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Il tema della salvezza e il ricongiungimento dell’anima con Cristo: i sarcofagi cristiani


“Non dire poveretto, perché io sono felice: vado incontro a Cristo”

Oggi andiamo ad esplorare il mondo dei sarcofagi cristiani, che tra la fine del III e l’inizio del IV sec. d.C. cominciano a proliferare nell’arte romana, combinandosi e sostituendosi a quelli a temi mitologico che avevano caratterizzato il periodo precedente.

Partiamo!

A partire dall’età tetrarchica e costantiniana, tra i secoli appena indicati, viene a consolidarsi e a diffondersi sempre di più nel mondo romano la religione cristiana. Sempre più numerosi diventano gli esemplari di sarcofagi con temi cristiani mentre, precedentemente, a partire dalla metà del III sec. d.C., periodo in cui i primi tentativi di dare un’espressione visiva ai concetti della fede cristiana sono sempre più presenti, può capitare di trovare esempi con immagini giudeo-cristiane, connesse ai simboli di felicità e pace, come si può vedere nel sarcofago di Santa Maria Antiqua, realizzato prima dell’ondata di opere cristiane.

In questo caso in particolare iniziano a svilupparsi le prime tematiche del nuovo credo, lontane da quelle dei sarcofagi pagani: da un lato i due coniugi defunti non vengono esaltati tanto solo per il loro rango sociale, ma anche per le loro qualità più nascoste, quella della donna come un’anima orante e in preghiera, in perfetta comunione con Dio e quella dell’uomo come un’anima riflessiva (simile ai filosofi delle tombe pagane) che con la cultura arricchisce se stessa e il proprio rapporto con Cristo; dall’altro aumentano le immagini che si riferiscono a scene del Vecchio Testamento, come la storia di Giona col suo salvataggio (l’iconografia si riallaccia a quella pagana del giovane Endimione dormiente, simbolo di una resurrezione dopo la morte, e a Gesù stesso), come la figura del Buon Pastore, raffigurazione di un Dio buono e pastore di anime, e del suo battesimo, ennesimo segno di speranza e resurrezione dopo la morte.



Nei primissimi esemplari le tematiche cristiane sono per lo più subordinate ad altri temi, in posizioni marginali e accanto a immagini più consuete, come stagioni, scene di banchetto, pastori e filosofi, in una dimostrazione, da parte dei cristiani, di non volersi discostare del tutto dall’iconografia tradizionale, utilizzandola per esprimere il proprio pensiero e la propria visione (ecco per esempio apparire il tema di Giona, che riprende l’immagine della molto diffusa figura di Endimione dormiente).

Con la fine delle persecuzioni le commissioni di ricchi sarcofagi a tematica cristiana aumentano e anche le raffigurazioni del nuovo credo si fanno più sicure e decise, fornendo il soggetto centrale della dimora eterna e traendo ispirazione da esempi tratti dal Vecchio (la consegna a Mosè delle Tavole della Legge, il sacrificio di Isacco) e Nuovo Testamento (i miracoli di Cristo, come quello delle nozze di Cana e la guarigione del lebbroso e di Lazzaro, scene della vita di S. Pietro e il miracolo della sorgente compiuto in carcere), fino a scene già utilizzate come il miracoloso salvataggio di Giona.

Spicca inoltre in molti casi la figura in posizione centrale dell’orante che trasforma tutta la sequenza di immagini sul sarcofago in una vera e propria preghiera rivolta dal defunto a Dio per esprimere sia la propria fede sia la speranza nella propria salvezza personale: è quasi il presentarsi dell’anima del morto davanti a Dio, armata di esempi.

Le immagini di salvezza e miracoli si susseguono fitte occupando anche due piani sovrapposti che, insieme al fregio del coperchio, formano ben tre ricche sequenze, ma è anche lo status del defunto stesso a venire esaltato: il tutto segue uno stile più rozzo ben diverso dalle forme “belle” più antiche, testimoniando come ciò che ora interessa sia il messaggio ultimo delle immagini stesse, immagini che siano di impatto immediato per l’osservatore.

I sarcofagi cristiani si differenziano dunque dai precedenti per forma e contenuto (l’esaltazione non avviene più attraverso i miti, le scene sono quelle del Vecchio e Nuovo Testamento e il defunto presenta o un ritratto o viene raffigurato come un orante), vi è un diverso modo di affrontare e pensare la morte, dato dalla nuova dottrina cristiana, vista non più come un evento luttuoso e da celebrare con lamenti funebri, né da esaltare con immagini piene di gioia e voluttà, ma come l’inizio della vera vita, quella dell’anima che riesce finalmente a congiungersi con Dio: è il trionfo della fede e della speranza a compiersi sui sarcofagi stessi, di contro ai sentimenti e alle gioie terrene, e della salvezza che si ottiene attraverso Cristo.

Non ci si concentra più su quello che si è lasciato, quello che prima nei sarcofagi pagani veniva augurato anche dopo la morte, in una continuità di felicità e pienezza tra la morte e la vita, rappresentato con immagini mitologiche e poi con immagini legate alla vita di tutti i giorni, e che ora non ha più importanza, ma su quello che verrà, un qualcosa totalmente slegato dal mondo dei sensi, una vera e propria vita nuova, quella dell’anima.


Evolve ancora quel processo che, partendo dal III sec. d.C., in cui non bastano più solo le immagini mitologiche della gioia vitale per identificarsi, e che, passando per rappresentazioni che esprimono nostalgia di una pace interiore, distaccandosi dal mondo dei sensi, arriva a quelle cristiane di salvezza, dove la vita non c’è più ed è solo presente l’“altro”, quello che vi è dopo.

Dopo una grande diffusione, specie nel IV sec. d.C., a partire dal 400 d.C. la produzione di sarcofagi cristiani diminuisce sensibilmente, fino ad estinguersi verso il primo terzo del V secolo con la fine della commissione di esemplari a rilievo figurato e sempre più il desiderio di una sepoltura nelle catacombe, accanto alle tombe dei martiri.

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