“Là dove l’acqua sgorga a misura e il pane si mangia a dismisura.”
Oggi vi voglio parlare di un popolo dell’attuale Calabria, un popolo estremamente forte e tenace che, seppure sconfitto e allontanato dalla propria città di origine, ha fatto di tutto per cercare di ricostruirsi una nuova casa e una nuova città.
Si tratta del popolo dei Sibariti, un termine che ancora oggi viene usato per indicare una persona dedita alla lussuria, all’ozio, malvagia, e in effetti gli storici narravano tante storie incredibili su questi abitanti: amanti del buon cibo e organizzatori di banchetti pagati dallo Stato, tanto dediti a tutti i possibili e perversi piaceri da raccomandare alle donne di riunirsi tutte insieme per imparare tecniche di seduzione da un’esperta!
Erano considerati i più ricchi e dissoluti della Magna Grecia e Sibari era una delle colonie più fiorenti ma piena di vizi e mali.
Ma erano davvero così terribili?
In effetti la maggior parte di queste informazioni deve essere stata tramandata in forma orale, di bocca in bocca, di generazione in generazione, ingigantita, e purtroppo le fonti non permettono di ricostruire con esattezza la vita degli abitanti di Sibari.
Conosciamo però notizie sulla sua città, Sibari.
Ai tempi dell’Età del Ferro l’area era centro della civiltà degli Enotri, estremamente florida e ricca, ma in seguito questa venne spazzata via dall’arrivo di coloni greci dall’Acaia: la Grecia iniziava a guardare all’Italia del sud, quella che sarà la Magna Grecia. I Greci quindi arrivarono nel 730 a.C., ridussero in schiavitù i locali e diedero inizio alla fondazione di Sibari, un centro che divenne crocevia di commerci e scambi posto sulla costa del Golfo di Taranto e al confine settentrionale dell’odierna Calabria. La città prosperava ma la sua sorte fu segnata dalla guerra con Crotone, città “sorella”, popolata sempre da Greci venuti dall’Acaia, guerra nata probabilmente per motivi commerciali.
A Sibari, a seguito di una rivolta popolare, era nata una tirannia mentre a Crotone una ferrea oligarchia dominava: lo scontro tra le due città avvenne nel 510 a.C. presso il fiume Traente (oggi Trionto) e la vittoria fu dei Crotoniati, i quali assediarono la sconfitta “sorella” che, caduta dopo 70 giorni, si svuotò e venne rasa al suolo.
I Sibariti furono costretti a migrare sul Tirreno, andarono ad abitare in due cittadine sulla costa e da qui poi partirono per fondare una nuova città: il primo tentativo fu nel 476 a.C. con l’aiuto dei Siracusani e il secondo nel 453 con quello degli abitanti di Paestum…ma entrambi fallirono a causa dei Crotoniani, decisi a impedire una rinascita dei loro nemici.
Ma alla fine i Sibariti riuscirono a realizzare il sogno di trovare una nuova casa e ciò avvenne grazie al sostegno di Pericle nel 446 a.C., il potente ateniese che diede loro sostegno e aiuti materiali per la realizzazione di una nuova città!
L’oracolo di Delfi venne consultato e si cominciò la costruzione “là dove l’acqua sgorga a misura e il pane si mangia a dismisura”, ossia non molto distante dall’originaria Sibari, vicino alla sorgente Thouria: qui sorse la nuova città dei Sibariti, Turi.
Turi, nell’odierno territorio di Corigliano Rossano, fu quindi l’unica fondazione ad essere realizzata da Atene nel Mediterraneo occidentale.
L’onnipresente e meravigliosa mitologia fa risalire la sua fondazione al 720 a.C. circa ad opera dell’eroe Filottete, il quale, secondo la tradizione omerica, dopo la Guerra di Troia tornò felicemente a casa, e per un racconto più tardo passò anche per i mari italiani.
In ogni caso con la fondazione ad opera di Pericle il piano urbanistico di Turi venne organizzato secondo le regole della “città ideale” di Ippòdamo di Mileto: questi fu l’architetto a cui venne attribuito lo schema ortogonale, ippodameo appunto, secondo il quale tre assi longitudinali, in direzione est-ovest, venivano ad essere intersecati da assi perpendicolari, in direzione nord-sud. Da questa intersezione nascevano isolati rettangolari formati da strade principali e secondarie e tutto ciò possiamo perfettamente notarlo nella città disegnata proprio dall’architetto, ben conservata, in aperta campagna e uno dei prototipi della città occidentale stessa!
Fondata Turi, la nuova Sibari, ella desiderava la Sibaritide, venne a scontrarsi con Taranto e perse, si volse allora verso il Tirreno, e anche qui si batté contro i Lucani. Ma iniziarono anche le lotte con gli Ateniesi, le quali terminarono con la cacciata dei Sibariti.
E si arrivò ai Romani, alla loro espansione e al 194 a.C., data in cui Turi divenne colonia romana e municipium col nome di Copia, abbandonata solo nel Medioevo.
Oggi gli scavi nel luogo, iniziati a partire dal 1932, proseguono e continuano a portare alla luce il segno di un popolo che non si è mai arreso.
I Sibariti hanno perso la loro casa ma l’hanno portata nel loro cuore nelle loro peregrinazioni fino a costruirla nuovamente e a poter dire “Noi siamo ancora qua.”
Di Silvia Urtone
Comments