui le dee risero di lei. Suonando lo strumento a canne, il suo viso si deformava. Arrabbiata lo scagliò a terra e lo maledisse: chiunque lo avesse preso avrebbe subito delle sciagure. Non passò molto tempo che l’aulos venne trovato da Marsia, un satiro di origine frigia che imparò a suonarlo in maniera sublime. Decide così di sfidare Apollo in una gara di musica. Il dio chiamò le Muse come giudici. La musica suonata da Marsia era davvero divina tanto da impressionare le Muse. Apollo, per paura che potesse perdere la contesa, decise di suonare e cantare contemporaneamente e chiese a Marsia di fare altrettanto. Apollo però suonava la lira ed era quindi facile farlo, Marsia non poteva, visto che il suo era uno strumento a canne. La vittoria fu così data al dio Apollo che torturò Marsia facendolo pentire di aver dato inizio alla sfida. Ed è qui che entra il gioco lo scorticamento del povero satiro (racconto ripreso dalle “Metamorfosi” di Ovidio) e che Tiziano decide di dipingere.


Il mito di Apollo e Pan invece vede il re frigio Mida che, stanco delle tante ricchezze, lascia tutto e va a vivere nei boschi con Pan. Quest’ultimo suona la zampogna e decide di sfidare Apollo in una gara di musica. Il giudice è il monte Tmolo. Apollo suona una lira piena zeppa di gemme che impressiona tutti quanti, a parte Mida che preferisce Pan. Apollo in tutta risposta fa uscire a Mida delle orecchie d’asino che lui è costretto a coprire con una tiara. Pan però non riesce a stare zitto e decide di scavare una buca per raccontare che il re Mida ha le orecchie d’asino. La buca viene chiusa ma su di essa nascono delle canne che con il vento svelano la verità a tutti.

A livello iconografico i due miti sono stati spesse volte sovrapposti e uniti, tanto che troviamo personaggi che dovrebbero in realtà trovarsi nell’altro mito e viceversa. Atena per esempio, che non dovrebbe comparire in nessuna delle due gare perché non è presente, viene spesso inserita in quella tra Apollo e Marsia poiché è lei ad aver creato lo strumento a fiato. Nel “Giudizio di Mida” di Andrea Schiavone, compare Atena che in realtà non dovrebbe esserci. Vediamo Apollo con la lira da braccio, Pan in primo piano e Mida che medita il suo giudizio positivo su Pan. Tmolo (il monte) si volta verso la dea.

Per la “Punizione di Marsia” Tiziano prese come modello un disegno di Giulio Romano che rappresenta la stessa scena ed è ora conservato al Louvre (esiste anche una versione affrescata a Palazzo Te a Mantova, ma davvero in pessime condizioni). Vediamo Marsia appeso ad un albero di profilo, il suo volto è pieno di sofferenza, ha infatti la bocca aperta e sta urlando per il dolore. Nella parte destra un satiro sta portando un secchio d’acqua per alleviare il dolore del compagno e Mida è seduto con le mani al viso. A sinistra un carnefice ha il coltello puntato contro l’attributo sessuale del satiro che è ben in evidenza. Apollo, con la faretra sulle spalle, sta portando via la pelle di Marsia. La figura all’estrema sinistra è un portatore di lira. Giulio Romano è vicino alla corrente di pensiero del tempo: Marsia è stato punito per la sua stoltezza a voler gareggiare con un dio e adesso sta soffrendo.



La tela di Tiziano vede più o meno gli stessi personaggi. Anche la composizione è molto simile. Marsia è al centro appeso ad un albero, anche se questa volta in posizione frontale e con le gambe incrociate che coprono i genitali. Il volto non esprime sofferenza, al contrario sembra accettare la punizione inflittagli. A destra è presente il satiro con il secchio d’acqua, Mida seduto in meditazione e all’estrema destra c’è un bambino che tiene a bada un grosso cane attratto dal sangue che sgorga dalle ferite del povero Marsia. A sinistra c’è un carnefice, Apollo è chinato a togliere la pelle già staccata e in piedi c’è la figura del suonatore su cui precedentemente era dipinto un portatore di lira (come detto prima). A questo punto sorge la domanda: il suonatore è in realtà Apollo? Purtroppo non lo sapremo mai con certezza, ma ad alcuni critici risulta strano che Apollo possa essere la figura che sta scorticando (anche se indirettamente perché non ha in mano il coltello come l’altro carnefice) il povero Marsia. Non è infatti un comportamento da attribuire ad un dio. Anche Raffaello ad esempio, nella Stanza della Segnatura nei Musei Vaticani, ha dipinto vicino a Marsia due carnefici scorticatori e Apollo si trova in lontananza con la lira. Forse è stato Palma il Giovane, imitando l’ultimo stile pittorico del maestro, a dipingere la figura del suonatore. Anche il piccolo cane al centro della scena, che lecca il sangue di Marsia, è forse stato aggiunto da lui ed è considerato un dettaglio di squisita pittura minuziosa, anche se marginale alla scena.

A questo punto possiamo dividere la scena in due parti, che tra l’altro è già iconograficamente separata dal fiume che scorre, rosso da una parte e limpido dall’altra (la storia narra che dal suo sangue nascerà infatti il fiume Marsia). A destra ci sono i sostenitori di Marsia e a sinistra i suoi “carnefici”, coloro che ne hanno decretato la sconfitta.

Secondo il critico Neumann le due figure dell’Apollo chinato e intento a togliere la pelle e quella del suonatore di lira, sono da identificare entrambe con Apollo. Si dovrebbe quindi pensare ad una rappresentazione simultanea della stessa scena? In realtà la storia è atemporale, quindi non potremmo mai dirlo. L’iconografia di Marsia appeso in testa in giù, fa venire alla mente la crocifissione (quella di Pietro per l’esattezza che si fece crocifiggere a testa in giù per non paragonarsi al Signore) e lo scorticamento è visto come un elemento simbolico di purificazione. Per Neumann quindi si tratterebbe di una scena che ha in sé un carattere religioso e non mitologico. Mida è visto come l’autoritratto di Tiziano ormai anziano.

Ovviamente anche Tiziano ha unito i due miti di cui abbiamo parlato all’inizio. Cosa ci fa infatti Mida in questo quadro, quando nel mito non compare? Dovrebbe essere presente nella contesa con Pan. I due episodi però pare che si siano giustapposti, come accadde per tante altre opere dello stesso soggetto. Inoltre Tiziano è uno dei pochi artisti che si è dedicato alla rappresentazione del momento più “scabroso” e violento della scena, ossia quello dello scorticamento. Gran parte degli artisti coevi hanno dipinto il momento della gara e non si sono mai spinti oltre.


Chi fu il committente dell’opera? Pare che non ci fosse, o meglio non sono rimasti documenti che lo possano attestare. Gli unici dati che possiamo ricavare sono questi: forse l’opera è stata terminata intorno al 1570-1571 e lasciata nella bottega dell’artista dove la trovarono poi gli allievi dopo la morte del maestro. Secondo David Freedberg Tiziano dipinse il quadro a seguito di un evento accaduto in quegli anni. Sto parlando dell’assedio turco sull’isola veneziana di Famagosta il 1 agosto 1571. Gran parte degli abitanti perse la vita e anche Marcantonio Bragadin venne atrocemente ucciso. Forse questo episodio lo segnò talmente tanto, da voler immortalare sulla tela lo scorticamento di Marsia che di solito non veniva mai rappresentato. Ovviamente non potremo mai dirlo con certezza, ma non possiamo di certo rimanere impassibili davanti ad un dipinto di tale bellezza. È chiaramente evidente l’ultimo stile di Tiziano, fatto di ampie pennellate, quasi rarefatte, date con velocità e “grossolanità” (che possono in qualche modo ricordare l’ultimissimo stile del Merisi). In alcuni casi si è parlato anche di tecnica del "non-finito", simile a quella michelangiolesca, ma non penso si possa parlare anche per Tiziano della stessa cosa. Più che la volontà di lasciare il dipinto in uno stato di "abbozzo", potrebbe essere stata una stanchezza fisica, dovuta all'età ormai avanzata del pittore, che l'avrebbe portato a dipingere in modo così distante dall'inizio della sua carriera. Si dice dipingesse anche con le mani ed è per questo che vediamo delle pennellate così ampie e sgretolate.

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