"Gli Argivi avevano eretto loro delle statue e le avevano consacrate a Delfi, come si fa con gli uomini veramente eccellenti."
Le statue di cui parla Erodoto in questo passo, rappresentazioni di uomini portatori di tutte le qualità e i valori più sublimi, sono quelle dei gemelli Cleobi e Bitone.
Ci troviamo in Grecia, VI sec. a.C., età arcaica.
Il tipo scultoreo maschile è quello del kouros, del giovane rigidamente frontale, nudo, privo di attributi e stante nella sua possente immobilità. Ma non è un’invenzione del VI sec. Già precedentemente piccole statuette votive e colossali immagini divine rappresentavano la figura maschile con le medesime caratteristiche…La novità è la grande diffusione della tipologia perché lo stesso kouros corrisponde all’ideale eroico della società aristocratica dell’epoca, lo stesso kouros diventa il giovane nobile a cui ispirarsi.
Questi si offre agli dèi, perfetto nella sua nudità che contrasta con l’elaborata acconciatura a riccioli e trecce che copre il suo capo.
È qui, tra questi aristocratici ed eroi, portatori di valori, che vengono a collocarsi le due statue di Cleobi e Bitone provenienti dal sacro santuario di Delfi.
Ma chi erano Cleobi e Bitone?
Figli di Teano e Cidippe, sacerdotessa del santuario di Era ad Argo, erano gemelli. Secondo il mito, per poter permettere alla madre di celebrare i riti della dea, la trainarono sul carro al posto dei buoi che non erano tornati dai campi. Percorsero ben 5 miglia, l’equivalente di circa 8,3 km, per arrivare al santuario di Argo. La madre, commossa da tanta devozione e amore filiale, pregò la dea Atena di ricompensare i suoi figli e questa diede loro il privilegio di una morte dolce e veloce nel luogo sacro. Subito Cleobi e Bitone caddero in un sonno sereno ed eterno.
Fu Erodoto a narrare la loro storia, presentandola come esempio di vita vissuta felicemente!
Sulla scia di questa leggenda, l’usanza degli antichi era quella di sacrificare due gemelli proprio per riproporre quello che Cleobi e Bitone avevano compiuto; in seguito venivano seppelliti vicino al tempio per allontanare gli spiriti malevoli.
Secondo Erodoto, per ricordare i due celebri gemelli, gli Argivi dedicarono a Delfi la coppia che oggi possiamo ammirare al Museo Archeologico.
In marmo pario e h 2.16 m la coppia risale al 585 a.C. circa.
Furono ritrovati durante gli scavi del 1893-94 e grazie alle iscrizioni sui plinti si è potuto conoscere il nome dell’autore, Polimede di Argo. Subito identificati con Cleobi e Bitone, secondo altre interpretazioni, raffigurerebbero i Dioscuri ma quel che è certo è che siano uno dei più antichi esempi arcaici di kouroi!
I due gemelli sono tipicamente nudi, tranne per le scarpe che indossano, e sono raffigurati come degli atleti, la cui usanza era quella di gareggiare senza vesti: stanti, hanno le braccia stese lungo il corpo, i pugni chiusi; la gamba sinistra di ciascuna figura avanza leggermente ma non si assiste a nessuna rotazione del busto e alla fine il peso dei due giovani è sostenuto da entrambe le gambe; la muscolatura è piuttosto tozza, possente, e viene evidenziata in maniera particolare nei polpacci, nelle geometriche ginocchia, nell’inguine e negli evidenziati pettorali.
Sui corpi tozzi e possenti le teste risultano sovradimensionate, squadrate e schiacciate. La fronte è bassa, le labbra sono chiuse e accennano un leggero sorriso, la linea del naso si ricongiunge a delle arcate sopraccigliari evidenti, la fronte è bassa, gli occhi sono grandi e a mandorla, segno dell’influenza egiziana. Dietro a grandi orecchie piuttosto arretrate rispetto al viso e con i lobi che sembrano dei dischi piatti, i capelli sono disposti in trecce elaborate che scendono pesantemente sulle spalle a tre a tre e sulla schiena; sulla fronte vi è una fila decorativa di dischi che forma una linea di riccioli.
Le due state sono state scolpite per essere viste e contemplate da davanti, non per girarvi attorno, e per questo la parte frontale è predominante sulle altre.
È un’opera che mostra i cambiamenti del periodo e preannuncia l’evoluzione futura del modello del kouros.
Da un lato i corpi riflettono il canone stilistico peloponnesiaco in cui è la solidità delle forme a prevalere, accentuata dai volumi geometrici e dalla muscolatura possente, mentre dall’altro il decorativismo, la forma del viso e soprattutto l’elaborata ed elegante acconciature seguono il canone dedalico.
È l’incrociarsi dei due canoni a palesarsi davanti ai nostri occhi nelle figure di Cleobi e Bitone.
E un’altra cosa comincia a farsi largo…la simmetria!
Gli artisti greci cominciano a collegare la simmetria alla bellezza e le corrispondenze simmetriche tra le diverse parti del corpo diventano sinonimo di “bello”.
Siamo solo agli inizi ma questa caratteristica irrompe ed è destinata a diventare sempre più protagonista nelle realizzazioni future.
Policleto e la ricerca di un nuovo equilibrio sono dietro l’angolo, i corpi stanno per cominciare la lenta ma inesorabile conquista del proprio spazio ma intanto qui, davanti a noi, abbiamo due uomini, non due divinità, perfetti e in procinto di iniziare la loro corsa.
Verso cosa questa li porterà ce lo diranno le statue del periodo severo!