12 d.C.
Siamo all’epoca di Ottaviano Augusto, negli ultimi anni del suo principato, anni in cui Roma ha trovato la pace nella guida di un solo uomo, anni in cui si vive una nuova Aurea Aetas, una nuova età dell’oro.
Cosa vuol dire ciò per l’arte? Vuol dire che anche la produzione artistica, attraverso realizzazioni eleganti, preziose, rese ancora più pregiate dai materiali usati, vuole essere piena dimostrazione della felicitas di questi tempi, testimonianza del benessere portato dal dominio di Augusto. Ecco quindi ceramiche raffinate, gemme e cammei preziosi che mostrano tutta la prosperità arrivata sotto la guida di un tale uomo. E lo stile? Lo stile che viene a delinearsi è detto “Neoattico” ed è caratterizzato dall’utilizzo del naturalismo ellenistico che viene a porsi al servizio dell’arte ufficiale. Ciò vuol dire che tutto grida il nome di Augusto, che tutto lo ricorda e celebra, sia in ambito pubblico che privato. Ed è proprio di un oggetto di uso privato che andremo a trattare oggi.
L’oggetto in questione è la cosiddetta Gemma Augustea, un cammeo realizzato appunto per celebrare la potenza, la pace e la prosperità che la casa di Augusto donava alla Terra. Realizzato in onice, con dimensioni di 19×23 cm, viene inciso tra il primo e il secondo decennio del I sec. d.C. (probabilmente tra il 10 e il 12 d.C.), dall’artista greco Dioscuride, scultore di gran fama, intagliatore personale di Augusto e maestro d’arte della dinastia giulio-claudia o, secondo altre versioni, da uno dei discepoli della sua scuola.
Possibile creazione di uno dei maggiori esponenti greci del neoatticismo augusteo la Gemma, realizzata in occasione del trionfo tributato a Tiberio, erede di Augusto, nel 12 d.C., dopo i successi ottenuti sui Dalmati e i Pannoni, a seguito della rivolta del 6-9 d.C., e sui Germani, ribellatisi sempre nel 9 d.C., è oggetto di tre ipotesi relative al suo possessore: un membro della famiglia imperiale (l’ipotesi più accreditata), una ricca famiglia provinciale legata alla dinastia regnante o un qualche sovrano di un regno cliente di Roma a cui era stata inviata in dono.
Chiunque fosse il suo destinatario il cammeo da Roma è arrivato al Kunsthistorisches Museum di Vienna, dove si trova oggi, passando dalla corte di Bisanzio alla Francia, dove poi se ne persero le tracce intorno al 1590, fino alla sua vendita nel XVII sec. a Rodolfo II d’Asburgo, imperatore del Sacro Romano Impero.
Composta da uno strato bianco e da uno di colore marrone-bluastro, per mettere ancora più in risalto i dettagli delle figure rappresentate, con uno spessore di poco più di 1 cm, è suddivisa in due fasce, una superiore e una inferiore.
In quella superiore, verso destra, si staglia l’imperatore Augusto seduto in trono con in una mano lo scettro e nell’altra il lituo, lo strumento sacro degli auguri, mentre, raffigurato come Giove Capitolino, con il torace nudo e una veste panneggiata dai fianchi in giù, viene incoronato da una figura femminile che si intravede alle sue spalle, identificabile con Oikoumene (Ecumene), personificazione del potere universale e del mondo abitato, entrambi nelle mani del princeps.
Quest’ultima indossa una “corona muraria” e un velo e incorona Augusto con una “corona civica” di foglie di quercia, per celebrarlo come salvatore dei cittadini romani. Sia la corona di foglie di quercia che l’aquila posta sotto il trono, entrambi simboli di Giove, lo accostano al padre degli dèi, ma da ricordare è che Augusto, malgrado accettasse e incoraggiasse la sua venerazione nelle provincie, non permise di essere venerato dentro Roma come un dio: questo conferma di certo l’uso della Gemma esclusivamente in ambito privato, non pubblico e con intenzioni propagandistiche, con la rappresentazione del princeps come un dio secondo l’usanza orientale, lontana da Roma e dalle usanze del Mos Maiorum.
Proseguendo sulla destra sono raffigurate altre due personificazioni, quella di Nettuno e della Terra che rappresentano il regno dell’acqua e della terra, dominati entrambi da Augusto, circondati da bambini che potrebbero simboleggiare le stagioni.
Seduta accanto all'imperatore, a sinistra, vi è la personificazione di Roma, che indossa un elmo e tiene una lancia nella mano destra mentre la sinistra tocca delicatamente l'elsa della sua spada, forse per mostrare che città è sempre pronta a combattere una nuova guerra. Tiene il piede sopra uno scudo delle popolazioni conquistate insieme ad Augusto e guarda quest’ultimo con ammirazione (per alcuni mostra qualche somiglianza con la moglie dell'imperatore, Livia Drusilla). Tra Augusto e Roma si staglia in un tondo il simbolo dello Capricorno, caro allo stesso imperatore e forse ricordo della sua incoronazione il 16 gennaio del 27 a.C., nella costellazione del Capricorno.
Seguono altre tre figure, quella in uniforme militare del giovane Germanico, nipote prediletto di Augusto, e quelle del successore Tiberio che, in toga, simbolo di civiltà, pace e vittoria, a seguito delle rivolte appena sedate e vinte, scende dal carro del trionfo in compagnia della dea Vittoria per recarsi dall’imperatore.
Nella fascia inferiore si osserva a sinistra il montaggio da parte dei soldati romani di un trofeo di guerra con le spoglie dei nemici sconfitti, i Pannoni, i Dalmati e i Germani, mentre sulla sinistra sono presenti altri prigionieri di guerra: tra queste varie figure si stagliano dei personaggi che sembrano essere delle divinità, tra cui Diana e Mercurio sulla destra e Marte sulla sinistra.
Eseguito con maestria e una tecnica che ne fa un perfetto esemplare dello stile neoattico la Gemma Augustea glorifica Augusto e la dinastia giulio-claudia e allo stesso tempo celebra con potenza Roma e l’Impero Romano destinati a fiorire da quei germogli appena piantati dal princeps.