di Federica Pagliarini
Quest'anno ricorrono i cinquecento anni dalla morte di Raffaello Sanzio. Tante sono le iniziative a lui dedicate, purtroppo per adesso sospese, che i musei hanno organizzato per celebrare l'urbinate. La più importante è sicuramente la mostra iniziata il 5 marzo alle Scuderie del Quirinale di Roma, che speriamo, possa riprendere al più presto.
Il quadro di cui parlerò oggi non sarà possibile visitarlo a Roma, ma a Milano, alla Pinacoteca di Brera. Lo "Sposalizio della Vergine" rappresenta appunto il matrimonio tra Maria e Giuseppe. La vicenda è raccontata nei Vangeli Apocrifi. Maria, una volta raggiunta l'adolescenza, doveva trovare marito. Il Gran Sacerdote al Tempio convocò tutti i candidati e disse loro di portare con sè una verga. Solo quella che sarebbe fiorita, avrebbe decretato il "vincitore", il novello sposo di Maria. Si presentò anche Giuseppe, il più anziano tra tutti i presenti. Rendendosi conto di questa cosa si vergognò e decise di mettersi da parte. In questo modo nessuna verga fiorì. Quando il sacerdote convocò di nuovo tutti i presenti, tra cui Giuseppe, Gesù scelse proprio lui per far fiorire, alla sommità della verga, un mazzolino di oleandri. Giuseppe venne così scelto come sposo di Maria. Tra i giovani però qualcuno la prese male e spezzò la propria verga in due. È quello che vediamo all'estrema destra del quadro, dove un giovane sta appunto spezzando il ramoscello d'albero. Maria e Giuseppe sono al centro del dipinto e il Sacerdote sta procedendo al sacramento del matrimonio. Sullo sfondo, perfettamente prospettico, si nota la presenza di un edificio di ispirazione bramantesca. Il quadro inoltre è molto simile, anche se stilisticamente più evoluto, di quello che realizzò il suo maestro Perugino (si trova oggi a Caen in Francia, portato lì a causa delle spoliazioni napoleoniche). In realtà la committenza era stata inizialmente data al Pinturicchio, che stava però lavorando negli Appartamenti Borgia in Vaticano. Questo motivo portò il pittore a tergiversare sull'inizio dei lavori, tanto che, passati dieci anni, si decise di dare la committenza al Perugino.
Ma qual è il fulcro del quadro del Raffaello? Il vero protagonista di tutto è l'anello nuziale, quello che Giuseppe sta mettendo al dito della mano destra di Maria, centro di tutta la scena. La committenza del quadro è legata proprio alla storia di questo anello. Il tutto inizia con la storia del frate Vinterio da Magonza. Era il 1473 quando arriva a Perugia, prima di giungere ad Assisi per assistere alla festa del Perdono. Il frate veniva da Chiusi e proprio qui aveva rubato dalla chiesa dei francescani un anello, una sorta di reliquia, dato che era ritenuto l'anello nuziale di Maria. Poco prima che si macchiasse di questo furto, i confratelli lo avevano accusato di aver rubato dei calici a Città della Pieve e lo avevano fatto arrestare. A quanto sembra era stato un malinteso, dato che il frate non aveva in realtà rubato nulla. Il furto dell'anello fu quindi quasi una ripicca.
L'anello era in realtà un sigillo maschile in calcedonio, datato al I secolo a.C. e si diceva avesse dei particolari poteri, come guarire dalla malattie, allontanare gli spiriti maligni e favorire sia le unioni matrimoniali che la fertilità.
Secondo la tradizione l'anello era stato portato a Chiusi da Roma dalla principessa romana Mustiola, che lo aveva ricevuto come regalo dal fidanzato Lucio. Quest'ultimo era cristiano e per questo venne ucciso prima delle nozze con Mustiola (che sarà anche lei poi martirizzata). A Chiusi si venerava così Santa Mustiola e il suo anello.
Frate Vinterio aveva dato l'anello a Luca di Francesco delle Mine e quest'ultimo lo aveva donato al comune di Perugia nell'agosto 1473. Tra le città di Chiusi e Perugia ci furono aspre liti, talmente forti che si temette addirittura una guerra. Anche Papa Sisto IV della Rovere era favorevole al fatto che l'anello rimanesse a Perugia.
Il 15 agosto 1473 si fece una festa con luminarie proprio in onore dell'anello nuziale e durante ogni festa di Ognissanti si celebrò l'anello sotto le logge di Braccio Baglioni, signore della città. Proprio lui cercò di mettere in sicurezza l'anello e per l'occasione fece costruire una cassa ferrata di legno con sette chiavi che consegnò a diverse autorità cittadine. La cassa sarà poi messa dentro una gabbia di ferro sigillata da altre quattro chiavi, date ai quattro ordini religiosi: agostiniani, francescani, domenicani e serviti. Tutta la cassa, riccamente bardata, sarà posta sotto l'altare della cappella del Palazzo Comunale e verrà controllata costantemente da dieci priori, seduti ognuno nei loro scranni.
Successivamente papa Innocenzo VIII non accettò le richieste da parte della città di Chiusi per riportare indietro l'anello e decretò che la reliquia non si sarebbe mossa da Perugia. Nel luglio del 1488 l'anello con tutta la sua bardatura, venne spostato sopra l'altare della nuova cappella nel Duomo e nel 1489 si cercò un pittore che potesse decorarla. Qui si ricollega la vicenda del Pinturicchio.
Come si è avuto modo di capire la vicenda è di per sè abbastanza complessa. Forse non tutti la conoscevano, concentrati di più sulla resa prospettica e sull'eleganza dei personaggi.
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Bibliografia essenziale:
-Marco Carminati, "Raffaello pugnalato", Il Sole 24 Ore, 2019
-"Raffaello: grazia e bellezza", catalogo della mostra tenutasi a Parigi nel 2001-2002, Skira, 2001
-"Raffaello 1520-1483", catalogo della mostra tenutasi alle Scuderie del Quirinale a Roma, Skira, 2019
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