Di Federica Pagliarini
Un ragazzo seduto su una roccia, lo sguardo rivolto in basso, tenebroso. È cinto da un mantello rosso e da una pelle di animale. Nella mano destra tiene un bastone, una croce di canne. La gamba destra è piegata, la sinistra è allungata all’indietro. Intorno a lui è presente una fitta vegetazione con foglie di quercia. Si tratta del “San Giovanni Battista” di Caravaggio, conservato a Kansas City, al Nelson-Atkins Museum of Fine Art.
Dalle ricostruzioni effettuate dagli studiosi, si è appurato che l’opera è stata commissionata dal banchiere genovese Ottavio Costa. Forse doveva posizionarla sull’altare di un oratorio dedicato al Battista a Cosciente, nei pressi di Albenga. Oggi però qui si trova solo una copia, quindi Costa scelse di non farla arrivare fino in Liguria.
Un documento importante è una dichiarazione firmata da Caravaggio stesso dove afferma di aver ricevuto la somma di venti scudi per un dipinto non identificato, anche se la data è precisa: 21 maggio 1602. Andando ad analizzare la cronologia, sembra non ci siano dubbi sul “San Giovanni Battista”. Infatti le altre due opere che Caravaggio dipinse per il Costa, ossia la “Giuditta che decapita Oloferne” di Palazzo Barberini e il “San Francesco in estasi” di Hartford, sono collocate in diversi contesti temporali (qualche anno prima).
Nei due testamenti che il Costa redasse nel 1632 e nel 1639, istituì un fedecommesso con cui vincolò l’erede, Giovanni Antonio, a non vendere per alcuna ragione opere di Caravaggio, Reni e del Cavalier d’Arpino (il maestro di Caravaggio a Roma).
Il “San Giovanni Battista” rimase a Roma fino al XIX secolo, poi se ne persero le tracce e si ritrova in una collezione privata inglese, per passare nel 1951 alla galleria antiquaria Agnew’s di Londra e poi arrivare nell’anno successivo a Kansas City.
Ma soffermiamoci un attimo ad ammirare lo stile con cui è stato dipinto questo San Giovanni. Il corpo del giovane ragazzo (si tratta infatti di un San Giovanni adolescente, ancora nel fiore dell’età) è tornito grazie ad un suggestivo effetto chiaroscurale che rende la tridimensionalità e la plasticità. Si è ipotizzato che il Merisi si sia ispirato al “Torso del Belvedere” e alla figura di “Isaia” dipinta da Michelangelo nella Cappella Sistina. Lo sguardo è corrucciato, pensieroso. Il panneggio rosso ricorda tanti altri dipinti: “La morte della Vergine”, la “Giuditta che decapita Oloferne”, il “Sacrificio di Isacco” e il “San Giovannino” dei Musei Capitolini. Caravaggio infatti dipinse questo soggetto tante altre volte. Oltre a questi due esempi, abbiamo il “San Giovanni Battista” della Galleria Corsini di Roma e quello della Galleria Borghese. Se in quello della Galleria Corsini il San Giovanni assume la stessa posa, anche se il taglio della tela è orizzontale, in quello della Galleria Borghese abbiamo il San Giovanni Battista in una posa più composta e alla sua destra un montone che guarda verso l’alto. Anche il volto non è più corrucciato e i lineamenti sono più distesi, come se abbia preso consapevolezza.
Sono state scoperte, tramite le immagini ad infrarosso, delle incisioni sullo strato preparatorio (Caravaggio ne faceva uso soprattutto nelle prime opere) in particolare intorno alla testa e sui contorni del corpo. Questo significa che il Merisi dipinse da un modello dal vero.
Un’ultima nota riguarda le foglie di quercia che si trovano sullo sfondo. Perché Caravaggio utilizzò questa pianta? Si dice che la quercia sia uno degli alberi con cui si realizzò il legno della croce. Inoltre compare la pianta di tasso barbasso (in primo piano a destra) che simboleggia la fine della vita.
Se volete approfondire l'argomento consiglio il seguente volume, catalogo della mostra tenutasi a Milano, a Palazzo Reale nel 2017:
-"Dentro Caravaggio", a cura di Rossella Vodret, Skira, 2017
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