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L’archeologia oggi, tra scoperta e innovazione: la Mostra al Museo Egizio di Torino


Se pensate che tutti gli archeologi siano studiosi esperti di lingue antiche, vestiti con pantaloni color kaki e cappello a falda larga, vi sbagliate. L’Indiana Jones moderno è ancora dotato di passione, perseveranza e di un pizzico di follia, ma è una figura sempre più trasversale, con competenze scientifiche ed informatiche sempre più spiccate. È un «protettore della cultura», pronto a integrare le ultime innovazioni tecnologiche con le sue conoscenze teoriche: consapevole della limitatezza della propria mente, ha imparato ad affidarsi in parte alla scienza, rendendosi sempre più «multitasking».



Possibile allora che, seppur in presenza di un’evoluzione così marcata della figura dell’archeologo, non si sia ancora trovato un modo per conservare efficacemente i reperti? L’entropia è destinata a distruggerli inevitabilmente, giorno dopo giorno? Senza lasciarsi coinvolgere da scenari catastrofici, è tuttavia necessario riflettere sulla questione. Quello che noi oggi possiamo ammirare nei musei del mondo potrebbe non essere fruibile dalle generazioni future. Anche se la mente corre alle distruzioni in Medio Oriente, non è necessario spingersi così lontano: il degrado e l’incuria in cui versa il patrimonio italiano sono, purtroppo, un ottimo esempio. L’indole umana però sembra essere incline alle preoccupazioni solo quando i disastri sono già avvenuti. Lasciamo, dunque, che sia il passato ormai decaduto a parlarci, ascoltiamone l’appello, lanciato fino al 9 settembre 2018 presso il Museo Egizio di Torino nella mostra dal titolo “Anche le statue muoiono”. Si tratta di un ampio progetto che ha coinvolto, in tutto, tre sedi, tra cui la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo e i Musei reali di Torino: viene proposta, declinata secondo diverse prospettive, una riflessione sul valore delle opere d’arte in un’epoca piena di conflitti e contraddizioni, come quella odierna. Il percorso espositivo del Museo Egizio si articola in modo arioso, permettendo al visitatore di osservare con attenzione gli oggetti, posti per lo più uno di fronte all’altro, come in un vero e proprio dialogo. Generalmente un’opera antica è collocata al cospetto di una moderna, con lo scopo di stimolare la riflessione dell’osservatore. Il passato sembra parlare al presente, ricordandogli come potrebbe diventare qualora la tutela e la conservazione non intervenissero. Ad installazioni fisiche si alternano filmati d’autore, che coinvolgono il visitatore con immagini e suoni evocativi e proprio per questo motivo, sono considerati e trattati come veri e propri capolavori artistici. Si tratta di un approccio indubbiamente innovativo, dal momento che non è usuale trovare opere di arte moderna in un Museo, come quello Egizio, deputato esclusivamente alla conservazione di reperti antichi. «Per il Museo Egizio l’inaugurazione di questa mostra rappresenta un segnale di apertura verso altri linguaggi artistici, in questo caso quelli dell’arte contemporanea, a testimonianza di un approccio che vuole questo Museo disponibile a ogni tipo di dialogo» afferma Evelina Christillin, presidente della Fondazione del Museo Egizio di Torino. Anche i Musei stanno oltrepassando le rigide divisioni e le etichette poste in passato: l’arte deve essere tutelata indipendentemente dal periodo cui appartiene. E se potessimo salvare tutte le informazioni in un database, così da poter ricreare all’infinito le opere d’arte esistenti? Prendiamo spunto dalle creazioni di Morehshin Allahyari: dentro a riproduzioni degli oggetti distrutti stampate in 3D in materiale plastico, l’artista ha inserito chiavette usb con tutti i dati disponibili relativi a ciascun pezzo. Dobbiamo farci trovare pronti dal futuro: in un mondo sempre più veloce e interconnesso è forse necessario talvolta soffermarsi a considerare la direzione verso cui stiamo andando. Perciò, Riflettiamo.


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