Oggi voglio raccontarvi una storia.
La storia di una bambina o, meglio, la storia del sepolcro di una bambina e della sua particolare bambola, compagna per il suo viaggio nell’aldilà.
Ci troviamo in Sardegna, a Turris Libisonis, l’attuale Porto Torres, un’antica ed importante colonia Iulia, con un alto tenore di vita confermato ulteriormente dai sepolcri trovati in loco. E in uno di questi un ritrovamento incredibile e unico è stato fatto negli anni Novanta, un ritrovamento che solo negli ultimi tempi è stato studiato in maniera approfondita: nella tomba di una bambina vissuta nell’antica Turris Libisonis, risalente al I sec. d.C., è stata trovata una particolare bambola di terracotta, la rappresentazione di una divinità che da un lato mostra la diffusione in Italia di culti traci e la commistione di questi con quelli locali, e dall’altro l’estrema cura da parte dei genitori della defunta nel fornire alla piccola una guida nelle tenebre della morte.
La tomba è databile agli anni tra il 65 e il 70 d.C. e una moneta dell’imperatore Claudio ci ricorda di quando, nel 46 d.C., questi depose l’ultima dinastia tracia fondando la provincia vera e propria e dando il via all’intensificarsi dei contatti dell’Impero Romano con questo nuovo territorio: il sepolcro risale proprio al periodo in cui i contatti sono sempre più stretti, i culti traci giungono nel Lazio e da qui, tramite i veterani laziali, vengono portati in Sardegna.
Ma perché insisto sulla Tracia? Perché la statuetta/bambola trovata nella nostra tomba rappresenta la dea Artemide Bendis aposkopousa (che guarda lontano), una commistione tra la dea della luna greco-romana e la dea della luna tracia, la prima raffigurazione scoperta in Sardegna e la testimonianza dell’introduzione di una nuova divinità.
La statuina di terracotta è una rappresentazione della dea verginale della caccia, compagna delle bambine fino al momento del distacco, quando dalla fanciullezza e dalla casa paterna passavano al ruolo di spose e madri nella nuova dimora del marito. In argilla beige chiaro e ben depurata, la piccola bambola, compagna di giochi prima e compagna di viaggio in seguito, rappresenta in maniera semplice e chiara la dea e ha dei fori alle estremità superiori e due passanti alla base della veste per poter legare delle gambe snodabili non giunte: essendo nata come giocattolo e marionetta la fiera dea Artemide Bendis viene plasmata con linee morbide e infantili e con le fattezze di una popolana con un profilo prominente, veste allacciata sotto il seno con ampia gonna a pieghe, berretto frigio tipica di una divinità orientale, acconciatura a riccioli corti, orecchini con una forma allungata, naso aquilino, una mano sul fianco e una portata alla fronte. Questo ultimo un gesto semplice e immediato ma assai carico di significati, il quale spiega il “che guarda lontano”. La dea porta la mano alla fronte per aguzzare la vista, per andare dunque oltre con lo sguardo, il che è un modo per dire anche di andare oltre l’incomprensibile e l’ignoto della morte.
Artemide Bendis diventa una cacciatrice a caccia della luce, una compagna di vedetta nel mare della morte, una sentinella amica per la bambina che deve attraversare l’ignoto! Proprio per questa sua funzione i genitori della piccola defunta hanno deciso di porre la bambola-dea accanto al corpo, col compito di proteggerla nel regno dei morti squarciando con il suo attento sguardo il buio dell’oltretomba.
Una guida protettiva per una bambina morta prematuramente ma allo stesso tempo un modo per ricordare il suo status verginale di defunta prima delle nozze.
[moneta imperatore Claudio]
La forma campaniforme del corpo della statuina sembra essere anche il fermo immagine di una danza giovanile, di quella musicalità ritmica che accompagnava le giovani durante i giorni della loro fanciullezza, e in questa forma la dea Artemide Bendis, legata ai riti di passaggio all’età adulta, assume un’ulteriore funzione, quella apotropaica, in quanto si credeva che gli oggetti sonori allontanassero gli influssi maligni.
Dunque una compagna di gioco nell’infanzia e una protettrice durante il passaggio dalla fanciullezza all’età adulta che, in questo caso, diventa un passaggio dalla vita alla morte.
Questo il ruolo della dea, questo quello che i genitori hanno voluto porre accanto alla loro piccola insieme ad altri oggetti del corredo, come un anellino di bronzo a doppia spirale, che contribuivano ad indicare la sua giovinezza e anche la sua appartenenza a una famiglia benestante e conoscitrice di questi nuovi culti provenienti dalla misteriosa e lontana Tracia.
Bendis, dea della luna e della caccia, adorata in Tracia, identificata dai Greci con Artemide e in seguito anche dai Romani, diventa tutt’uno con questa seconda divinità, diventa la protettrice dei bambini per eccellenza, estremamente legata alla natura e ai cicli vitali delle donne.
Così legata alle donne da aiutarle nel loro viaggio nell’aldilà, da scrutare le tenebre infinite e trovare la luce e dunque la salvezza per loro.
Questa la speranza dei genitori.
E anche noi speriamo che la saggia e fedele Artemide Bendis aposkopousa abbia condotto sana e salva la piccola nel suo prematuro viaggio verso una nuova vita.