Chi era Tommaso de’ Cavalieri e che ruolo ha avuto nella vita di Michelangelo Buonarroti? È nota la natura omosessuale del nostro artista e la figura di questo giovane ragazzo romano ne è una prova. Michelangelo si trovava a Firenze negli anni Trenta, per realizzare le tombe di Giuliano de’ Medici, duca di Nemours e Lorenzo de’ Medici, duca di Urbino, per volontà di Papa Clemente VII. Era ormai arrivato al loro completamento (anche se sappiamo non realizzò tutta la decorazione della Sagrestia Nuova della chiesa di San Lorenzo), quando la famiglia dei della Rovere si mise in contatto con l’artista per un nuovo accordo sulla continuazione dei lavori per la famosa e infinita tomba di papa Giulio II. Il nuovo contratto prevedeva che Michelangelo realizzasse sei statue nel giro di tre anni. Quindi dal 1532, Michelangelo si trattenne di più a Roma per la loro realizzazione. Sarà proprio in questo periodo che conoscerà il giovane nobile Tommaso de’ Cavalieri, che doveva avere intorno ai vent’anni (Michelangelo ne aveva cinquantasette). La sua bellezza lo colpì talmente tanto da realizzare per lui una serie di disegni, di cui parleremo. Bisogna comunque dire che Michelangelo tornò a Roma non solo per l’amore verso il ragazzo. Una ragione ben documentata è l’agitazione in cui versava Firenze, con il suo regime repressivo e il Sacco di Roma del 1527. Nonostante questo però, Roma si stava rinvigorendo. La volontà era elevarla a rango di capitale intellettuale, ricca d’arte e di cultura. Il 23 settembre 1534 Michelangelo si trasferì definitivamente nella città eterna e lasciò per sempre Firenze.
È stato rintracciato uno scambio epistolare tra Michelangelo e il giovane Tommaso. Purtroppo non tutto rimane, ma sono stati conservati una serie di disegni e poesie. Si tratta in particolare di tre disegni: la “Punizione di Tizio”, il “Ratto di Ganimede” e la “Caduta di Fetonte”. Lo stesso Tommaso de’ Cavalieri fa sapere a Michelangelo che i disegni erano piaciuti oltre che a lui, anche al Papa e al cardinale Ippolito de’ Medici. Tutta Roma ne aveva sentito parlare e voleva vederli.
Il tratto iconografico con cui sono stati trattati questi tre capolavori, fa capire cosa provasse il Buonarroti per il giovane Tommaso. Prendiamo il “Ratto di Ganimede”(1532), conservato all’Harvard University Museum e realizzato a carboncino. Quasi tutti conosceranno la storia di Ganimede, il giovane coppiere degli dei che venne rapito da Zeus, sotto forma di aquila, perché innamoratosi di lui. La storia fa parte dei cosiddetti “amori di Giove”, di cui realizzò una famosa serie Antonio Allegri, detto il Correggio per il duca di Mantova Federico Gonzaga, intorno alla metà del Cinquecento. La scena normalmente, vede Ganimede impaurito per l’improvviso rapimento da parte del rapace. In questo caso invece, Michelangelo rappresenta il giovane calmo, senza una minima espressione di paura sul volto. Anzi sembra quasi essere felice di questo rapimento, dato che il volto ha un’espressione che potremmo definire “compiaciuta”, di godimento. Il rapace, ossia Giove, prende Ganimede per le gambe e lo avvolge da dietro. Inoltre il sesso del giovane ragazzo è bene in vista, segno ancora di più del godimento sessuale.
Anche la “Punizione di Tizio” (1532), conservato a Windsor Castle, alla Royal Library, vede chiari elementi sessuali, legati all’amore erotico. Il tema affronta il castigo per il piacere carnale. Qual è la storia? Tizio era un titano che aveva osato violare la dea Leto, madre di Apollo e Artemide. La punizione fu esemplare. Venne ucciso e incatenato ad una roccia dove ogni giorno, due avvoltoi gli mangiavano il fegato che nell’antichità, si credeva sede delle passioni. Prima di tutto qui Michelangelo non rappresenta un avvoltoio, ma un’aquila, quindi un nobile rapace. Tizio è inoltre legato da lacci e non da catene che, alle caviglie, sono anche in parte sciolti. Cosa più interessante, Tizio non si difende dall’aggressione ma, come Ganimede, sembra cedersi al suo “carnefice”.
L’ultimo disegno di cui parliamo è la “Caduta di Fetonte”(1533), anche questo conservato a Windsor Castle, alla Royal Library. La storia ci è raccontata da Ovidio, nelle sue “Metamorfosi”. Fetonte era figlio di Apollo, a cui rubò il carro del Sole. Impulsivo e sprovveduto, fece cadere il cocchio, provocando l’incendio del mondo. Zeus alla fine scagliò un fulmine sul carro del sole facendolo cadere, insieme a Fetonte, nel fiume Eridano. Oggi questo fiume è noto come il Po e le sorelle di Fetonte, le Eliadi, vennero trasformate in pioppi come punizione per aver pianto per la morte del fratello e un amico di Fetonte, Cicno, venne trasformato in Cigno.
I disegni di Michelangelo conservati con questo soggetto, sono ad oggi quattro e tutti considerati di sua mano.
Dal punto di vista moraleggiante il disegno raffigura l’arroganza dell’amore di Michelangelo per essersi innamorato di un uomo più giovane di lui e di rango sociale più elevato. In questo modo l’artista, si è paragonato a Tizio e avrebbe rappresentato un gesto d’umiltà verso l’amato.
In uno dei quattro disegni della “Caduta di Fetonte!, quello della British, presenta in fondo al foglio una nota autografa di Michelangelo, in cui chiede al destinatario se il disegno sia di suo gradimento. Probabilmente si mise d’accordo con Tommaso sulla scelta e i particolari del soggetto e forse grazie a questi scambi di idee cambiò delle cose, come l’aquila che, nei disegni successivi, divenne più grande.
I tre disegni di cui abbiamo parlato, non sono gli unici realizzati da Michelangelo nell’arco della sua carriera. Prima di essi ne fece altri, ma questi ultimi possono essere considerati quelli con una forte carica erotica, mai vista prima. Ciò ha fatto appunto pensare alla valenza omosessuale di Michelangelo e all’amore verso Tommaso de’ Cavalieri (dato che erano stati inviati a lui).