Quando parliamo di ceramica greca pensiamo inevitabilmente ai grandi capolavori a figure prima nere e poi rosse ma, se procediamo ancora più a ritroso nel tempo arrivando al cosiddetto periodo geometrico, scopriamo altri esemplari vascolari incredibili e di qualità inimmaginabile
Dopo un lungo momento (il Periodo Protogeometrico [1050-900 a.C.]) in cui i commerci e i viaggi nel mondo greco si erano interrotti e le culture del II millennio erano decadute lasciando il posto a piccoli e miseri gruppi che avevano solo nel ricordo la propria passata grandezza, la situazione di disagio sembra diminuire a partire dal 900 a.C. e l’isolamento in cui le popolazioni della Grecia avevano vissuto, mostra di aver dato vita a una vera e propria cultura uniforme avente il proprio centro nella città di Atene. Al contempo i commerci si riattivano, in cambio di prodotti agricoli, stoffe e ceramiche, arrivano legname, metalli preziosi e terrecotte e sempre più definita appare la suddivisione in classi sociali, testimoniata in particolar modo dai corredi funebri, più o meno ricchi. Nell’VIII sec. comincia la colonizzazione verso occidente. Nonostante i molteplici contatti con altre culture e con l’Oriente, gli elementi di quest’ultima cultura non influenzano la produzione artigiana in quanto lo stile, prima protogeometrico e poi geometrico, emblematico di una società formatasi dopo la catastrofe dei secoli bui continua a condizionare le successive esperienze artistiche. Solo nel VII secolo verrà abbandonato per il cosiddetto “orientalizzante”.
Ma in tutto questo come viene a porsi la produzione ceramica?
Passando, a partire dal 1050, dallo stile protogeometrico a quello Geometrico Antico e Medio, la produzione, attiva per lo più ad Atene, passa da forme vascolari sempre più proporzionate con poche decorazioni quali linee ondulate, bande, triangoli e cerchi a forme più sviluppate in cui aumentano i motivi geometrici, i quali finiscono per riempire sempre di più la superficie, e cominciano a comparire le prime raffigurazioni di animali e uomini, resi a silhouette e semplificati.
Arriviamo quindi al 750-700, gli anni in cui viene fatto un ulteriore passo nell’ambito della produzione ceramica e in cui lo stile che viene a definirsi, prende il nome di Geometrico Tardo. I corredi funerari di questo periodo attestano allo stesso tempo una crescita della popolazione, delle ricchezze e dell’importazione di prodotti di lusso e, mentre la decorazione geometrica, seguendo lo stile precedente, si espande ad occupare tutta la superficie del vaso, allo stesso tempo si moltiplicano le scene figurate posizionate all’interno di pannelli oppure disposte su più fregi sovrapposti.
E quali i temi raffigurati destinati a diventare sempre più importanti nei secoli a venire?
Sono le scene funebri ad avere rilievo, in particolare di esposizione della salma (prothesis) e del suo trasporto (ekphorà), oppure quelle di carattere narrativo, spesso ispirate alle eroiche vicende trattate nell’Iliade e nell’Odissea, non però facilmente identificabili per mancanza di attributi specifici e di iscrizioni con i nomi dei personaggi.
Le figure umane, ad un primo sguardo, in questo periodo sembrano apparire semplificate e schematiche ma, a una seconda occhiata, risultano seguire uno schema ben preciso: infatti i pittori scelgono di enfatizzare alcuni elementi del corpo umano e se da un lato troviamo uomini, generalmente intesi come nudi, con spalle ampie, vita stretta, cosce possenti, braccia muscolose e le articolazioni dei gomiti e delle ginocchia evidenziate, dall’altro le donne hanno seni appuntiti e tuniche lunghe.
Con l’apparire di forme sempre più complesse nascono anche le prime botteghe con i propri caratteri stilistici, prima fra tutte la Bottega del Dipylon, attiva proprio ad Atene, che trae il proprio nome dalla necropoli ateniese presso la porta del Dipylon e inizia la sua attività proprio nel 760-750 a.C.: questa domina incontrastata per circa una generazione e si specializza nella produzione e decorazione di grandi vasi funerari.
Un esempio dello stile di questa bottega e del suo maestro più dotato, il cosiddetto Pittore del Dipylon?
Ammirate l’anfora n. 804, alta 1.55 m e conservata nel Museo Archeologico Nazionale di Atene!
Perfetta e dal mirabile equilibrio appare totalmente ricoperta di figure geometriche, disposte in cornicette che coprono fittamente il vaso nel senso della larghezza, applicate da mani pazienti e sapienti. In mezzo a questo ordinato e implacabile susseguirsi di forme si staglia al centro, tra le maniglie e nel punto di massimo diametro, all’interno di un pannello, una scena di prothesis: sul letto funebre è stesa la defunta con una lunga tunica, un fanciullo a destra si aggrappa alla testata con dolore, ai piedi del letto due donne inginocchiate e due uomini seduti e attorno, disposti ai lati del feretro, tutti i presenti contemplano e si disperano per la morte della protagonista.
Da cosa possiamo vedere la disperazione in queste piccole e geometriche figurine, prive di prospettiva e senza tratti distintivi? Dalle mani portate al capo, segno dello svolgersi di un lamento rituale.
Vediamo già qui, in queste piccole silhouette umane, i promettenti germogli della grande produzione attica dei secoli a venire.