Rembrandt Harmenszoon van Rijn, è stato uno dei pittori olandesi più importanti del Seicento, il ritrattista più richiesto dalla popolazione olandese di quel periodo. Rimangono poche biografie su di lui: quella di Joachim von Sandrart (1675), artista e scrittore tedesco e quella dello studioso d’arte italiana Filippo Baldinucci (1686). Quella più lunga e particolareggiata è stata scritta invece nel 1718 da Arnold Houbraken. Per quanto riguarda documenti, ne rimangono pochi, semplici fatti senza nessun commento: acquisti di proprietà, sepolture e documenti legali.
Rembrandt è nato a Leida il 15 luglio 1606. Il padre era un mugnaio e la madre una sarta. Nonostante la loro condizione modesta però, la famiglia se la passava bene. Leida era in quel periodo una città in crescita, non al livello di Amsterdam, ma godeva di una parentesi di pace grazie alla Tregua dei Dodici Anni, con cui la Spagna riconobbe l’indipendenza olandese. Era il nono figlio su dieci avuti dalla madre (anche se ne sopravvissero solo sei). Ci ha lasciato un buon numero di schizzi e bozzetti, raffiguranti sicuramente il padre e la madre (che sopravvisse al marito dieci anni in più). Dei fratelli e delle sorelle invece sembra non averci lasciato nulla, o almeno non è giunto fino ai giorni nostri.
Tra tutti i membri della famiglia, Rembrandt era sicuramente il più dotato intellettualmente e per questo i genitori lo iscrissero alla Scuola Latina, all’età di sette anni. Qui imparò a leggere e tradurre il latino. Nonostante la sua bravura, non continuò gli studi, perché molto più affascinato dalla pittura. Infatti, già in giovane età, la passione e la vicinanza all’arte si mostrò in tutto il suo fervore. L’apprendistato lo svolse presso il pittore Jacob von Swanenburgh, che aveva soggiornato in Italia e aveva appreso l’arte dei maestri come Caravaggio. Non rimase tanto con lui e sembra che non siano arrivati quadri che richiamino il suo stile, o comunque non sono rintracciabili in nessuna opera giovanile.
È nel 1624 che comincia la sua fase più importante, presso lo studio di Lastman ad Amsterdam. Per la prima volta Rembrandt lascerà la città natale per recarsi nella capitale olandese e studiare presso uno dei pittori più bravi del momento. Nel suo studio si interessò ai temi tratti dalla Bibbia e imparò la mimica facciale da dare ai personaggi anche in episodi drammatici. Rembrandt è stato uno dei pochi olandesi che continuò a dipingere temi religiosi nei suoi quadri, anche nella sua maturità. Dopo questa seconda e più corposa fase di apprendistato, tornò a Leida con un grande bagaglio culturale e pittorico tale da non fargli temere rivali, anche perché, a parte il suo primo maestro van Swanenburgh, la concorrenza era poca. In questi anni ebbe i primi contatti con Jan Lievens, di un anno più giovane. Anche lui era andato a svolgere l’apprendistato da Lastman ad Amsterdam e come Rembrandt, tornò a Leida per mettersi in proprio. I due aprirono uno studio e lavorarono insieme. Nel 1628 Rembrandt cominciò ad accogliere allievi che, per tutta a vita, ebbe accanto a sé. Faceva copiare loro le sue opere, che poi venivano messe in vendita. E in questo periodo sviluppò nuove tematiche. Si perfezionò nel paesaggio, nelle nature morte e nella ritrattistica, suo marchio di fabbrica. Rimase con Lievens fino al 1631, poi il loro sodalizio si interruppe. Rembrandt però continuò a portare avanti il suo studio ricco di allievi. Le prime committenze di ritratti arrivarono dopo il matrimonio con Saskia, figlia di un ex borgomastro di Leeuwarden, nata nel 1612. A dieci anni la ragazza fu mandata ad Amsterdam e qui conobbe Rembrandt, che la ritrasse, per la prima volta, su un foglio di carta preparata con la punta d’argento. Al di sotto del ritratto a mezzo busto, il pittore ci fa sapere che Saskia aveva ventuno anni ed era sua promessa sposa. Un secondo ritratto del 1634, vede la donna nelle vesti di Flora. Indossa un vestito riccamente decorato con fiori e tiene in mano un bastone intrecciato con racemi vegetali. Sembra stia camminando e nel mentre si gira verso di noi come per dirci qualcosa. Forse sta svolgendo qualche rito panteistico. Grazie al matrimonio con Saskia, Rembrandt salì ulteriormente di scala sociale, dato che la famiglia della donna faceva parte di una delle classi più ricche e prospere del tempo. I due ebbero quattro figli, ma solo l’ultimo, Titus, sopravvisse. Gli altri tre morirono dopo poche settimane dalla nascita.
Torniamo adesso un attimo alla fase precedente al matrimonio, quando nel 1632 realizzò il famoso quadro “La lezione di anatomia del dottor Tulp”. Rembrandt era ad Amsterdam da Lastman e il ritratto era fronteggiato solo da due personaggi: Nicolaes Eliasz e Thomas de Keyser, molto più grandi di Rembrandt. Con questo dipinto il pittore si fece conoscere, perché il soggetto scelto era stato già usato in passato, ma in modi diversi. Prima si era soliti dipingere gli uomini in posa attorno ad uno scheletro, senza nessun tipo di narrazione. Rembrandt invece rende la scena più movimentata. Il maestro Tulp si trova al centro e sta mostrando ai suoi allievi la dissezione anatomica di un braccio. Gli uomini sono disposti intorno al tavolo e guardano interessati la lezione. Soprattutto le due figure in primo piano e più chinate verso il cadavere, hanno delle espressioni di straordinario stupore e curiosità. Tulp, era un personaggio davvero esistito. Figlio di un mercante di stoffe, è stato molto presto nominato “Praelector Anatomiae”, primo anatomista della Gilda dei Chirurghi di Amsterdam. Era quindi il più famoso del tempo. Non possiamo escludere che sia stato proprio lui a chiedere un ritratto in veste ufficiale a Rembrandt.
Dal 1631 Rembrandt andò ufficialmente a vivere ad Amsterdam e quello che sembrava essere un soggiorno di qualche mese, durò tutta la vita. Sopraggiunse poi il matrimonio e da qui una serie di commissioni di ritratti. Sarà stata sicuramente Saskia ad incentivare queste committenze, dato che, come abbiamo detto, proveniva da una famiglia benestante e probabilmente conosceva molti personaggi illustri e non. Nel 1634 eseguì il ritratto di Maerten Soolmans e la moglie Oopjen Coppit. Li dipinge a figura intera e su tele separate, anche se concepite in coppia. Soolmans porge la mano verso la moglie, con un guanto tra le dita. Oopjien si muove verso il marito, volgendosi verso lo spettatore con uno sguardo penetrante. Molto bello e quasi naturale, il ritratto “Un costruttore navale e la moglie” (1633), che raffigura i coniugi Jan Rijcksen e Griet Jans. Mentre il marito sta lavorando alla progettazione di un modello per una nave, la moglie irrompe nella scena, entrando dalla porta e porgendogli un biglietto o una lettera. L’istantaneità e la quotidianità della scena, è evidente dal gesto della donna che ha ancora la mano sulla maniglia della porta. Sembra quasi che Rembrandt sia entrato nella vita privata dei due coniugi e abbia scattato una foto. I suoi soggetti venivano da ogni classe sociale e credo religioso. In Olanda si professava maggiormente il calvinismo e dopo il Sinodo di Dort del 1618-19, l’avversità verso altri credi, era all’ordine del giorno. Il Sinodo di Dort combatteva la corrente religiosa dell’armianesimo che si scagliava contro le dottrine calviniste. Rembrandt non sembrava però preoccuparsi di ciò e ritrasse personaggi di ogni tipo. Lui era religioso, ma non sappiamo quale credo seguisse. Forse quello dei mennoniti, che si basava sul contenuto originale e letterale della Bibbia, escludendo ogni dogma fondato su eventi posteriori. Oltre alla religione, Rembrandt non sembrava preoccuparsi nemmeno delle classi sociali, ritraendo non solo uomini e donne benestanti, ma anche artigiani, come accadde con Herman Doomer e la moglie, nel 1640. Nati in campagna, Doomer era ebanista e corniciaio. Forse lavorò anche per il pittore fornendogli le cornici per i suoi quadri. Avevano sei figli e uno di loro probabilmente fu suo allievo quanto ritrasse i genitori. Più avanti, Rembrandt perfeziona la sua tecnica e la resa dei suoi modelli, i quali cominciano a diventare più riservati e a ridurre al minimo le espressioni e i movimenti. Le pennellate vanno da un impasto corposo a poco più che velature di colore, non segue il contorno della figura ma crea un’immagine morbida che si mescola così all’ambiente in cui è immerso. E questa sarà una delle caratteristiche più conosciute del pittore olandese, la sua firma.
Un’altra tecnica molto usata è stata il disegno e l’incisione. Si cimentò nella realizzazione di scene esterne, ma non solo. Anche la vita quotidiana era molto analizzata. Nonostante tutto, la pittura olandese aveva un profilo moraleggiante, ricca di simboli e allegorie. Due sono in particolare i disegni che lasciano trasparire dei risvolti moraleggianti: “Morte che appare a una coppia di sposi” e “L’Unità della Nazione” o anche detta “La Concordia dello Stato”. Nel primo disegno vediamo uno scheletro apparire ai due coniugi. Sembra si voglia sottolineare un’allegoria personale. Nel secondo ci sono riferimenti alla religione, all’ordine politico e alla potenza militare. Centrale la figura del leone coricato, simbolo dei Paesi Bassi e dietro di lui gli stemmi delle tre città dell’Olanda: Amsterdam, Leida e Haarlem. Lo scopo reale è però tutt’ora sconosciuto, ma può essere visto come simbolo di lotta politica tra l’Olanda e lo Stadholder, a causa dei tanti soldi versati da quest’ultimo per le campagne militari.
Saskia, la moglie di Rembrandt, morì nel 1642, dopo aver avuto quattro gravidanze travagliate, con ben tre figli morti. Rembrandt la raffigura in numerosi disegni e in tutti è evidente il suo stato di sofferenza e malattia. Dopo la sua morte, Rembrandt ha continuato a lavorare alacremente e proprio in questo momento comincia a sperimentare e a studiare il paesaggio. Dopo essersi trasferito nella nuova casa nella Breestraat, si interessa alla campagna e ai paesi limitrofi. Probabilmente era un modo per allontanare il dolore della morte della moglie. Guardare e sperimentare nuovi temi artistici lo faceva sentire vivo e pieno di voglia di fare. Fino al 1653 realizzò molte stampe e disegni a tema paesaggistico. Le due tecniche maggiormente utilizzate erano l’acquaforte e la puntasecca. Non sempre si atteneva alla realtà e in alcuni casi inventava. Era però molto attento all’effetto di profondità e di distanza, che studiava e ponderava quasi alla perfezione. Ci sono rimasti tanti disegni e incisioni che rappresentano paesaggi di diverse città olandesi e sono di conseguenza valide testimonianze dell’epoca.
Molto importanti sono anche i suoi autoritratti, che realizzò lungo tutto l’arco della sua carriera artistica. Il modo però cambiò nel tempo. Negli anni Cinquanta del Seicento i suoi autoritratti erano molto grandi e prendevano tutta la figura. All’inizio invece usava la sua figura come modello per altre ed erano sempre ritratti a mezzo busto. Non si conosce il motivo per cui Rembrandt si autoritraeva, quindi è ignota anche la loro interpretazione. Una cosa certa è che in Olanda in quel periodo l’autoritratto era un genere molto in voga e ne esistevano di due tipi: il pittore si raffigurava senza attributi, oppure si accompagnava a statue, libri e strumenti del mestiere. Rembrandt fa sicuramente parte della prima categoria, perché mai vediamo nei suoi autoritratti simboli o oggetti, nemmeno tavolozza e pennello. Sembra infatti essere stato più interessato alle espressioni del viso. Il volto lascia intravedere sensazioni ed emozioni a volte difficili da decifrare. Possono essere definiti quasi degli autoritratti psicologici, molto enigmatici. Ci sono rimasti circa cinquanta autoritratti e la cosa strana che sono o solo citati o addirittura ignorati dagli autori del Seicento. Nessuno compare nell’inventario dei beni del pittore.
Anche il nudo, realizzato sia in pittura che in disegno, è un’altra tematica rembrandtiana. Ci teneva così tanto, da tenere lezioni ai suoi allievi. Non viene però analizzata in modo accademico, anzi, se ne discosta in modo evidente. Voleva affermare la propria indipendenza. Rappresenta una realtà disadorna, senza grazia. Solo la “Danae” (1636-50) sembra avvicinarsi di più alla tradizione (Tiziano), questo perché è stato un quadro molto ritoccato negli anni da artisti successivi. Il culmine della tematica del nudo, la vediamo nel dipinto “Betsabea con la lettera di David” (1654). Qui ha raggiunto l’apice. Il quadro non è solo bello, ma riesce ad esprimere l’elemento cardine dell’innamoramento di David. La nudità tra l’altro è pudica, perché la donna ha un’umanità e un contegno mai viste prima. L’iconografia di Betsabea e della vecchia che le asciuga i piedi, proviene forse da un rilievo antico che rappresenta una sposa prima della notte di nozze.
Nel 1656 sopraggiunse la bancarotta. Rembrandt voleva vivere superando le proprie possibilità, comprando opere d’arte e disegni; era infatti un accanito collezionista. Tantissime delle sue opere finirono all’asta. Vendette il suo torchio da stampa e anche la propria casa, trasferendosi in una zona più economica e modesta. Nel 1661 ricevette il suo ultimo incarico pubblico: le decorazioni del palazzo comunale, ma morì prima di poterlo terminare. Era il 4 ottobre 1669. Dopo la morte della moglie Saskia, ebbe una relazione con Hendrickje Stoffels, più giovane di lui che prese come balia per il figlio Titus. Morì prima di Rembrandt, probabilmente di peste, nel 1663.