Di Silvia Urtone
“Scaltro sarebbe davvero chi ti superasse nelle tue astuzie, anche se fossi un dio. O uomo tenace, mai sazio di inganni, neppure adesso che sei nella tua terra vuoi rinunciare alle bugie, alle invenzioni che ti sono care. Ma ora finiamola, entrambi sappiamo essere astuti, tu fra tutti gli uomini sei il migliore per la parola e i pensieri, e io fra tuti gli dèi sono famosa per intelligenza e saggezza.”
Atena, la Minerva romana.
La dea delle arti e della sapienza, la dea della guerra e delle tattiche militari, la dea dell’artigianato. La dea dell’astuzia e della furbizia, la protettrice del famoso Odisseo, l’eroe dal multiforme ingegno, accanto al quale ella rimase accanto nel corso delle tante e tante peregrinazioni prima del tanto agognato ritorno a Itaca (nell’Odissea Atena stessa riconosce Odisseo come un suo pari in astuzia, anche se tra gli uomini).
Atena è la figlia prediletta del sommo Zeus, il padre degli dèi, e nacque…dalla testa del padre, già adulta e armata!
Varie sono le versioni relative alla sua particolare nascita ma la più conosciuta narra che Zeus si unì a Metis, dea della saggezza, e subito dopo temette il frutto della loro unione poiché, secondo una profezia, i figli sarebbero stati più potenti del padre. Terrorizzato da ciò egli costrinse Metis a trasformarsi in una mosca o in una goccia d’acqua, e la inghiottì. Ma era troppo tardi e ormai la dea era rimasta incinta. Iniziò allora a realizzare un elmo e una veste per la figlia in arrivo ma il rumore di tutta questa attività causò un dolore terribile al padre degli dèi così che Efesto, dio del fuoco e della metallurgia, aprì la testa di Zeus e da questa balzò fuori Atena stessa, adulta, combattiva e armata di tutto punto!
Zeus ebbe così una figlia e questa, che avrebbe dovuto essere la sua rovina, più potente persino di lui, divenne la sua creatura più amata.
La città cara alla saggia dea, tanto da ispirarsi al suo nome per il proprio, era la potente Atene e Atene stessa dedicava statue su statue alla sua protettrice…ma in quale veste e come la rappresentava?
Andiamo sull’Acropoli, il punto più sacro della città, V sec. a.C.: è l’età del cosiddetto “stile severo”, della sperimentazione, dell’abbandono delle pose rigide in favore di figure più equilibrate e ponderate, alla ricerca del movimento e della conquista dello spazio. Ma è anche l’età della peplophoros, ossia della figura femminile “portatrice di peplo”, in cui il “vecchio” chitone dalle mille pieghe e la mantellina di epoca arcaica vengono messi da parte e la donna inizia ad indossare il peplo, una tunica ampia stretta alla vita da una cintura e fermata sulle spalle da borchie che creano un risvolto che ricade sul petto e sulla schiena.
E così viene rappresentata anche Atena, ma con un’aggiunta, ossia l’egida col gorgoneion sul petto, simbolo della sua natura di dea guerriera.
La prima raffigurazione della dea armata? È l’Atena di Anghelitos dell’Acropoli, oggi nel Museo dell’Acropoli, alta 89.5 cm, risalente al 480 a.C. e ritrovata insieme al Moscophoros: il corpo è coperto da un pesante peplo i cui panneggi mostrano comunque la tipica ponderazione del periodo, con la gamba sinistra portante, quella destra piegata e che mette in evidenza il ginocchio, il braccio destro alzato che doveva impugnare una lancia, il sinistro con la mano poggiata sul fianco. La testa e parte delle braccia sono mancanti ma la statuina, la quale doveva forse essere posizionata sulla cima di una colonna dorica, rimane in ottime condizioni e il gorgoneion che si staglia sul petto della dea sottolinea la natura guerriera di Atena.
Sempre di età severa e risalente al 450 a.C. è l’Atena Lemnia, “La Bella”, dedicata sull’Acropoli dai coloni ateniesi dell’isola di Lemno: realizzata in bronzo era, a detta di Pausania, “la più notevole delle opere di Fidia” e la sua particolarità era quella di essere stata rappresentata dall’artista in atteggiamento pacifico, come simbolo dell’avvenuta pacificazione di Lemno, con l’egida di traverso!
L’originale non ci è purtroppo giunto ma la ricostruzione fatta da Furtwaengler, unendo la testa del Museo di Bologna alla copia di Dresda, ci dà un’idea di come dovesse apparire la statua su un piedistallo innalzato all’aperto. Stante, Atena è vestita di un ampio peplo a pieghe fitte, con l’egida, ormai non più necessaria, portata di traverso, e guarda il suo elmo che doveva tenere nella mano destra protesa; con la sinistra si appoggiava a una lancia: i giochi di luce e ombra e la ponderazione sono anche qui presenti, ma quello che colpisce di più è la splendida testa, ricoperta di folti ricci trattenuti da un nastro, lo sguardo assorto e pensoso.
Giovane e quasi androgina, a sottolineare il suo lato maschile, l’Atena di Fidia, al contrario di quella di Anghelitos, non porta guerra, ma pace, depone le armi, accetta un tranquillo colloquio con gli uomini, dona prosperità.
Atena domina Aten, la gorgone stagliata sul petto, la guerra e la pace in una mano, l’astuzia e la saggezza nell’altra.
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