Fetonte. Figlio di Helios, stuzzicato da un compagno che lo fa dubitare di essere figlio del dio del sole, chiede al padre, come prova del suo amore, di fargli guidare per un giorno il suo carro. Helios cerca di dissuaderlo, poiché non è immortale e potrebbe essergli fatale, ma, ostinato, Fetonte non demorde: guidando il carro perde, però, il controllo, incendia Gea, la terra, e Zeus lo fulmina.
È questo giovane protagonista del mito a venire utilizzato nella poesia funeraria e in alcune rappresentazioni, soprattutto in età antonina e severiana, con una breve ricomparsa in età tetrarchica, a causa di una clientela nostalgica: da personaggio infantile e irruento diventa un esempio coraggioso e simbolo di una vita stroncata troppo presto da una morte precoce.
Sono 16 i sarcofagi con centrale la figura di Fetonte ad essere stati trovati finora e ad essere per lo più rappresentati sono la caduta del giovane e la scena di addio con l’annuncio della morte ad Helios, il tutto accompagnato da un grande numero di figure mitiche e personificazioni cosmologiche.
La tematica fa pensare che il mito venisse utilizzato soprattutto per destinatari di sesso maschile, ma appare interessante che questi non fossero solo fanciulli ma anche adulti: è probabile, dunque, che la morte di Fetonte fosse richiamata per indicare una morte improvvisa e prematura, con un uso del mito a seconda delle proprie esigenze e non in stretto senso letterario.
La caduta di Fetonte, da un lato, è la metafora di un incidente mortale e, dall’altro, è il simbolo della liberazione dell’anima dal corpo, con conseguente speranza in una vita dopo la morte.
Un esemplare tra questi 16 appare ai nostri occhi piuttosto interessante: appartiene all’età tetrarchica, quindi alla seconda breve fase di ripresa del mito, in cui operano botteghe che volevano soddisfare i desideri di una clientela nostalgica dei miti antichi.
Sul coperchio del sarcofago si presentano due figure caratterizzate da due volti incompleti. Come si può valutare la loro presenza?
Nel caso di morte di un fanciullo la motivazione di incompletezza per una possibilità di crescita nell’aldilà potrebbe essere ipotizzabile ma, in questo caso, essendo quasi sicuramente la morte di un adulto, rappresentato come steso su un triclinio in compagnia della sua coniuge, la spiegazione non è applicabile.
È forse voluto, come modo per identificarsi meglio con il giovane Fetonte e rappresentare l’idea di una morte improvvisa, o le teste dovevano essere completate, in seguito, in loco?
Ma vediamo meglio l’esemplare.
Il sarcofago di età tetrarchica, come precedentemente detto, di inizio IV sec. d.C., è conservato a Villa Borghese e presenta sulla cassa scene mitologiche e movimentate tratte dal mito di Fetonte mentre, sul coperchio a kline, la figura della defunta in compagnia del suo coniuge.
La faccia principale della cassa è ricca di figure disposte su più piani, a cavallo o meno, tra le quali al centro si staglia il giovane Fetonte che precipita cadendo dal carro del Sole: lo circondano Eridano, Gaia con una cornucopia e quattro putti; Zeus guarda il giovane e tiene nella sinistra lo scettro; la personificazione del Cielo, i Dioscuri a cavallo e i cavalli di Helios; Fosforo ed Espero con delle torce e ai lati di Fetonte le sue due sorelle che si trasformano in alberi. A sinistra si trova il padre del giovane defunto, Helios stesso, seduto con torcia e cornucopia.
Le pieghe delle vesti appaiono tracciate parallele, i volti gonfi con profonde scanalature taglienti. I corpi e i movimenti sono goffi. I capelli spessi e con tratti incisi profondamente.
È una scena confusa e tragica, sovraffollata di figure, tutte intente ad osservare impotenti la caduta e la morte dell’incauto Fetonte che si trova al centro della composizione.
Sul coperchio sono presenti, invece, la defunta, coperta da un manto, semisdraiata e con la mano sinistra a sorreggere la testa non lavorata del tutto ma lasciata nella fase esecutiva di prima sgrossatura a subbia grande, e il busto non completo del marito.
Come si collegano la raffigurazione del mito e i defunti sul coperchio?
L’uso del mito di Fetonte, con la tragica morte del giovane, sembra esser fatto per ricordare la morte prematura di un giovane o la morte improvvisa e ingiusta del defunto. Quale che sia la situazione presentatasi, questi viene comunque raffigurato circondato dalle varie divinità, tra cui verrà a trovarsi nell’aldilà, in una speranza di vita dopo la morte gioiosa e insieme agli dèi.
Potrebbe, dunque, in questo caso, ricordare la morte tragica e improvvisa della donna raffigurata sul coperchio, ma, ora, le domande che sorgono spontanee sono perché rappresentarla con un volto non finito e in stato di prima sbozzatura e perché il compagno risulti ancora più incompleto di lei (non è stato completato oppure è stato rovinato in seguito?).
Andavano questi completati o erano, forse, stati commissionati prima della morte, non completati per superstizione e poi non portati a termine?
Oppure, magari, vi era l’intento di permettere a chiunque di identificarsi con i defunti stessi, morti all’improvviso, o di dare loro la possibilità di continuare a vivere e crescere nell’aldilà.
Tante ipotesi e nessuna risposta certa. Ma la maestria dell’esecuzione rimane innegabile come anche la cura dedicata alla creazione della “casa” delle spoglie del defunto.