Nella parte meridionale dell’Elide, ai piedi del monte Kronion, si staglia il santuario panellenico di Olimpia, luogo di aggregazione e, a partire dal 776 a.C., sede delle celebri Olimpiadi.
La monumentalizzazione del complesso avvenne gradualmente, ma qui non parleremo delle molteplici fasi del santuario, la cui vita ebbe inizio tra il X e l’VIII sec. a.C. con il culto eroico in onore di Pelope, venerato nel Pelopion, ma voleremo direttamente alla fase centrale di V a.C. con la costruzione del monumentale tempio di Zeus.
In questo secolo, quando l’importanza del santuario di Olimpia è al culmine, tra il 470 e il 456, viene eretto uno dei più grandi templi della Grecia continentale, dedicato al padre degli dèi: costruito in calcare, con tetto in tegole di marmo e decorazione scultorea sempre in marmo, è di ordine dorico, periptero (circondato da un portico di 6×13 colonne), scandito in pronao, cella suddivisa in tre navate, ed opistodomo. Nella parte terminale della cella, fulcro del tempio, era collocata la statua crisoelefantina di Zeus, realizzata ad opera di Fidia, di cui oggi restano solo le tracce della base su cui poggiava.
Del ciclo figurativo è lo storico Pausania a parlarci con dovizia di particolari, della descrizione della maestosa statua di Zeus, di quella dei ricchi frontoni del tempio, quello orientale rappresentante la saga di Pelope e quello occidentale la lotta tra Lapiti e Centauri durante le nozze di Piritoo, fino ad arrivare alle dodici metope che decorano il pronao e l’opistodomo, narranti le 12 fatiche di Eracle.
A cosa si doveva la presenza di questo eroe, le cui fatiche vengono scolpite con grande attenzione e precisione?
Il santuario di Olimpia celebra più figure, andando dal figlio di Tantalo, Pelope (sconfisse il re Enomao durante una corsa coi carri e ottenne la mano di Ippodamia), eroe del Peloponneso, celebrato nel frontone orientale del tempio di Zeus e il cui culto fu il primo ad essere celebrato nell’area sacra, Zeus, padre di tutti gli dèi, a cui viene dedicato il tempio principale e che, divinità centrale e simbolo del destino, domina al centro del frontone est, e Eracle che, oltre ad essere figlio dello stesso Zeus, istituì i tanto celebrati giochi olimpici.
Proprio a questo eroe vengono dedicate le splendide 12 metope del tempio, 6 per il pronao e 6 per l’opistodomo, completate probabilmente intorno al 460 a.C., prima scolpite a terra con un forte rilievo che raggiunge i 30 cm. e poi collocate.
Benchè divise tra pronao e opistodomo, le metope hanno il medesimo tema, quello delle 12 fatiche, narrate singolarmente. Figlio di Zeus e Alcmena, secondo la mitologia, Eracle, eroe e semidio dotato di una forza sovrumana, compì meraviglie, partecipò alla spedizione degli Argonauti e venne costantemente perseguitato da Era, moglie di Zeus, gelosa delle molteplici amanti e dei molteplici figli del marito, la quale, in combutta con Lissa, la Rabbia, lo fece impazzire e, in preda al furore, costui uccise addirittura la moglie Megara e i suoi otto figli. Tornato in sé, meditò il suicidio ma l’amico Teseo riuscì a farlo desistere ed Eracle si recò a Delfi per chiedere all’oracolo il modo in cui poter espiare tutti i suoi peccati e trovare un po’ di pace per il suo animo (il tutto fu spunto per il tragediografo Euripide nella sua celebre tragedia). L’oracolo lo costrinse a mettersi al servizio del re Euristeo ed è qui che questi gli ordinò di affrontare le famosissime 12 fatiche, simbolo della lotta tra l’uomo e la natura, con la conseguente vittoria del primo che riesce a domare la seconda.
Pausania, nel libro V della sua Guida della Grecia sull’Elide e Olimpia, descrive i soggetti delle metope partendo dal lato orientale e andando da sinistra verso destra: sul lato orientale si succedono la cattura del cinghiale di Eurimanto, la cattura delle cavalle di Diomede, la cattura dei buoi di Gerione, Eracle e i pomi delle Esperidi, la cattura del cane infernale Cerbero e la pulizia delle stalle di Augia; sul lato occidentale si succedono la cattura del leone di Nemea (la prima fatica dell’eroe che, da quel momento in poi, si rivestì della pelle del leone), uccisione dell’Idra di Lerna, Eracle e gli uccelli stinfalidi, Eracle e il toro di Creta, la cattura delle cerva di Cerinto e, infine, la conquista del cinto di Ippolita, regina delle Amazzoni.
Studiando attentamente le metope si è notato che sia Eracle sia Atena, la dea della sapienza che, in alcune scene e imprese, accompagna l’eroe, subiscono un’evoluzione. Eracle passa da un atteggiamento di incertezza, come si può notare nella metopa con la prima fatica della cattura del leone di Nemea, in cui appare pensieroso e stanco, a un atteggiamento più eroico nelle successive imprese, come in quella della pulizia delle stalle di Augia, in cui l’eroe, fieramente, compie il suo dovere, conscio della sua forza. Atena, nelle stesse metope appena prese in esame, passa dall’essere una più giovanile e semplice osservatrice al presentarsi come dea matura, attiva e una guida per l’eroe.
Eracle, iniziatore delle prime Olimpiadi e figlio del grande e potente Zeus, eroe vicino agli uomini, semidio invincibile, ma, allo stesso tempo, perseguitato dagli dèi e dalla sorte, diventa, in queste preziose e accurate metope, simbolo della vittoria dell’umanità sulla natura selvaggia, rendendo ancora più maestoso il tempio di Olimpia e continuando a ricordare ai Greci la loro vittoria sui Persiani: i Greci come Eracle vittorioso e i Persiani come natura domata.