Al Museo Interdisciplinare Regionale di Messina sono custodite due bellissime pale di Caravaggio: la “Resurrezione di Lazzaro” e l’ “Adorazione dei pastori”. Oggi ci soffermeremo a parlare della “Resurrezione di Lazzaro”, una grande pala d’altare realizzata dal Merisi durante il suo soggiorno in Sicilia, nella fase ormai tarda della sua attività pittorica. Che cosa era successo? Ci troviamo negli anni 1608-09. Caravaggio era stato a Malta, entrando a far parte dell’ordine dei Cavalieri di Malta. Sembrava che la sua vita stesse andando finalmente per il verso giusto. Era ammirato da tutti e aveva trovato rifugio da Roma dove era stato condannato a morte per l’omicidio di Ranuccio Tomassoni. Purtroppo gli eventi non furono a suo favore. Rimase infatti coinvolto in una rissa insieme ad un gruppo di altri cavalieri italiani. Qui rimase ferito il Cavaliere di Giustizia Giovanni Rodomonte Roero. Caravaggio e gli altri cavalieri vennero imprigionati. Non sappiamo in che modo, ma nelle settimane seguenti riuscì a fuggire e a raggiungere la Sicilia. Così oltre ad avere la condanna da Roma, si trovò anche a rischio d’arresto da parte dei cavalieri di Malta. Il 1 dicembre 1608 venne condannato in contumacia e cancellato dall’ordine. Il Merisi passò così da Siracusa a Messina e infine raggiunse Palermo. Qui, nonostante la cattiva fama, riuscì ad avere importanti incarichi pubblici. Uno di questi è proprio la pala della “Resurrezione di Lazzaro”. La commissione arrivò da Giovanni Battista de’ Lazzari, un mercante di origini genovesi che aveva ottenuto il permesso del patronato giuridico per essere sepolto nella cappella del coro della chiesa dei Santi Pietro e Paolo de’Pisani (oggi non più esistente in quanto demolita nel 1880 dopo i terremoto del 1783), dove aveva sede l’Ordine dei Ministri degli Infermi fondato da Camillo de’ Lellis nel 1591. De’Lazzari firmò il contratto il 6 dicembre 1608, dove dichiarava di impegnarsi a finanziare la decorazione della cappella con una nuova pala d’altare che doveva avere come soggetto la Madonna e san Giovanni circondati da altri santi. Alla fine però il soggetto cambiò e divenne l’episodio della Resurrezione di Lazzaro. È molto probabile che il cambio di soggetto sia stato scelto dallo stesso committente in accordo con la congregazione dei Ministri degli Infermi. Inoltre è chiaro il riferimento al nome di Giovanni Battista de’Lazzari.
Soffermiamoci ora sulla tela. La scena si svolge tutta in primo piano. Il Cristo, chiaro riferimento a quello dipinto nella pala della “Vocazione di San Matteo” in San Luigi dei Francesi a Roma, si trova all’estremità sinistra del quadro. Con il braccio alzato indica Lazzaro, che sta resuscitando dalla morte. Il suo corpo è rigido, ha il braccio destro teso, come a richiamare il gesto di Gesù. Dietro di lui ci sono le sorelle Marta e Maria. Il gesto di Cristo è perentorio, sommo, aulico. La sua figura ha la maestosità di una statua greca. La scena si svolge nella grotta dove era sepolto Lazzaro. A terra si vedono infatti un teschio e delle ossa. Lo sfondo è nero pece, tanto che si dice che questo dipinto sia in realtà una seconda versione non totalmente completata. La prima sarebbe stata distrutta perché non apprezzata. L’unico timido raggio di luce viene dall’ingresso. Per il motivo della figura che sorregge Lazzaro sembra che Caravaggio si sia rifatto al gruppo ellenistico del “Pasquino”, oppure ad un’incisione di Diana Scultori Ghisi che riproduceva il “Combattimento intorno al corpo morto di Patroclo” di Giulio Romano a Palazzo Te a Mantova. Interessante e a tratti “inquietante”, la figura del Cristo, quasi totalmente coperta dalle tenebre. La luce si sofferma sula figura di Lazzaro e quindi sul miracolo compiuto da Gesù.
La tela ha subito degli interventi di restauro, purtroppo non tutti ben fatti. L’ultimo risale al 1950-51 ed è stato quello che l’ha sottoposto ad un accurato intervento di pulitura che permette di poterlo ammirare ancora oggi.
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