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Emozione Arte

Hieronymus Bosch: arte tra il surreale e il demoniaco


La figura di Hieronymus Bosch è quanto mai problematica e ancora molto sconosciuta. Su di lui si è scritto tantissimo: pittore visionario, fantastico, magico, psicanalitico. Le sue opere infatti incarnano tutto questo, nonostante non si sappia ancora il perché realizzasse quadri del genere e su commissione di chi. La data di nascita è ipotetica, la si pone nel periodo che va dal 1450 al 1460. Il luogo di nascita è ‘s-Hertogenbosch, uno dei quattro capoluoghi del Brabante, nel sud dei Paesi Bassi. Da questo nome, tra l’altro, riprese il suo pseudonimo (Hieronymus Bosch). Il suo vero nome era infatti Jeroen Anthoniszoon van Aken.

La formazione è oscura, si ritiene però si sia istruito nella bottega del nonno: Jan van Aken, un artista di successo modesto, attivo a ‘s Hertogenbosch. Sono rimaste più o meno una cinquantina di opere (nonostante dalle fonti dovrebbero essere molte di più) e alcune ancora di dubbia attribuzione. Nel 1521, poco tempo dopo la sua morte, a Venezia, Marcantonio Michiel, intenditore d’arte, ammirò a casa del cardinale Domenico Grimani, tre opere di Bosch. Non sappiamo come giunsero lì, ma stupisce il fatto che già pochissimo tempo dopo la sua scomparsa, si provasse un grande interesse per questo tipo di pittura.

Dalle testimonianze lasciate dai cittadini del luogo, Bosch era stato un pittore amato in vita, quindi abbastanza famoso da far nascere un numero cospicuo di copie. Questo porterà delle difficoltà per attribuire la paternità delle sue opere.

Un suo grande estimatore è stato Filippo II re di Spagna. Acquistò infatti un buon numero di opere di Bosch, che prima appartenevano a Felipe de Guevara. Arrivò a collezionare circa trenta opere che poi saranno dislocate tra il Prado di Madrid e il monastero di San Lorenzo all’Escorial. A causa di vari incendi e distruzioni, si arrivò purtroppo a pochi esemplari rimasti.

Rimane da capire che cosa portò Bosch a realizzare quadri dove visioni oniriche e fantastiche sono le principali protagoniste. Intanto elemento di cui tenere conto, è la condizione sociale del periodo. Nacquero tanti movimenti religiosi sfocianti nell’eresia, grande importanza venne data all’alchimia e ultima, ma non per importanza, ci fu la crescita della magia nera. Tutte queste cose di conseguenza portarono le autorità locali a praticare uno spietato “terrorismo” psicologico nei confronti del popolo. Essendo vissuto in un periodo così oscuro, non appare più così strana l’iconografia delle sue opere. C’è chi sostiene abbia fatto parte del movimento religioso del “Libero Spirito”, visto dalla Chiesa come un movimento eretico. Inoltre si dice sia stato un estimatore della setta degli “Homines intelligentiae”. Questo potrebbe dare delle spiegazioni ad opere molto complesse come il trittico del “Giardino delle Delizie”. Nonostante tutto però, non c’è nessun documento che attesti il coinvolgimento dell’artista nella setta, anzi abbiamo la certezza della sua presenza nella Confraternita di “Nostra Diletta Signora”, che si dedicava ad opere caritatevoli e alla devozione del culto mariano. Stando così i fatti, pare strano che Bosch partecipasse a due movimenti religiosi così differenti.



La datazione del corpus delle sue opere è alquanto problematica, sia perché lui non ha lasciato date sui quadri, sia perché le troppe ridipinture effettuate nel corso dei secoli, hanno alterato la qualità originaria dei dipinti. In ogni caso, si è riusciti a stabilire un gruppo di opere giovanili, tra cui l’ ”Ecce homo”, conservato a Francoforte e datato all’incirca al 1476. La tavola vede già l’inserimento delle figure con volto grottesco che saranno tipiche di quasi tutte le opere di Bosch. Emblematica la figura di Ponzio Pilato che con la bocca aperta sta dicendo proprio “Ecce homo”. Interessanti sono le figure dei due donatori, cancellate dal pittore e riscoperte dopo un restauro (vediamo delle velature in primo piano). Importanti diventano i simboli. Una civetta si intravede nella fessura del muro laterale e si scorge un rospo sullo scudo di un soldato tra la folla. Saranno due simboli ricorrenti nell’arte del pittore brabantino e non bisogna leggerli solo come elementi esoterici. Il rospo compare sempre associato alle figure dei soldati, oppure ai carnefici, perché? Perché è stato da sempre un animale associato agli inferi per la sua capacità di secernere sostanze tossiche dalla pelle e per il suo aspetto disgustoso. La civetta ha invece un significato ambivalente. È un animale che sa orientarsi e vedere di notte e nell’iconologia classica è vista come simbolo della sapienza. Nella cultura popolare invece, proprio per il fatto che è un animale notturno, ha preso un’accezione negativa. Nei quadri del pittore compare sempre semi-nascosta e non è facile vederla subito. Per esempio nel pannello centrale del “Giudizio Universale” di Vienna è seduta su una grotta.


Un altro simbolo ricorrente è l’uovo, il cui significato è molto problematico. Nella tradizione classica si lega alla resurrezione di Cristo, per la mitologia è simbolo della genesi. Bosch però sembra utilizzarlo in modo molto diverso. L’uovo è pronto per essere cucinato, oppure uomini nudi cercano di entrare a suo interno. In questo modo sembrano rinnegare la nascita e voler invertire il processo della vita.

Ancora oggi purtroppo appare difficile dare delle spiegazioni alle iconografie del pittore Hieronymus Bosch a causa dei soggetti molto particolari e oscuri. La sua è un’arte fortemente moderna, vicinissima al surrealismo e alla psicoanalisi di Freud.

La sua morte sarebbe avvenuta il 9 agosto 1516 a s’Hertongenbosch.


"Ecce Homo" (1476) conservato a Francoforte

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