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L'ultimo Raffaello Sanzio: ''Raffaello e un amico''


Un ritratto di due uomini: l’uno stante, lo sguardo fisso verso lo spettatore, l’altro in “movimento”, il volto girato, il braccio destro allungato in avanti per indicare qualcosa. Lo sfondo uniforme vira dal nero al grigio. Si tratta della tela “Raffaello e un amico”, conservata al Louvre di Parigi. L’urbinate si è davvero superato nella realizzazione di questo dipinto. Sembra di essere davanti ad una fotografia. La posa del personaggio in primo piano è molto “moderna”, quasi fermata in un’istantanea.

L’opera è ancora oggi avvolta in un alone di mistero. In primo luogo perché non conosciamo l’identità di tutti e due gli uomini, inoltre perché si ignora la provenienza della tela. Chi la commissionò? Perché? La prima notizia nota si trova nell’inventario del 1683 di Luigi XIV e qui viene attribuito a Raffaello. Nel 1695 è a Versailles e nel 1792 si trova al Louvre, dove è presente ancora oggi.

La datazione è incerta. Si ritiene si stato realizzato nella fase finale della sua carriera artistica, prima di morire (ricordiamo che Raffaello è morto giovane, a 37 anni). La cronologia proposta si aggira tra il 1518 e il 1520.



Il ritratto è sempre stato un genere molto usato dal Sanzio e negli ultimi anni ampiamente sperimentato. Questo in particolare è considerato l’ultimo e si nota tutta la maturità del pittore. La critica ritiene che l’uomo sullo sfondo, con lo sguardo fisso verso di noi, sia proprio Raffaello. Lo si è infatti comparato con altri ritratti del pittore conosciuti, come quello che si trova agli Uffizi e le incisioni di Giulio Bonasone. Qui però il volto sembra quasi “malato”, stanco. Lo si nota dalle occhiaie ben marcate sotto gli occhi. L’amico del pittore invece ha tutta un’altra verve. Lo sguardo è vispo, attivo e sembra stia dicendo qualcosa a Raffaello, che però non se ne cura. È davvero un ritratto “contemporaneo”, con un piglio fotografico che non si era mai visto prima.

Tante sono state le interpretazioni date sulla presunta identità di questo personaggio. C’è chi ha avanzato il nome di Agostino Chigi, il banchiere più ricco d’Europa, proprietario di villa Farnesina, presso cui Raffaello aveva vissuto e lavorato; chi ipotizzò Polidoro da Caravaggio o Baldassare Peruzzi. Il critico Strinati ha invece avanzato il nome di Pietro Aretino, con cui il Sanzio era amico. Addirittura c’è chi ritiene che il personaggio davanti a Raffaello sia il suo maestro di spada, dato che poggia la mano sinistra sull’elsa dell’arma. Sembra che una risposta univoca non potrà mai essere data, almeno che non ci saranno dei risvolti archivistici in questo senso. Per adesso si veda il quadro come una sorta di “sodalizio” di amicizia.

Molto probabilmente Raffaello si è ispirato a Dürer, che conosceva e ammirava. Gli spedì infatti un bozzetto per la “Battaglia di Ostia”, scambiandosi delle idee tecniche artistiche. Dürer si era ritratto come il Salvator Mundi nell’ “Autoritratto con pelliccia” e sembra che Raffaello ne abbia preso spunto. Si è infatti ritratto in una posa ieratica, quasi solenne. Sembra essersi messo al di fuori del tempo per diventa una figura simbolo.

Anni fa si era addirittura pensato che il quadro potesse rappresentare Cristo con un discepolo, sia per la posa che per la forte intesa che c’è tra i due uomini. Sicuramente l’ascendenza è veneta, tanto che inizialmente c’era chi l’aveva attribuito a Sebastiano del Piombo. Sembra però che il dipinto sia molto vicino ai cartoni realizzati per gli arazzi degli “Atti degli Apostoli” che Raffaello aveva iniziato nel 1516. Ad oggi quindi non c’è più dubbio sulla sua attribuzione.

 

Per approfondire la figura di Raffaello, vi consiglio la lettura del libro "Raffaello. Grazia e bellezza" edito da Skira, 2001

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