È molto difficile trovare nella storia dell’arte la raffigurazione del “lato b” dei quadri. Cornelis Norbertus Gysbrechts fu il primo pittore che, nella metà del Seicento, dipinse il retro di un quadro (chiamato “verso” in termini tecnici). Su di lui sappiamo davvero poco. È nato ad Anversa, ma l’anno di nascita è sconosciuto. Nel 1659-60 divenne membro della Corporazione di San Luca. La prima opera documentata risale al 1657. Molto strano è il fatto che il suo nome non sia menzionato in nessun testo di letteratura storica dell’epoca. Questo complica di molto le ricerche sulla sua persona. Risiedette in Germania, presso l’imperatore Leopoldo I. Tra il 1664 e il 1665 visse ad Amburgo, anche se non sappiamo precisamente per quanto tempo. Viaggiò anche a Copenhagen e Stoccolma. Nel 1668 si trovava in Danimarca e servì il re Federico III. Sembra che proprio a Copenhagen cominciò a dipingere i trompe l’oeil. La sua tematica preferita era la rappresentazione della “vanitas”. Dipingeva “nature morte” inserendo all’interno oggetti che ricordavano il mondo effimero, la morte sempre presente e la transitorietà della vita. Ma, come detto all’inizio, Cornelis è ricordato per i suoi trompe l’oeil, dove il retro del quadro diventa protagonista. Ci dice di guardare oltre. La bellezza di un quadro non è solo la sua tela bellamente dipinta, ma anche il suo dietro, il suo lato nascosto. Come sostenere di non guardare troppo le apparenze, ma di andare al di là, scovare quel qualcosa che normalmente non si vede. Le sue tele ricalcano molto la realtà. Vediamo le assi di legno che formano la tavola di un quadro su cui sono incollati biglietti, lettere, oggetti musicali e tanto altro. Vuole farci capire che si può comprendere un quadro anche guardando il suo retro, anzi forse è possibile scoprire anche di più. Ed è straordinario che un pittore seicentesco dipingesse un soggetto del genere. Mai era stato fatto prima, come se rappresentarlo fosse brutto e contro il “galateo” del buon gusto. Ma Cornelis è di Anversa e come tale ha un grande interesse per i particolari e la minuzia delle cose. Interessanti sono ventidue dipinti che Cornelis realizzò a Copenhagen per la Camera della Prospettiva del re. I dipinti rappresentavano trompe l’oeil dalla prospettiva centrale. Sul retro dei quadri dipinti vediamo addirittura frutta e verdura, oltre che strumenti musicali e biglietti. Caratteristica comune è un telo nero che si stacca su un lato e lascia intravedere il telaio. In altri dipinti ha invece finto la presenza di uno scaffale con uno sportello aperto, da cui fuoriescono tanti biglietti, quaderni con appunti e lettere. Proprio in uno di questi dipinti è presente un autoritratto del pittore, dipinto su un piccolo ovale alla sinistra della tela. La morte del pittore è da collocare dopo il 1675, anche se non sappiamo il luogo.
A mente fredda potremmo dire che un “esercizio” del genere sia inutile, perché la vera opera d’arte è davanti, ma non è propriamente così. Il retro di un dipinto può, in molti casi, permettere di scoprire notizie o elementi che erano sfuggiti analizzando solo la tela dipinta. A parte l’analisi tecnica delle assi di legno che compongono la tavola, sul retro si possono trovare sigle e biglietti decisivi per scoprire chi fosse il committente o l’eventuale personaggio raffigurato. A volte si possono addirittura trovare schizzi o bozzetti. In questo caso potrebbe trattarsi quindi di una tela di recupero (i bozzetti potevano essere stati realizzati da altri pittori) o semplicemente di studi fatti dall’artista prima di giungere al lavoro finale. Inoltre si possono trovare targhette lasciate dai musei che hanno posseduto il dipinto, che permetterebbero così di studiare i vari passaggi dell’opera.
Ci sono dei casi però, in cui nel retro del quadro è nascosto un altro dipinto. Un celebre esempio è il doppio ritratto dei coniugi Federico da Montefeltro e Battista Sforza, di Piero della Francesca (conservato agli Uffizi di Firenze). Davanti sono dipinti i due sposi di profilo, dietro scene dei “Trionfi” di Petrarca. Ma possiamo citare anche esempi più divertenti come il “Ritratto del Nano Morgante” del Bronzino. Il celebre nano di corte di Cosimo I de’ Medici è raffigurato sia davanti che dietro. In questo caso, Bronzino lo aveva fatto per sottolineare come, anche con la pittura, era possibile raffigurare la tridimensionalità della scultura.
Anche il pittore Martin van Meytens, si cimentò nella realizzazione di due quadri “Suora in preghiera” recto e verso del 1731. Il davanti mostra una suora seduta su un inginocchiatoio in preghiera. Il dietro fa comprendere invece quello che realmente la donna sta facendo ed è molto divertente. La tunica è alzata e mostra il suo fondoschiena agli occhi indiscreti di un osservatore presente sul margine destro del quadro (che vediamo però solo sulla prima tela, quella che rappresenta il davanti). Si ipotizza che le due tele fossero sovrapposte, come le pagine di un libro e uniti da una cerniera.
Nel mondo contemporaneo il problema del recto di un quadro, viene analizzato in modo più concettuale e a volte bizzarro. Lucio Fontana è famoso per i suoi tagli. Voleva sfondare la tela per svelare la tridimensionalità, presente anche nella pittura. La cosa curiosa sono i “lati b” delle sue tele. Vediamo infatti delle cerniere che Fontana usava mettere per non far lacere troppo i tagli.