Di Silvia Urtone
“Guerre per terra e per mare civili ed esterni in tutto il mondo combattei spesso; e vincitore lasciai in vita tutti quei cittadini che implorarono grazia.”
(“Res Gestae divi Augusti”)
Il 27 a.C. è l’anno in cui Ottaviano nel disordine di Roma restaura la res publica.
Il 27 a.C. è l’anno in cui il Senato gli attribuisce il titolo di “Augusto”.
Il 27 a.C. è l’anno in cui nasce la più amata tipologia di ritratto di Augusto, il conquistatore, il pacificatore e il portatore dell’età dell’oro.
Prima del 27 Ottaviano era rappresentato come un giovane dai capelli scomposti, l’espressione corrucciata e un aleggiante patetismo ad adombrare i tratti realistici, frutto della tarda età repubblicana. Ma adesso i tempi sono maturi, Ottaviano non è più un “semplice” giovane, è augustus e c’è bisogno di un nuovo tipo di ritratto che esprima la bellezza e la sicurezza del nuovo e prospero governo instauratosi: è la nascita di quello che in seguito verrà chiamato il “tipo di Prima Porta”.
Come si presenta? In due parole “senza età”.
Non vi è più spazio per le forme ossute e irregolari e i capelli scomposti della prima tipologia, ma a dominare sono le forme greche della tradizione classica, usate per creare un’immagine del sublime e del solenne, una bellezza senza età: la fronte è contratta, gli occhi grandi e impersonali, calmi e distaccati, i capelli spartiti in ciocche perfettamente simmetriche, gli zigomi e la bocca più simili al vero, le orecchie a sventola l’unico tratto realistico…l’arte di Policleto rivive plasmata a immagine e somiglianza dell’arte romana!
L’immagine ufficiale del princeps è completa, destinata ad essere utilizzata per tutto il principato e anche dopo la morte di Augusto, destinata ad essere ammirata oggi nella sua forma più famosa: l’Augusto di Prima Porta.
La nostra statua viene ritrovata nella Villa di Livia, costruita per la fedele moglie del princeps, il 20 aprile del 1863. Alta poco più di 2 m e conservata oggi ai Musei Vaticani, dopo attenti studi, è stata riconosciuta come la copia di un originale in bronzo risalente al 20 a.C. e commissionato per celebrare una delle sue gloriose imprese, la restituzione delle insegne romane da parte dei Parti.
Augusto è in piedi, il volto intenso e solenne, come appena descritto, la mano sinistra che doveva tenere una lancia non giuntaci, il braccio destro alzato nel gesto di chiedere l’attenzione, quello dell’adlocutio, che precedeva il discorso di incitamento all’esercito prima di una battaglia. La disposizione delle membra segue il famoso canone policleteo, alla costante ricerca della simmetria, in cui a una parte a riposo corrisponde una attiva: è il massimo esempio di perfezione, qui rielaborato in chiave romana!
Egli indossa una corazza riccamente decorata con al di sotto una corta tunica e al di sopra un mantello che gli avvolge i fianchi e ricade mollemente sulla mano sinistra; appoggiato alla gamba destra vi è un amorino o Eros stesso, un chiaro richiamo alla dea Venere, madre del pio Enea, a sua volta padre di Iulio o Ascanio da cui Augusto e la gens Iulia discendono.
Idealizzato e in armatura e mantello, il princeps si mostra qui nelle vesti di imperator, il detentore del potere militare, e ad accentuare questo carattere, il prospero momento storico che si sta vivendo e il successo politico ci pensa anche la ricca raffigurazione sulla corazza.
Questa è divisa in tre parti, un’allegoria celeste, un’allegoria della maternità e un fatto storico.
Nella parte alta una figura barbata al centro sostiene un panno imitando la volta celeste e viene identificata come Caelus o come Saturno, alla sua destra c’è Aurora, insieme a Rugiada e Tramonto, la quale precede il Sole sul suo carro: quello che qui si vuole rappresentare è il concetto di eternità, il susseguirsi continuo di albe e tramonti sotto l’occhio benevolo di Saturno, il dio sotto cui si era vissuta una vera e propria età dell’oro, prospera e felice, un’età che adesso è tornata con lo stesso Augusto.
Nella parte centrale si narra l’evento storico della riconsegna delle insegne romane da parte dei Parti: le due figure, una che consegna le insegne e l’altra che le riceve, sono state interpretate in vari modi, da uno dei Parti o Mitridate I a Tiberio o Augusto o Romolo, ma quello a cui si è giunti negli ultimi tempi è che siano due divinità. Il personaggio che riceve le insegne ha fattezze femminili ed è stato identificato come la dea Roma con elmo, armata di tutto punto e accompagnata dalla lupa; sulla scia di questa interpretazione si è pensato che anche l’altra figura fosse una divinità, ossia il divinizzato Mitridate I oppure la personificazione stessa della Partia: divinità di fronte a divinità in un momento in cui viene sancita l’amicizia tra Roma e i Parti, nel gesto della riconsegna delle insegne!
Un vero e proprio successo politico per Augusto, il cui valore viene sottolineato ai lati dalle figure di Apollo e Diana, in groppa a un grifo e a un cervo, e da quelle di due province romane, meste e sedute ma libere e oramai sotto la sovranità del dominio romano.
Nella parte bassa un’altra personificazione, Italia o la Magna Mater, che, sdraiata, reca in mano la cornucopia dell’abbondanza, strabordante di fiori e frutti, insieme a due figli, la quale rappresenta l’età dell’oro iniziata da Augusto, il ritorno dei Saturnia Tempora: qui viene sintetizzata l’opera del princeps a favore dell’agricoltura e dell’assegnazione dei terreni agricoli e militari in Italia e nelle province.
Le due sfingi sugli spallacci della corazza, le quali guardano a destra e a sinistra, sono le classiche protettrici del defunto e si ritiene che l’Augusto di Prima Porta fosse posto sulla sommità del mausoleo di Augusto: dall’alto il sommo guardava la folla e ricordava con le sue gesta e il suo volto solenne la prosperità del suo principato.
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