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Emozione Arte

Ai Weiwei torna a colpire a New York... con una tappa anche a Palermo!


Ai Weiwei torna di nuovo a colpire. Dal 12 ottobre 2017 all’11 febbraio 2018 a New York, verranno allestite delle installazioni che avranno come tematica il tanto attuale problema delle “barriere” anti-immigrati. A sostenere il progetto sarà la “Public Art Found”, un’organizzazione no-profit che sostiene gli artisti contemporanei negli spazi pubblici di New York. Saranno alcuni i luoghi scelti per le installazioni: la Doris C., Freedman Plaza a Central Park e il Collegio Cooper Union nell’East Village. Altri lavori saranno installati sulle pensiline delle fermate degli autobus. La critica è evidente. Ai Wei Wei si scaglia contro la politica xenofoba e isolazionista del presidente americano Donald Trump. Ancora non sappiamo bene come si presenteranno le installazioni e il progetto globale, ma la cosa certa è che avremo a che fare con filo spinato, quello che più di tutti evidenzia la condizione di isolamento dei profughi e l’idea di un muro divisorio. Conosciamo però il titolo dell’opera: “Good Fences Make Good Neighbors” (Buone recinzioni fanno buoni vicini), che altro non è che un verso di una poesia del poeta Robert Frost, intitolata “Mending Wall” e pubblicata nel 1914.

Sul sito abbiamo avuto modo di parlare tante volte dell’artista cinese, costretto a scappare dal regime comunista che non dava scampo alla sua famiglia (soprattutto al padre che era un poeta). Ai Wei Wei ha vissuto in prima persona le problematiche migratorie e le sente proprie. Sembra sentirsi quasi in dovere di difendere i diritti dei migranti e denunciare le politiche scellerate che vedono nell’innalzamento dei muri e nei fili spinati, la soluzione ai problemi.


Già avevamo parlato della sua mostra a Palazzo Strozzi a Firenze con i gommoni appesi sulle finestre e della sua installazione ancora presente a Praga, dove omini neri gonfiabili sono stati posizionati su un gigantesco gommone. Ma queste azioni non bastano ad Ai Wei Wei che vuole ancora far parlare di sé e mettere in primo piano una problematica che ormai coinvolge tutto il mondo, non solo l’Europa.

Prima di New York comunque, potremmo ammirare un’altra sua installazione a Palermo. Sarà allestita l’opera “Odissey”, che come sempre tratterà dei profughi. È un progetto di ricerca sui rifugiati iniziato nel 2015. È uno studio ponderato sui movimenti migratori, partendo dal passato molto lontano. Si parte dai movimenti di massa che c’erano stati nel Vecchio Testamento e così avvia una ricerca non solo storica ma anche iconografica. L’installazione sarà allestita allo spazio espositivo ZAC (Zisa arti contemporanee) a partire dal 23 aprile e coprirà una superficie di 1000 metri quadrati.

Gran parte della critica e delle persone comuni che hanno avuto a che fare con le sue opere, vedono l’artista come un venditore globale di se stesso che si fa trovare al posto giusto nel momento giusto. Quasi un venditore di sé quindi, che con l’arte e la politica sembra avere poco a che fare. Una mera icona del merchandising.

Voi cosa ne pensate?

Vorrei terminare con una frase dell’artista:

Il recinto è sempre stato uno strumento del vocabolario politico ed evoca associazioni con parole come “confine”, “sicurezza’, “vicino”, che sono collegati all’attuale contesto politico globale. Ma ciò che è importante ricordare è che, mentre le barriere sono state utilizzate per dividerci, come esseri umani siamo tutti uguali

Fonte: Artribune

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