“Mirone (…) fece un Discobolo [“lanciatore del disco”] di bronzo, in posizione contorta e ricercata, piegato nella posizione del lancio, con la testa volta verso il disco che tiene in mano, un po’ piegato sulle ginocchia, che pare debba rialzarsi dopo il lancio.”
Questo l’argomento di oggi.
La Beozia, Atene e Roma i luoghi in cui andremo a muoverci.
Chi non conosce e non ha mai visto il famoso Discobolo di Mirone? Ma siamo sicuri che tutti conoscano la sua storia e la sua importanza all’interno della grande statuaria classica?
L’autore è Mirone, un artista nato in Beozia e attivo ad Atene negli anni centrali del V sec. a.C., nel periodo del cosiddetto “stile severo” immediatamente precedente alla grande età classica, un artista particolarmente interessato al movimento come testimoniato dalle sue opere e in primis dal Discobolo stesso. Ma di queste stesse opere nessun originale è giunto fino a noi ed è ai copisti romani che dobbiamo le copie dello scultore giunte sino a noi.
Una delle migliori repliche del Discobolo è la copia Lancellotti (Palazzo Massimo, Museo Nazionale Romano) che deve il suo nome alla famiglia che l’acquistò e la rinvenne a Roma in una delle ville urbane della famiglia imperiale nell’area degli Horti Lamiani sull’Esquilino.
Risale al II sec. d.C. ed è realizzata in marmo mentre l’originale, eseguito poco prima della metà del V sec. a.C., era in bronzo: questo è confermato dal fatto che sono presenti un tronco di palma con funzione di sostegno e un puntello che collega la mano sinistra al polpaccio destro, entrambi non presenti nell’originale. Mentre infatti nella copia in marmo i sostegni sono fondamentali per creare una base di appoggio più larga e per soddisfare esigenze di staticità, nell’originale in bronzo il problema era risolto con l’eventuale riempimento, all’interno della statua cava, di contrappesi nascosti, per raggiungere l’equilibrio statico desiderato e supporti esterni non risultavano necessari.
Ma andiamo ora a guardare meglio quest’opera.
Tra la resa accurata della muscolatura, le vene in evidenza e i capelli a formare una calotta compatta caratterizzata da piccole ciocche cesellate finemente, il volto ovale, seguendo la tradizione dello stile severo del periodo, risulta idealizzato, senza mostrare minimamente lo sforzo fisico a cui il giovane è sottoposto.
Il giovane atleta è colto nell’atto di caricare il lancio del disco tenendo questo nella mano destra: il corpo si raccoglie su se stesso, sta compiendo una semirotazione prima di scattare e il peso è tutto sulla gamba destra; il braccio destro è sollevato e all’indietro, il sinistro abbassato e il torso, piegato in avanti e con i muscoli contratti, ruota verso la sua destra seguendo il gesto del braccio, compiuto anche dalla testa.
La scultura viene così ad articolarsi in due linee, la prima un grande arco che va dalla mano destra che regge il disco al tallone del piede sinistro flesso (sembra un arco che si tende e si carica di energia) e la seconda una sorta di “S” che va dalla testa al tallone del piede destro poggiato a terra (fa da appoggio all’arco, gli dà una forza visiva uguale e contraria e ripristina l’equilibrio).
Si assiste qui alla realizzazione dell’armonia delle forme attraverso la novità del controllo delle forze attraverso l’equilibrio raggiunto tra forze uguali e contrarie. La vera novità è dovuta al fatto che le statue “cominciano a muoversi” dopo una fase precedente in cui i kouroi, i giovani statici e con un piede portato avanti, chiaro richiamo alla statuaria egiziana, risultavano fermi, immobili e senza movimenti che modificassero il loro corpo: da questo cambiamento deriva la riorganizzazione dell’equilibrio del corpo che adesso viene sconvolto e deve essere ripristinato.
Ed è proprio con Mirone che avviene il balzo in avanti della scultura greca, un balzo estremamente difficile da compiere ma raggiunto dall’artista tramite la realizzazione di statue in bronzo, riempibili quindi di contrappesi nascosti.
Il risultato è una statua in cui la visione frontale è quella più interessante per lo scultore e in cui, se vista di profilo, risulta quasi schiacciata su un unico piano, in quanto non vi è stato ancora il concepimento della visione tridimensionale.
Al contempo quello che interessa a Mirone non è rappresentare la realtà ma cogliere l’attimo, in questo caso quello precedente al lancio del disco, sospeso attraverso la costruzione geometrica appena delineata: in una combinazione di arco e “S” l’atleta viene rappresentato fermo in un movimento che si sta compiendo e di cui non vedremo la conclusione pur sapendola.
In un’istantanea concepita per essere vista lateralmente e in cui tutte le parti risultano visibili e schiacciate quasi su un unico piano, il giovane si rannicchia per prendere lo slancio, accumula forze e sta per liberare tutta la tensione nel giro su stesso precedente al lancio del disco.
Pietra miliare nello sviluppo della grande statuaria classica il Discobolo di Mirone apre la strada agli sviluppi dell’età successiva, combinando in un’unica opera la passione greca per i giochi olimpici, l’interesse per il movimento, la rappresentazione ideale e perfetta del corpo umano e la calma imperturbabile che traspare dai volti e rende i mortali simili agli déi, fermandoli in un istante nell’eternità.