Una donna ritratta davanti ad una finestra. Il corpo di profilo, il volto girato a guardarci. Una pelliccia avvolge le sue spalle. Oltre la finestra, che si scorge a sinistra, vediamo un paesaggio roccioso. Questa tavola, tenuta ben nascosta per oltre un secolo in Svizzera, è stata da alcuni critici, tra cui Silvano Vinceti, attribuita al genio vinciano. Vinceti è autore di numerosi libri dedicati a Leonardo, primo tra tutti quello riguardante la cosiddetta Gioconda di San Pietroburgo (di cui consiglio la lettura). È stato lui a mettersi in contatto con la famiglia tedesca che ne è proprietaria e sembra che l’opera arriverà quest’anno in Italia per essere esposta in una delle tante mostra (non si sa ancora quale) dedicate al cinquecentenario dalla morte di Leonardo.
Ma qual è la sua storia? Cosa conosciamo di questo dipinto? La donna ritratta di cui si ignora l’identità, è sicuramente una persona di un certo rango. Lo denota non solo la pelliccia (da cui prende il nome il dipinto) ma anche la capigliatura e il rispettivo “cerchietto” fatto da una treccia che le incornicia il volto.
La tavola è stata datata al periodo milanese, intorno al 1495-99, quindi probabilmente rappresenta qualche dama alla corte del Moro (sappiamo che Leonardo fece il ritratto sia a Cecilia Gallerani amante del Moro, sia Lucrezia Crivelli, identificata nella Belle Ferronière del Louvre). Secondo la studiosa Maike Vogt-Luerssen si tratterebbe del ritratto visto da Antonio de Beatis, segretario del cardinale Luigi d’Aragona quando si recò ad Amboise alla corte di Francesco I, dove Leonardo soggiornò negli ultimi anni di vita, portando con sé alcuni quadri. Queste le parole del de Beatis:
“[…]In uno de li borghi el Signore con noi andò ad videre messer Lunardo Vinci firentino, vecchio de più de LXX anni, pictore in la età nostra excellentissimo, quale mostrò ad sua signoria Illustrissima tre quatri, uno di certa donna firentina, facta di naturale ad istantia del quondam Magnifico Juliano de Medici, l’altro di san Johanne Baptista giovane, et uno de la Madonna et del figliolo che stan posti in gremmo de sancta Anna, tucti perfectissimi..”
Il de Beatis non descrive il quadro, non sappiamo come fosse questa donna e se dietro di lei ci fosse un paesaggio. Di conseguenza non si è neanche sicuri che si tratti della Gioconda, come da sempre si è pensato. Secondo Maike Vogt-Luerssen si tratterebbe del quadro in questione, tenuto nascosto in gran segreto in Svizzera, la “Dama con pelliccia”.
Il grande critico Adolfo Venturi fu il primo a dire che si trattava di un quadro di Leonardo. Era il 1921. Carlo Pedretti (scomparso lo scorso anno) inizialmente lo attribuì genericamente alla “Scuola di Leonardo”, quindi anche agli allievi, poi, dopo studi più approfonditi, affermò senza più alcun dubbio, che si trattasse di un Leonardo. La cosa però andò un po’in sordina, perché sull’opera non vennero svolti tanti studi e se ne parla in pochi testi di storia dell’arte.
È probabile che la tavola fosse ancora in possesso di Leonardo intorno al 1514 e sicuramente anche nel 1517, quando si trovava ad Amboise. Alla fine del Seicento l’opera compare nella collezione di Antonio Pignatelli, futuro Papa Innocenzo XII che quasi sicuramente la comprò dal re di Francia Luigi XIV. Alla fine del Settecento si trova nelle collezioni del vescovo di Otranto, Domenico Morelli. Nell’Ottocento ritorna a Milano e solo nel Novecento arriva in mano ad una famiglia tedesca di industriali. La sua provenienza è certificata da un documento legale scritto in uno studio di Amburgo che menziona la provenienza del dipinto e la sua acquisizione.
Sembra quindi che il quadro si trovava ad Amboise. Non possiamo sapere con certezza però se sia stato visto dal de Beatis, perché il ritratto di donna fiorentina non è descritto e potrebbe trattarsi di qualsiasi opera realizzata da Leonardo. Forse non è nemmeno la Gioconda di cui parla Vasari nelle sue Vite.
Sta di fatto che la paternità leonardesca sembra accertata da molti critici. La mano è molto simile a quella della “Gioconda” e della “Dama con l’ermellino”, oltre al paesaggio che sembra ravvisare i tipici studi leonardeschi sui moti della natura (lo stesso paesaggio della Gioconda e della “Vergine delle rocce”). A mio modesto parere l’opera sembra molto simile anche allo stile raffaellesco, ma sappiamo che Raffaello guardò molto ai ritratti di Leonardo e la cosa non deve stupire (basti pensare alla “Muta” la cui iconografia è molto simile alla Gioconda).
Dal punto di vista tecnico, il ritratto è stato realizzato su una tavola di pioppo (materiale usato da Leonardo al tempo ma non solo). Anche la gamma di colori utilizzati è molto vicina a quella leonardesca. Il dettaglio che però avvicina di più il dipinto agli altri di Leonardo, è la mano e la sua posizione. Il maestro vinciano ne realizzò di simili (la “Dama con l’ermellino”, la stessa “Gioconda”, la “Vergine delle rocce”). Solo la Belle Ferronière presenta un parapetto al posto delle mani e questo è stato uno dei motivi per cui alcuni critici non sono d’accordo con la paternità leonardesca.
Non sappiamo quando e se davvero la “Dama con pelliccia” arriverà in Italia, in mostra al grande pubblico. La cosa certa è che sarebbe interessante poterla ammirare dal vivo. Tante cose emergerebbero e potrebbero far comprendere qualcosa in più. Il problema è che quando si tratta di Leonardo e soprattutto di capolavori inediti, è davvero difficile dare un giudizio univoco, dovuto soprattutto al fatto che mancano solide basi documentarie a cui appellarsi.