La chiesa di San Pietro in Vincoli è stata costruita tantissimo tempo fa, intorno al 442 d.C. per volontà dell'imperatrice bizantina Licinia Eudossia. Grazie allo smantellamento del pavimento della navata centrale effettuato nel periodo di tempo 1956-1960, si è scoperto, sotto l'attuale basilica, un complesso urbanistico datato tra il III secolo a.C. e il III secolo d.C. che sorgeva sulla sommità ovest del complesso detto “Domus Transitoria neroniana”, un abitazione romana dotata di criptoportico, giardini, cortile e portico con vasca. Questa domus venne distrutta per cause ignote e nella seconda metà del IV secolo d.C. nacque una chiesa basilicale dedicata agli Apostoli, di cui era titolare il Presbitero Filippo, legato pontificio nominato da Papa Celestino I. Anche questa chiesa andò distrutta per cause sconosciute e successivamente sorse la nuova chiesa di San Pietro in Vincoli costruita grazie all'intervento di Licinia Eudossia e del Presbitero Filippo.
Ma qual'è il motivo che spinse la costruzione di questa chiesa? E perché è stata chiamata proprio proprio San Pietro in Vincoli? Era il 442 d.C.quando la madre di Eudossia, Eudocia, si trovava a Gerusalemme e ricevette dal Patriarca della città Giovenale la catena che avrebbe avvinto Pietro durante la sua prigionia a Gerusalemme. Una volta tornata dalla figlia Eudossia, Eudocia la incaricò di portare la catena al Papa, che al tempo era Leone I, per mostrargli la catena e capire se fosse vera o meno. Quando il Papa la vide, prese un'altra catena, quella che la tradizione dice avrebbe avvinto Pietro nel carcere Mamertino a Roma. E qui accadde il miracolo. Le due catene miracolosamente si unirono insieme senza staccarsi più. In seguito a questo evento, venne decisa la costruzione della basilica per proteggere e conservare la reliquia. “Vinculum” in latino vuol dire catena, ecco quindi spiegato il nome della chiesa.
La basilica venne consacrata nel 439 d.C. da Papa Sisto III. Successivamente subì molti restauri. La veste che ha oggi non è quella del tempo di Eudossia. Nonostante la grandezza rimase sempre quella, i restauri la cambiarono molto. I primi si ebbero ad opera di Papa Adriano nel 790 d.C., poi venne ristrutturata dai Papi della Rovere Sisto IV e Giulio II che fu anche propietario della chiesa quando Michelangelo venne chiamato a Roma per realizzare la sua tomba che oggi si trova nella parte destra del transetto.
La famiglia della Rovere è testimoniata anche dal simbolo araldico che si trova sui capitelli delle colonne quattrocentesche del portico esterno.
La chiesa è divisa in tre navate da colonne di spoglio scanalate di ordine dorico che provengono dalla Grecia. Sono infatti di marmo Imezio che non esisteva in quel periodo a Roma.
Particolare attenzione dobbiamo dare all'abside decorata magnificamente dal pittore Jacopo Coppi nel 1573. Nel catino absidale ci sono le scene con la Ricrocifissione di Beyrut e i tre affreschi sulle pareti rappresentano partendo da sinistra La Liberazione di Pietro dal carcere di Gerusalemme per opera dell'angelo, Eudocia che riceve le catene da Giovenale e infine Eudossia che mostra le catene al Papa. Al centro della volta abbiamo un affresco di stile barocco di Giovanni Battista Parodi (1706) che rappresenta un fatto accaduto nel 969 d.C. Un conte al seguito dell'Imperatore Ottone I di Sassonia viene liberato dal demonio che si era impossessato di lui al contatto con le catene di San Pietro.
L'altare è di marmo ed è sovrastato da un ciborio di stile barocco. Al di sotto dell'altare stesso si trova la famosa reliquia delle catene all'interno di una teca chiusa con due portelle di bronzo dorato opera di Caradosso. Ai lati ci sono le statue di San Pietro e dell'Angelo Liberatore.
Di spessore sono anche alcune cappelle che custodiscono capolavori di importanti artisti. Possiamo citare il dipinto del Pomarancio con la Deposizione di Cristo dalla Croce nella navata sinistra, l'affresco della Liberazione di Pietro del Domenichino e la tomba dei due fratelli Antonio e Piero del Pollaiolo eseguita tra il 1498 e il 1510, decorata con le sculture che li rappresentano e arricchita da un dipinto di Antoniazzo Romano che ha raffigurato la processione del 1476 di Sisto IV per invocare la fine della peste a Roma.
La chiesa è poi conosciuta per la famosa tomba di Giulio II realizzata da Michelangelo, che originariamente doveva essere posizionata in San Pietro.
Il monumento non ha la forma e la struttura che era stato decisa dal primo progetto dettato da Papa Giulio II, ossia una tomba grandiosa a se stante cui girare intorno con un complesso di quaranta statue più grandi del naturale e il ritratto del Pontefice sulla sommità. Alla fine, dopo circa sei progetti, Michelangelo arrivò all'eta di settantacinque anni, ormai vecchio e provato dal lavoro, a completare la tomba insieme ad altri scultori. Questa non era sicuramente la volontà dell'artista, che da sempre aveva sognato di completare la tomba da solo. Sappiamo infatti che l'idea degli aiuti e di una scuola a lui non era mai piaciuta. Anche durante la realizzazione della Cappella Sistina aveva cominciato facendosi aiutare da alcuni garzoni, per poi allontanarli e continuare il lavoro tutto da solo. Purtroppo però le varie vicissitudini della sua tormentata vita, il cambiamento dei Papi e delle loro volontà e ultimo, ma non per importanza, la vecchiaia, non hanno permesso al maestro di completare la tomba secondo le sue totali condizioni.
Ad oggi la tomba è un complesso marmoreo addossato al muro che presenta solo tre statue di Michelangelo: il Mosè che terminò in un arco di tempo lunghissimo, quasi trent'anni e le due figure femminili di Rachele e Lia che incarnavano la vita contemplativa e la vita attiva. Tutte le restanti si basano su disegni del maestro ma furono realizzate da altri scultori minori.
Per sapere di più sulla tomba di Giulio II vi invito a leggere il mio articolo dedicato, che potete trovare qui sotto.
Federica Pagliarini