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Emozione Arte

Proteo-Glauco e Bomarzo. Il mito e il Parco in cui nulla è ciò che sembra

Di Silvia Urtone


Proteo e Glauco.

Due divinità diverse eppure vicine, due divinità marine che vengono spesso accomunate e che nel magico Parco dei Mostri (e delle Meraviglie) di Bomarzo, vicino Viterbo, sono un tutt’uno.

E dove operare in effetti questa unione se non nel luogo in cui nulla è ciò che sembra e in cui niente è come appare?

Andiamo alla scoperta di chi siano queste due figure.

Proteo, secondo la mitologia greca, era figlio del dio del mare Poseidone, divinità dell’acqua ed essere mutaforma. Il suo nome significa “primo”, nato per primo, ed era una divinità in grado di vedere e predire il futuro scrutando nelle profondità misteriose del mare, sua dimora.

Poteva essere interrogato da chiunque volesse scoprire qualcosa del proprio futuro ma prima l’interessato doveva riuscire a catturarlo: il dio infatti era sfuggente, cambiava forma in continuazione per sottrarsi agli uomini e abitava sull’egiziana isola di Faro, sorvegliando le foche del padre, o, secondo altre versioni, sull’isola greca di Lemno.

A parlarci di Proteo è proprio Omero nella sua Odissea descrivendocelo come “Proteo d'Egitto, l'immortale vecchio del mare che non mente mai, che suona il profondo in tutte le sue profondità ed è servo di Poseidone”; egli era solito uscire dal mare verso mezzogiorno e sdraiarsi al sole a sonnecchiare ed era proprio in queste occasioni che i mortali dovevano cercare di coglierlo per farsi rivelare il proprio futuro, trattenendolo e impedendogli di cambiare forma. Proprio così fece Menelao, re di Sparta e fratello minore di Agamennone, il quale, di ritorno da quella famosa guerra di Troia che era stata scatenata dalla sua bella moglie Elena, voleva che questi gli predicesse il futuro…e dopo aver tentato di sfuggire trasformandosi in leone, serpente, leopardo, maiale, acqua e albero, Proteo tornò umano e lo accontentò: era stato battuto e, nonostante tutti i suoi trucchi, non poteva mentirgli.

Glauco è un po’ più conosciuto, era anche lui figlio di Poseidone e di una ninfa ed è il pescatore che divenne una divinità. Protagonista di molte leggende sono per lo più due le storie conosciute riguardo al come da mortale divenne immortale.

Nella prima versione Glauco era un pescatore di Antedone e un giorno notò che alcuni pesci pescati, dopo aver mangiato un’erba, ritornavano a vivere: la curiosità è umana ed egli decise di provarla…diventando immortale!

Divenne verde, i piedi si tramutarono in pinne e si tuffò automaticamente nel mare, sconvolto e attiratone. Oceano e Teti lo accolsero tra le divinità del mare, gli insegnarono l’arte della profezia (caratteri che ricordano un certo Proteo, vi pare?) e nel frattempo egli si innamorò della bella ninfa Scilla. Ma la maga Circe era gelosa e a sua volta innamorata di lui così che versò una terribile pozione nelle acque in cui Scilla era solita fare il bagno e la fece tramutare nel mostro marino che infesta lo stretto di Messina e che noi tutti conosciamo grazie al viaggio di Odisseo. Secondo l’autore Igino Scilla rifiutò Glauco il quale cercò aiuto in Circe chiedendole un filtro d’amore, ma la conclusione fu la stessa.


Proteo-Glauco al Parco dei Mostri di Bomarzo


La seconda versione ci narra una storia, se possibile, ancora più tragica.

Glauco proveniva dalla Beozia, era apprezzato da tutti e persino le nereidi, le ninfe marine, andavano a Capo Peloro per conoscerlo e chiacchierare con lui, ma lui, pur gentile, non mostrava interesse per nessuna, ma un giorno arrivò la bella Scilla che si innamorò perdutamente di lui. Giunse lì anche Circe, maga terribile e sempre pronta a innamorarsi, che divenne amica di Scilla e questa le raccontò del suo amore per il giovane Glauco; Circe volle conoscerlo e se ne innamorò pure lei dicendo a Scilla di farsi da parte!

Scilla la supplicò più volte ma la maga, stanca di lei, avvelenò le acque in cui faceva il bagno e la trasformò in un mostro squamoso con sei teste e dodici gambe: Scilla fuggì, indurì il suo cuore e iniziò a fare strage di uomini…perché qualcuno avrebbe dovuto essere felice se non lo era lei?

Circe intanto passava le sue giornate con Glauco ma poi le venne a noia e lo lasciò. Non lo tramutò in bestia poiché figlio di Poseidone ma sparì senza dirgli addio; lui era abbattuto ma poi venne a sapere della sorte di Scilla e, preso dalla compassione e dal rimorso, ogni giorno la andava a trovare: le parlava dei tempi passati e lei, pur essendo ormai un mostro, non aveva perso del tutto il suo cuore e non lo divorò mai. Gli anni passarono, Glauco invecchiò e continuò a recarsi da Scilla finché un giorno, tornando dalla pesca, non trovò una piccola e graziosa isola coperta da un’erba verde e argentata. Qui si recò e vide che i pesci pescati, appena toccavano l’erba, tornavano a vivere, e allora decise di mangiarne un po’ e si trasformò in creatura marina.

Di Glauco parla anche Euripide nell’Oreste e dice che apparve a Menelao svelandogli l’uccisione del fratello per mano di Clitemnestra.

Le somiglianze tra le due figure sono evidenti, sono divinità marine latrici di profezie e figlie di Poseidone e mutano forma…le leggende che parlano di loro ci parlano della loro inconsistenza e mutevolezza, del loro essere tutt’altro da come appaiono. Sono creature sagge e mostruose allo stesso tempo, misteriose e difficili da comprendere.

E proprio così appaiono anche nel Parco dei Mostri di Bomarzo, il luogo in cui tutto è possibile, in cui tutto cambia e muta. Qui come primo o ultimo mostro del luogo si trova Proteo e Glauco, condensati in un’immensa maschera antropomorfa dalla bocca spalancata, la quale sembra emergere dalla terra stessa e ha sulla sua testa un globo sormontato da un castello.

Come Glauco era mutato e come Proteo mutava la sua forma così bisogna mutare se stessi per crescere e giungere a un nuovo stadio di consapevolezza.

Tutto cambia.

Tutto è possibile.

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