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Sensualità a Pompei: il ritrovamento a luci rosse di un affresco con Leda e il cigno


Oggi vi porto a Pompei, la città sepolta dall’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C., la quale, nonostante la tragedia, ha restituito meraviglie innumerevoli. E una di queste è stata riportata alla luce proprio recentemente, in una domus che si affaccia sul lato orientale di Via del Vesuvio, sulla via parallela a Via dei Balconi.


Si tratta di un affresco scoperto durante i lavori di riprofilatura per la messa in sicurezza dei fronti di scavo, lavori che si stanno portando avanti nella Regio V della cittadella romana, e il soggetto ad essere rappresentato è quello dell’unione tra la regina di Sparta, Leda, e il padre degli dèi, Zeus, nelle sembianze di un cigno. Splendida e sensuale, la nostra protagonista presenta un corpo perfetto e statuario, la cui morbidezza delle carni risulta quasi palpabile, coperto solo parzialmente da un drappo dorato; cinta da una corona e con i capelli castani perfettamente raccolti e pettinati guarda l’osservatore che si ferma a contemplarla, il naso diritto, la bocca piccola e dischiusa e gli occhi languidi a sottolineare chiaramente ciò che sta avvenendo. Tra le gambe di lei, infatti, in una posa che più esplicita non potrebbe essere, si trova il potente e “dongiovanni” Zeus che, per possederla, si è trasformato in un grande cigno bianco.


Con colori vividi, dal rosso colore del vino dello sfondo alle varie tonalità di rosa che sottolineano la bellezza della regina, dalle gradazioni dei bianchi e cerulei del grande cigno al colore dorato del prezioso drappo che Leda solleva per tentare di sottrarre l’amante allo sguardo dell’osservatore, l’affresco, protetto dalla lava nera dell’eruzione, ha mantenuto la sua brillantezza e mostra una fattura di finissima qualità: pulito dalle sapienti mani di archeologi e restauratori si presenta così, davanti ai nostri occhi stupefatti, una splendida e accurata riproduzione del mito secondo il colto modello di riferimento del grande Timòteo, scultore greco di IV sec. d.C.

L’esempio appare unico e interessante proprio per il carattere della sua iconografia, estremamente esplicita e sensuale, nella rappresentazione di un mito che, arrivato dalla Grecia e ormai pienamente conosciuto nella cittadina romana, non era però mai stato riprodotto in una tale e “sfacciata” maniera.

Ma di cosa tratta questo mito così conosciuto?

Il mito narra che il padre degli dèi, Zeus, si innamorò di Leda, moglie di Tindaro, re di Sparta. Al fine di giacere con lei si trasformò in un grande cigno e avvenne l’unione: mentre la fanciulla dormiva sulle sponde del fiume Eurota, di colpo venne svegliata dallo starnazzare del cigno il quale, emanando un dolce profumo di ambrosia, la stordì e possedette. In seguito, nella stessa notte, la regina giacque anche con il marito e, dopo queste unioni, nacquero all’interno di uova i gemelli Castore e Polluce, la bella Elena, causa della guerra di Troia, e Clitemnestra, futura moglie di Agamennone.

Prezioso e sensazionale per i motivi appena descritti il grande affresco decorava una piccola camera da letto di una dimora nell’ingresso della quale un particolare rinvenimento era già avvenuto l’estate scorsa: si tratta di un Priapo, dio noto per la lunghezza del suo fallo, colto nell’atto di pesare il suo attributo. Questi decora l’entrata della casa mentre la camera da letto con l’affresco di Leda si trova all’interno, superato il grande atrio.

Una casa ricca, dunque, quella che ospita queste due opere, piena di meraviglie e sorprese, ma, per ora priva del nome del suo proprietario. Questi sembrerebbe, secondo l’ipotesi più probabile, essere stato un ricco commerciante, anche un ex liberto, ansioso di innalzare la propria posizione riempiendo la propria abitazione di riferimenti ai miti della cultura più alta ma di più non è detto che si riesca a sapere. Infatti per le esigenze di sicurezza del sito altri ambienti della dimora potrebbero non venire riportati alla luce e la splendida Leda potrebbe essere costretta ad essere spostata dalla sua collocazione per essere ammirata altrove dagli avidi visitatori.


Una vera e propria domus con soggetti “a luci rosse”, ammiccanti e licenziosi, i quali si rifanno ai temi della passione e del desiderio, appresi dai Greci, tanto cari ai Romani e mai rappresentati in una maniera così sensuale.

E Leda, “padrona della camera da letto”, ci scruta con sguardo ammiccante e, al contempo, cerca di coprirsi per prolungare il piacere della sua unione con Zeus e sembra suggerirci di

“Lasciamo ai vecchi conoscere il diritto ed esaminare che cos'è permesso e che cos'è empio e non empio e rispettare le sottili distinzioni delle leggi. Alla nostra età si conviene essere temerari, in amore. Ancora non sappiamo che cosa sia lecito, e crediamo che tutto sia lecito e seguiamo l'esempio dei grandi dèi.”(Le Metamorfosi, Ovidio, IX, 554)

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