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Shirin Neshat e le ''donne di Allah''


In questi ultimi anni il rapporto tra il mondo occidentale e quello islamico si è progressivamente logorato. Come spesso si vede ai telegiornali, le persone hanno paura di questa società considerata arretrata e dispotica nei confronti delle donne; obbligate a coprire i capelli con un velo e a non poter parlare in pubblico.

Ma noi occidentali ci siamo mai chiesti cosa pensano le donne islamiche di questi obblighi? Come affrontano questo mondo che sembra essere loro ostile?

Shirin Neshat, grazie alle sue fotografie e alla sua videoarte, risponde a queste domande aiutandoci a comprendere un mondo che vediamo distante e completamente diverso dal nostro.

Prima però di parlare delle fotografie realizzate dall’artista, parleremo brevemente della sua vita. Shirin Neshat nasce nel 1957 in un Iran completamente diverso da quello attuale, infatti, è un paese con forti influenze occidentali, dove le donne sono libere e indipendenti.

Nel 1974 l’artista si recherà a studiare a Los Angeles, dove affinerà le proprie conoscenze del mondo dell’arte. La fotografa riuscirà a ritornare in Iran solamente nel 1990. La constatazione dei profondi cambiamenti del suo paese di origine la porteranno a sviluppare una serie di fotografie intitolate “Women of Allah” (1993-97).

In queste fotografie bianche e nere, vediamo donne velate e primi piani del corpo femminile come volti, mani e piedi sulle quali Shirin Neshat scrive versi di poetesse iraniane contemporanee.

La prima fotografia che analizziamo è “Silenzio Ribelle” (1994). Nell’istantanea vediamo Shirin Neshat posare frontale con indosso il velo nero e con un fucile poggiato simmetricamente sul volto; così facendo, la canna del fucile si trova sulla bocca, imitando il gesto del chiedere silenzio.

In questa fotografia Shirin Neshat non parla solo dell’obbligo del velo ma anche del silenzio. Infatti, in quel periodo vigeva l’obbligo, solo per le donne, di non poter parlare o cantare in pubblico.



Sul volto, unica parte visibile del corpo di Shirin Neshat, è presente una poesia scritta da Tahereh Saffarzadeh (1936-2008).

Grazie a questa poesia riusciamo a comprendere ancora meglio l’istantanea di Neshat, infatti, se a prima vista l’opera sembra essere una condanna alle nuove regole che vincolano l’Iran, la scelta del testo di Saffarzadeh ci fa comprendere come la fotografia abbia tutt’altro significato.

Il poema scelto da Shirin Neshat loda il velo, affermando che esso è femminista perché difende la donna dagli sguardi erotici maschili. Comprendiamo quindi, che per l’artista, il velo sia un elemento che emancipa le donne e che le protegge dal mondo maschile.

Un’altra fotografia contenuta nella serie “Women of Allah” è “Birthmark (Marchio di nascita)” del 1995. In questa istantanea Shirin Neshat si copre la bocca con l’intento di non parlare, e quindi, di stare in silenzio.

Il silenzio, ci vuole dire Neshat, è il marchio di nascita delle donne, in quanto è un vincolo che viene fatto rispettare fin dalla tenera età.

Il dorso della mano è pieno di decorazioni. La scelta di ornare la mano di questi segni non è casuale, infatti, nei paesi orientali la decorazione è legata al mondo femminile. È qualcosa, che come il silenzio, caratterizza la donna nel mondo islamico.

Il tema della decorazione e del silenzio ritorna nell’opera “Untitled” del 1996. Vediamo l’artista poggiare, sulle labbra semi aperte, le dita decorate da una serie di frasi erotiche e da un simbolo sciita disegnato sul dorso della mano. Questa fotografia, per la poesia carnale e per il gesto sensuale, ha un forte carattere erotico.

Nella serie fotografica sono presenti però molteplici scatti in cui Shirin Neshat punta una pistola verso lo spettatore. Neshat è armata perché la società in cui vive la ha costretta ad esserlo.


Shirin Neshat attraverso la sua arte vuole dire che non si deve avere paura di essere donne e esorta quest’ultime a lottare per i loro diritti. La lotta che intende Neshat però non è quella tipicamente occidentale, fatta di proteste e rivolte, ma una lotta silenziosa, che deve essere fatta ogni giorno.

Neshat propone di rispettare queste regole imposte dagli uomini in maniera maniacale, in quanto questo comportamento fortificherà le donne fino al momento in cui, gli uomini troppo assuefatti dal loro potere, non riusciranno ad arginare la lotta di libertà promossa da Shirin Neshat.

Comprendiamo, grazie alle fotografie di quest’artista, come il mondo islamico sia molto più complesso di quello che pensiamo, e che molte regole che noi percepiamo come obblighi, vengano visti come elementi di difesa e femministi.

Indubbiamente stiamo parlando di una delle artiste e fotografe più interessanti del panorama contemporaneo.

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