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Emozione Arte

Acheloo in viaggio dall’Oriente alla Grecia e all’Italia. Il dio fluviale dalle mille forme

Di Silvia Urtone


Acheloo, il dio multiforme, il dio fluviale, figlio di Oceano e Teti, il dio protettore delle acque, padre di sorgenti, ninfe e sirene, il dio che era venuto a scontrarsi con il possente Eracle per la mano della bella Deianira ed era stato sconfitto.

Acheloo che nelle sue rappresentazioni presenta molteplici aspetti iconografici, che cambiano anche a seconda delle aree geografiche e delle diverse interpretazioni da parte delle popolazioni che vengono influenzate dal suo culto.

Acheloo, spaventoso e fragile allo stesso tempo.

Acheloo.

Il suo culto nasce nella Grecia continentale e la sua figura è per lo più associata alle ninfe e legata al mito di Eracle: da questo l’uso di rappresentarlo durante il suo scontro con l’eroe a discapito delle raffigurazioni da solo, sotto forma di maschera o di testa.

Diffusosi in Magna Grecia e Sicilia e successivamente, per contatto con le colonie, in Etruria e con l’espansione dell’impero romano nelle Province europee, subisce delle variazioni a causa delle usanze locali. L’uso di rappresentazione più frequente è, qui, la maschera rispetto al rilievo sacro e alla lotta con Eracle, in Etruria si impregna di valenze ctonie e apotropaiche, nella figura di un dio dell’Oltretomba e da invocare per ottenere protezione, mentre in epoca romana il valore del dio non sarà più tale ma diventerà per lo più lo sconfitto per eccellenza da Eracle.

Acheloo è costantemente privo di una forma perfettamente riconoscibile (forse per questo oggi non tanto conosciuto) e in Grecia, tra il VI e il I sec. a.C., appare su rilievi sacri in compagnia delle figlie Ninfe, nella ceramica dipinta nel suo scontro con Eracle, nella forma della maschera, come toro dalla testa di uomo barbato, in figura umana…

È il dio dalle mille forme!


Antefissa con maschera di Acheloo (420-400 a.C.), Taranto, ora a Londra


La sua immagine deriva inizialmente da prototipi originari del Vicino Oriente, e in particolar modo sumerici, per quanto riguarda la tipologia del toro con la testa di uomo. Il dio mutaforma compare in Grecia molto presto, dalla metà del VII sec., ma le prime rappresentazioni risultano misteriose e oscure e non è sicuro che raffigurino Acheloo, bensì altri fiumi; i vasi attici del periodo classico sono invece sicuramente immagini del dio la cui natura metamorfica viene descritta per bocca di Deianira, per la prima volta, nella tragedia delle Trachinie di Sofocle. In Acarnania assumono una notevole rilevanza il suo culto e la sua immagine che ricorre nella monetazione, persino fino al periodo ellenistico, in cui la testa del dio viene rappresentata come quella di un giovane senza barba, con le corna e il collo taurini.

Da qui si diffonde nel resto della Grecia, e il passo per arrivare alle coste dell’Italia meridionale è breve!

Le varianti in cui viene rappresentato il dio sono la testimonianza della mancanza di un tipo di iconografia ben definito ma anche della natura metamorfica di Acheloo, ed è per questo che, oltre ad essere rappresentato o da solo o con Eracle, può apparire sia come uomo-toro, con la faccia di uomo e il corpo da toro (la forma più diffusa) sia più raramente come centauro taurino, diventando una divinità marina, sia come tritone.

Acheloo diventa un mixanthrôpos proprio perchè questo è l’unico modo che gli artisti hanno per rendere l’idea della sua metamorfosi narrata nel mito che lo ha protagonista insieme a Eracle!

Mentre dalla metà del V sec. si giunge alla sua rappresentazione come un uomo nudo, con la barba, maturo e con il corno da toro.


Stamnos attico con Eracle e Acheloo come tritone

Per influenza greca e con la fondazione di colonie, il dio giunge infine in Italia e qui si presenta in 5 modelli differenti che seguono uno sviluppo diverso rispetto a quello della madrepatria: la rappresentazione iconografica più diffusa in assoluto è quella della maschera e a volte della testa del dio con corna e orecchie taurine, di valore apotropaico; vi è il modello costituito da Acheloo in lotta con Eracle, rappresentazione che assume valore narrativo e sintetizza in una scena il mito letterario che lega i due personaggi; di frequenza leggermente minore è la presenza del dio nei rilievi sacri in compagnia delle Ninfe, con funzione cultuale; Acheloo appare anche in forma di toro androcefalo, a figura intera o parziale, come protome architettonica; raramente viene invece rappresentato come uomo con corna e orecchie da toro, con valore simbolico come il precedente modello.

Le tendenze risultano sostanzialmente due: la rappresentazione del dio con funzione cultuale e apotropaica, e quelle che illustrano vicende mitologiche. Nella seconda categoria si assiste con il passare del tempo anche a una progressiva umanizzazione di Acheloo, fino a diventare solo il simbolo del debole avversario, spogliato della sua natura divina e sconfitto definitivamente da Eracle.

Un viaggio lungo e sfiancante quello del dio fluviale, un viaggio che lo porta da creatura terribile e spaventosa a debole sconfitto…ma, nonostante ciò, il suo valore di dio protettore rimane intatto e il suo corno strappato da Eracle una cornucopia dell’Abbondanza ricca di doni per chi lo ricorda nelle sue preghiere.


Sianaschale con lotta tra Eracle e Acheloo (560-550 a.C.), Boston

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