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La tomba di un fornaio nel cuore di Roma: il sepolcro di Eurisace


Roma, quartiere Prenestino-Labicano.

Qui, passeggiando presso un tratto delle Mura Aureliane, proprio di fronte all’inizio del quartiere di San Lorenzo, collocato esternamente a Porta Maggiore, uno strano e curioso “monolite”, incomprensibile a un primo sguardo ma che, a una seconda e più approfondita occhiata, comincia ad avere un senso.

La chiave di lettura è data dalle particolari cavità circolari allineate nella zona superiore e anche dalle scene che si succedono sul fregio: le cavità simboleggiano proprio le impastatrici utilizzate negli antichi forni romani, non tanto dissimili dai nostri, e le immagini raffigurano proprio le fasi della lavorazione del pane.

Una costruzione che ricorda un’impastatrice e scene di preparazione del pane…che cosa era mai?

Un sepolcro.

Ebbene sì, il sepolcro del fornaio Eurisace.

Il cosiddetto “Panarium” o “tomba del fornaio”.

Realizzato come luogo di riposo eterno per Marco Virgilio Eurisace e sua moglie Atistia, risale al 30 a.C.: il nostro fornaio è il primo a cui spetta il merito di inaugurare la grande tradizione dei panifici di Roma, è il rifornitore ufficiale di pane dello stato romano negli anni tra la fine dell’età repubblicana e l’inizio dell’età augustea!

Negli anni alla fine del I sec. a.C. era proibito porre sepolcri entro le mura e la zona in questione era ancora fuori dall’abitato. Eurisace, di origine greche, era un liberto, divenuto ricco vendendo i suoi prodotti di forno all’esercito, un ex schiavo che col suo impegno e la sua energia era riuscito a diventare non solo un panettiere rinomato ma anche appaltatore di pubbliche forniture e “apparitore”, ossia aiutante di un sacerdote o di un magistrato. Eurisace era riuscito, sfruttando la legge che consentiva la liberazione agli schiavi che svolgessero il lavoro di panificatori, a costituire una vera e propria industria del pane!



Giunto alla fine della sua vita, il nostro panettiere e fornitore ufficiale dello stato decise di far costruire in questa zona il suo particolarissimo sepolcro, una vera e propria copia in travertino e tufo di una impastatrice con bocche di dolii e sacchi, contenente in un’urna che riproduce il panarium, il canestrello che fungeva da porta pane romano, le sue ceneri e quelle della sua consorte.

Col passare dei secoli il sepolcro di Eurisace risulterà quasi poggiato alle Mura Aureliane, sotto Onorio verrà inglobato in un bastione con una nuova porta, tre torri e una rotonda al centro in cui venne incluso il sepolcro stesso e qui rimase celato alla vista fino al 1838. In quell’anno anno papa Gregorio XVI ordinò la demolizione delle torri difensive costruite sotto Onorio al fine di ripristinare l’antico assetto in epoca aureliana…e la tomba del fornaio tornò alla luce.

E qui oggi continua ad essere ammirata!

Non aggiriamola passando sotto le mura e proseguendo ma fermiamoci un attimo ad osservarla…

La tomba è alta più di 7 m e ha una forma trapezoidale dovuta al suo adattamento in mezzo a preesistenti sepolcri oggi scomparsi. La facciata principale doveva essere quella rivolta a est, completamente perduta ma su cui doveva inserirsi un grande rilievo coi due coniugi, reimpiegato nella torre di Onorio.

Dal basso verso l’alto il sepolcro è così costituito: una parte con elementi cilindrici disposti verticalmente tra listelli; una fascia orizzontale che corre sui tre lati rimasti su cui leggiamo la stessa epigrafe “Est hoc monimentum Marcei Vergilei Eurysacis pistoris, redemptoris, apparet[oris]” (Questo sepolcro appartiene a Marco Virgilio Eurisace, fornaio, appaltatore, apparitore), la quale ci dà tutte le informazioni sul nostro amico fornaio; una zona liscia con lesene ed elementi cilindrici, cavi e con la faccia rivolta verso l’esterno, a simboleggiare i recipienti in cui si impastava la farina; un fregio figurato in cui sono rappresentate tutte le fasi della panificazione, dalla pesatura e molinatura del grano alla setacciatura della farina, dalla preparazione dell’impasto all’infornata del pane, il tutto sotto la sorveglianza di Eurisace, di alcuni collaboratori e di funzionari di stato; una cornice con delle mensole e sulla sommità doveva esserci un elemento piramidale come coronamento. Nel podio una cavità per la deposizione delle ceneri.


Questo il sepolcro di un greco che a Roma ha trovato fortuna e da schiavo è diventato ricco liberto, un greco che grazie al suo duro lavoro, voluto celebrare anche nella sua tomba, ha potuto rivendicare una posizione dignitosa.

Accanto a lui, vicina anche dopo la morte, l’amata moglie Atistia, le cui ceneri sono state ritrovate in un’urna a forma di madia di pane, nel lato orientale del monumento, conservata oggi al Museo delle Terme: l’iscrizione, una dedica dal marito alla moglie, recita “Atistia fu mia moglie/Visse come eccellente donna/le cui rimanenti spoglie riposano/in questo paniere”. Vicino doveva esservi anche l’urna di Eurisace stesso ma ancora non è stata ritrovata e chissà che non sia ancora da qualche parte all’interno del sepolcro.

Una coppia affiatata quella che riposa nella “tomba del fornaio”, una coppia a cui possiamo dare un volto vedendo il rilievo che doveva essere posto sul lato orientale, oggi restaurato e visibile dal 1 marzo alla Centrale Montemartini.

Le figure emergono scolpite quasi a tutto tondo: Eurisace indossa una toga tipica del periodo e il volto mostra con crudo realismo i segni del tempo, Atistia è avvolta in un ampio mantello che copre una tunica e ha un’acconciatura in voga a fine I a.C. con i capelli divisi in una riga centrale in bande laterali e raccolti in un’alta crocchia.

Questo era la prima cosa che i passanti contemplavano passando tra le varie tombe, e nei loro ricordi, così come nei nostri, rimarrà sempre impressa la tomba del fornaio Eurisace e di sua moglie Atistia.


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