La decorazione in stucco è stata introdotta molto probabilmente a Roma e nell’Etruria dall’Oriente ellenistico e raggiunge il suo maggiore sviluppo in età augustea, continuando fino all’età antoniniana. Gli stucchi vengono utilizzati sia negli edifici imperiali sia nei sepolcri. Un esempio di uso di decorazione interamente in stucco e molto raffinata è fornito dal mausoleo ipogeo al IV miglio della Via Latina, in località Quadraro, e fornisce un esempio delle sepolture di età augustea oltre che un assaggio del livello tecnico delle maestranze di I sec. a.C.
Il termine “Mausoleo” deriva da Mausolo, re dell’Asia Minore che si fece costruire nel IV sec. a.C. il cosiddetto Mausoleo di Alicarnasso. La forma del mausoleo, a pianta circolare, viene ripresa a modello proprio da Augusto nel suo mausoleo a nord nel Campo Marzio e diventa molto frequente nei sepolcri privati. Nel 1992, presso l’Acquedotto Claudio, venne alla luce in una campagna di scavi preventivi per la ferrovia Roma-Ciampino, un mausoleo ipogeo scavato nel tufo e coperto da un apparato decorativo in stucco. Questo venne tenuto aperto per 24 ore per permettere la documentazione e subito richiuso per evitare danni e, a causa dell’area a rischio, verrà spostato al Museo Nazionale Romano, per renderlo visitabile.
La tomba è scavata nel banco tufaceo grigio, detto di Villa Senni, a camera rettangolare, lunga 1.8 m. e larga 6, orientata in senso NO-SE, e circondata da un recinto in opus reticulatum rivestito di intonaco. L’ingresso con scala si apre nell’anticamera e si affaccia a SO sulla Via Latina, facendo pensare a un ingresso monumentale. L’anticamera e la camera sono coperte da una volta a botte e sul suolo sono presenti i basamenti per le urne e ad est un acrosolio che doveva ospitare un sarcofago.
Entrando si accede nell’anticamera, caratterizzata da una volta a botte con 5 fasce decorate e sul fondo una lunetta con due pavoni ai lati di un cratere.
Sul lato ovest si nota una fascia incorniciata da un kyma lesbio trilobato con un bucranio stilizzato e due taeniae e un’altra incorniciata da un kyma ionico, in cui compaiono due quadretti, uno con Demetra e la figlia Kore, e uno con Dioniso e Demetra, e le tracce di un terzo. La raffigurazione di Demetra e Dioniso è un collegamento delle due divinità con il mondo dei morti e con i culti misterici di origine greca di valore salvifico, culti di cui i proprietari dovevano essere seguaci.
Il fregio del lato est è circondato da un kyma lesbio trilobato con un lungo festone di foglie e una fascia con due scene, la prima con una figura femminile e una maschile e, la seconda, con due figure in pessimo stato.
A una decorazione dell’anticamera rapida e impressionistica si contrappone quella della camera, più accurata e plastica.
Nel lato sud sono presenti due lesene angolari con capitelli “a sofà” ornati da foglie di acanto, che incorniciano una falsa porta, presente anche nel lato occidentale, e kyma lesbio trilobato: lo stile ricorda il “primo stile” delle case pompeiane, mentre la falsa porta sembra richiamare le finte architetture del mondo ellenistico. Sopra vi è una lunetta con due grifoni in posizione araldica ai lati di un idria campaniforme con coperchio a cuspide.
In quello nord è presente una lunetta con una pantera che affronta un cratere a volute, mentre in quello orientale un amorino nudo stringe nelle mani un festone e una ghirlanda avvolge due clipei con immagini di defunti (non ben conservati), quella maschile circondata da una corona di quercia e quella femminile da una corona di mirto.
La volta a botte è divisa in sette fasce separate da cornici, con un alternarsi di kyma ionico e kyma lesbio trilobato o continuo: nella prima, da est, vi sono tre bucefali, un bucranio stilizzato e una ghirlanda con foglie di quercia e grappoli; la seconda presenta clipei con rosette uniti da festoni con foglie di quercia e mirto; la terza è occupata da un festone con foglie di alloro che inquadra bucrani; da ovest vi sono due fasce con bucrani e bucefali, intervallate da una con festoni e clipei.
La decorazione del mausoleo rappresenta un unicum senza confronti, con un riempimento degli spazi che segue la moda ellenistica, e ottimi effetti chiaroscurali: per tutti i suoi aspetti decorativi il monumento è inseribile nella prima metà del I sec. a.C., probabilmente una delle prime testimonianze di decorazione in stucco a Roma.
La tradizione è quella ellenistica, ma la rivisitazione in ambito romano è palese, e certi elementi risultano innovativi, come l’accostamento delle divinità di Dioniso, Demetra e Kore nell’anticamera, con un’allusione al mondo religioso eleusino.
I motivi utilizzati acquisiscono un valore simbolico, un’aspirazione dell’uomo alla sopravvivenza dell’anima dopo la morte in un aldilà di beatitudine, in cui il defunto entra in contatto con le divinità. I grifoni e l’alloro richiamano Apollo, la quercia Giove e l’immortalità, le ghirlande i decori degli altari, l’uva Dioniso e la gioiosa vita nell’aldilà, i bucrani il sacrificio, Demetra la rinascita dopo la morte: tutto si lega alla sfera sacrale e alla speranza che, lasciando il corpo, l’anima possa innalzarsi libera e felice in un mondo luminoso.