Dall’ 11 agosto a S. Pietro in Bevagna, in provincia di Taranto, la squadra del Professor Mario Lazzarini si sta dedicando a una nuova scoperta. Sono infatti stati ritrovati i resti di un quello che sembrerebbe un antico molo romano. Lo scopritore del sito, Fabio Matacchiera, presidente del Fondo antidiossina onlus di Taranto, ha provveduto immediatamente a consultarsi sia con gli archeologi subacquei della zona sia con Giuliano Volpe, professore ordinario di archeologia presso l’Università degli Studi di Foggia. Un team vario e specializzato nel settore. Da una prima analisi delle fotografie aeree e subacquee è stato ipotizzato che il molo fosse lungo circa 240 metri e largo circa 20. I blocchi da cui era costituito hanno forma parallelepipeda e risultano, ancora oggi, ben allineati. L’intera struttura è stata rinvenuta a 7 metri di profondità.
Al di là della indubbia importanza rivestita dalla recente scoperta in campo archeologico, l’avvenimento permette di considerare da vicino un settore sconosciuto ai più. L’archeologia subacquea infatti è oggi un vero e proprio campo di ricerca e non costituisce più soltanto una delle tante tecniche di indagine applicabili su un sito. Essa unisce infatti le conoscenze teoriche di ambito storico a quelle più spiccatamente scientifiche. Oltre a questo, non va trascurata la preparazione fisica degli specialisti, indispensabile per procedere all’esplorazione dei contesti. E non ci si occupa più unicamente di siti marini, ma anche lacustri, lagunari e fluviali. Si aggiungono, poi, le esplorazioni di pozzi e ipogei. Negli ultimi anni, grazie ai rapidissimi progressi tecnologici, è stato possibile arrivare a documentare fondali posti a migliaia di metri sotto la superficie. Le informazioni ricavabili da questo tipo di ricerca sono moltissime e non soltanto afferenti alla storia dei popoli, ma anche relative alla geostoria di un luogo, all’evoluzione della sua biodiversità, etc… Certamente, bisogna considerare che le difficoltà operative sono spesso ingenti e questo può rendere le indagini particolarmente problematiche. Una volta recuperato il reperto, infatti, devono essere messe in atto particolari accortezze: un accurato restauro seguito da una conservazione adeguata per la tutela del pezzo. Non dimentichiamoci, però, che la scoperta subcquea più famosa fino ad oggi, i Bronzi di Riace, hanno gettato luce su moltissimi aspetti del V secolo a.C.