“Un sepolcro ora basta per colui al quale il mondo non era abbastanza.”
Alessandro Magno segnò un’epoca.
Alessandro Magno fu davvero colui a cui il mondo non bastò e proprio per questo a soli 22 anni, nel 334 a.C., diede inizio alla spedizione che lo rese davvero “il Grande”. Andò contro Dario III, temibile re di Persia, lo sconfisse e prese possesso di tutta l’Asia Minore, fondò colonie recanti il suo nome destinato a diventare immortale, prima tra tutte Alessandria d’Egitto, proseguì a est e uccise infine il re fuggitivo. Si proclamò successore al trono di Persia e dopo appena 13 anni di regno, nel 323 a.C. morì nel nuovo mondo che aveva creato e in cui era diventato re e dio.
Re e dio.
Come veniva visto da artisti e sudditi il giovane ed energico sovrano?
Al primo posto c’è Lisippo, lo scultore ufficiale di Alessandro Magno, colui che lo ritrasse fin da quando era ancora un principe, colui che lo seguì durante la grande spedizione contro la Persia: era un artista decisamente a metà strada tra classicità ed Ellenismo, desideroso di raffigurare il corpo umano non come dovrebbe essere ma così come è in realtà, e fece proprio ciò seguendo il suo maestro Policleto in maniera meno rigida, creando corpi snelli, liberi nei movimenti e dagli sguardi intensi.
Lisippo fu l’unico a cui fu permesso di raffigurare il sovrano in statue di bronzo, il loro fu un legame destinato a durare fino alla morte, e una di queste raffigurazioni, l’ “Alessandro con la lancia”, la possiamo vedere in una copia romana oggi a Parigi, Museo del Louvre. Originali non sono purtroppo giunti ma questa copia bronzea, proveniente probabilmente dall’Egitto, mostra come l’artista vedesse Alessandro Magno.
Il corpo nudo è agile, muscoloso, giovanile, dai riconoscibilissimi capelli fluenti e ribelli; la ponderazione policletea si può anche qui notare ma è più morbida e meno matematica, il corpo si appoggiava probabilmente a una lancia col braccio sinistro e lo sguardo risulta volto verso il cielo, in una sorta di colloquio diretto del re con gli stessi dèi: Alessandro non appartiene più alla sfera degli uomini, è sovrumano, è innalzato tra gli eroi e appoggiato a una lancia, come un Ares o un Achille.
Alessandro Magno non è più un uomo e da questo momento in poi questa sarà una caratteristica comune a ogni sovrano.
Così vedeva il sovrano lo scultore Lisippo…ma come era visto invece dal pittore di fiducia Apelle?
Apelle nella pittura fu per Alessandro quello che Lisippo fu nella scultura, diventando suo pittore ufficiale e creando opere in cui l’accuratezza dorica si mescolava alla grazia ionica: anche egli come il suo corrispettivo nella scultura seguì Alessandro nella sua spedizione in Asia, guardandolo all’opera e formandosi una propria immagine del re, immagine che si venne a concretizzare nell’ “Alessandro col fulmine”, dipinta a Efeso nel 334 a.C.
Ora, purtroppo, anche qui non abbiamo lo straordinario originale ma per fortuna una copia romana ci può far vedere come l’artista era riuscito nel compito affidatogli dal Grande di rappresentarlo su un quadro.
L’opera viene da Pompei e si trova oggi a Napoli, Museo Archeologico Nazionale, è una pittura parietale e rappresenta una figura seduta in trono con in una mano uno scettro e nell’altra un fulmine: l’uomo sta per alzarsi facendo leva sui piedi e ha uno sguardo deciso.
La posizione e gli attributi sono quelli di Zeus, quelli tipici della statua creata da Fidia per Olimpia, di cui purtroppo non rimangono copie ma solo descrizioni entusiastiche di autori, in primis quella di Pausania:
“Il dio, fatto d'oro e d'avorio, è seduto in trono. Gli sta sulla testa una corona lavorata in forma di ramoscelli d'ulivo. Nella mano destra regge una Nike, anch'essa criselefantina, con una benda e, sulla testa, una corona. Nella mano sinistra del dio è uno scettro ornato di ogni tipo di metallo, e l'uccello che sta posato sullo scettro è l'aquila. D'oro sono anche i calzari del dio e così pure il manto. Nel manto sono ricamate figurine di animali e fiori di giglio.”
E proprio seguendo questa linea appare anche la divinità dipinta sulla parete pompeiana, proprio come una rappresentazione di Zeus. Ma guardandola attentamente subito si nota che il volto non è quello barbato del padre degli dèi: la testa è imberbe, piena di vitalità, la bocca piccola e lo sguardo un po’ spiritato, i capelli folti e ricci, rialzati sulla fronte, quasi dotati di vita propria e mossi dal vento.
Questi è Alessandro Magno nella sua riconoscibilissima e tipica resa fisionomica ma è nei panni di Zeus e il messaggio che l’opera vuole dare è estremamente ardito per un uomo, impensabile: egli è Zeus reincarnato, è non solo paragonato agli dèi ma è un dio egli stesso, non uno qualunque ma il Padre!
In pochi anni il giovane re è passato dall’essere un comandante vittorioso, ad essere visto come un semidio in contatto con gli dèi, ad apparire come un dio in terra, il sommo Zeus.
Una trasformazione affascinante che dimostra la grandezza dell’uomo che cambiò il mondo conosciuto.
La riproduzione oggi a Pompei si trova nella domus di un privato ma l’originale sappiamo con certezza essere proprio quello di Apelle descrittoci dalle fonti e, anzi, a riguardo abbiamo anche un interessante aneddoto narratoci da Plutarco: Lisippo avrebbe rimproverato Apelle per aver osato tanto, dipingendo Alessandro come un dio.
Che dire…una conferma ulteriore che proprio questa sia copia di un’opera stupefacente, testimonianza che in così poco tempo Alessandro il Grande sia stato elevato da semidio a Zeus.
Dopotutto un’impresa così grande come la sua solo un dio avrebbe potuto compierla!
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