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Emozione Arte

Dal Donario Galata…al Piccolo Donario pergameno. La grandezza della scuola di Pergamo

Di Silvia Urtone


Il Donario Galata e il Piccolo Donario.

Due opere monumentali che vogliono celebrare e ricordare una vittoria e che, allo stesso tempo, testimoniano la potenza e l’elevato livello artistico della città di Pergamo, diventata grande con la dinastia degli Attalidi: questa, da cittadella scelta per custodire il tesoro di Lisimaco, diventa, dopo la sua morte, regno indipendente grazie a Filetero, suo funzionario.

Questi regna per 18 anni usando il tesoro, poi fa succedere al trono il figlio adottivo Eumene I, il quale dà inizio alla nuova dinastia e passa il regno al figlio Attalo I nel 241.

Dal 241 al 197 a.C. Pergamo vive il suo momento di massimo splendore e proprio a questo periodo risale il Donario Galata, se non anche il Piccolo Donario!

Ma andiamo con ordine.

Nel 230 a.C. Attalo I riporta una grande vittoria: sconfigge i Galati, una popolazione barbarica e fiera che vessava le città greche dell’Asia Minore settentrionale. Egli si rifiuta di versare loro il tributo di Pergamo ed è guerra istantanea, una guerra che però si conclude con la vittoria e con la liberazione delle città greche.

Per celebrare tutto ciò Attalo I decide di dedicare alla dea Atena, sulla terrazza del suo santuario, un grande donario composto da varie statue poste su un piedistallo. Non molto rimane di questo ma qualche indizio sulla sua forma e composizione possiamo averlo: l’opera probabilmente risultava conica e su una base cilindrica su cui, sollevato di 2-3 m, si trovava il gruppo statuario.

Questo raffigurava i fieri guerrieri galati che, pur di non cadere nelle mani del nemico, avevano preferito dare la morte a se stessi e alle proprie famiglie. È una celebrazione della vittoria di Pergamo ma anche della tenacia degli sconfitti, drammaticità su drammaticità.

Delle statue che lo componevano rimangono delle copie romane davvero incredibili, una delle quali è quella del cosiddetto “Galata morente”, oggi ai Musei Capitolini, Roma.


Galata morente, Donario Galata, Musei Capitolini

Nudo, semisdraiato su un plinto ovale su cui si stagliano spada, fodero e cintura, la gamba sinistra allungata leggermente, la destra piegata, il braccio destro che permette all’uomo di reggersi, il torso ruotato verso destra, la testa piegata verso il basso, l’espressione affranta e sofferente, i baffi e i capelli ispidi, la tipica collana torque, le sopracciglia aggrottate…è un guerriero sconfitto che attende la morte con dignità e ha una ferita mortale, il cuore e il polmone colpiti.

La partecipazione dello spettatore è inevitabile, come anche la pietà verso il Galata e la fierezza degli abitanti di Pergamo per aver sconfitto un popolo così coraggioso.

Attalo I è riuscito nel suo proposito.

Per il Piccolo Donario ci sono più problemi di comprensione: gli scavi sull’Acropoli di Atene hanno portato alla luce, nell’angolo sud-orientale del Partenone, quattro lunghe basi. Proprio qui si doveva ergere la costruzione di cui, per fortuna, resta la particolareggiata descrizione dello storico Pausania!

Egli ci dice che il monumento era stato fatto erigere dal re Attalo di Pergamo, che era formato da quattro gruppi scultorei in bronzo e che rappresentava con molte statue la guerra contro i Giganti, le Amazzoni, i Galati e i Persiani. Secondo le ricostruzioni le statue dovevano essere più di 56 ed erano alte circa due terzi rispetto al naturale (1.20 m) e questa caratteristica aveva fatto sì che il monumento, lungo quasi 50 m, prendesse in epoca moderna il nome di “Piccolo Donario” per distinguerlo da quello più grande a Pergamo.

Il gruppo doveva presentare sia vincitori che vinti e per fortuna, oltre alle descrizioni di Pausania, sono state individuate anche delle copie romane sparse per il mondo, dagli Uffizi al Louvre, e provenienti tutte da Roma. Il “Galata caduto”, per esempio, oggi al Museo Archeologico di Venezia, raffigura un uomo nudo a terra, avvolto da una corda, in una posa esagerata e drammatica, gli occhi chiusi e i riccioli scomposti: è la drammaticità del Barocco pergameno che riprende in chiave ancora più tragica e teatrale quello che già veniva narrato nel Donario descritto precedentemente.


Galata caduto, Piccolo Donario, Venezia


Ma era stato anche questo commissionato da Attalo I?

Purtroppo Pausania parla solo di un “Attalo” che potrebbe essere sia quello di cui abbiamo già parlato sia Attalo II, il quale regalò ad Atene la stoà porticata sul lato est dell’Agorà: primo o secondo, la datazione varierebbe molto, tra il III sec. a.C. e dopo il 159, quando Attalo II salì al trono. La prima ipotesi è preferita per motivi storici, vista l’importanza di Attalo I ad Atene, mentre la seconda per motivi stilistici.

Quale che sia la datazione di entrambi i Donari l’influenza del più grande a Pergamo sul più piccolo ad Atene è palese e mostra una crescita nella drammaticità da un Galata che, colpito a morte, sta per morire e cadere a terra e un Galata che è già morto con il corpo abbandonato e ormai inerte.

Si voleva celebrare una vittoria.

Si volevano celebrare e ricordare anche i vinti.

Si è riusciti a creare delle opere d’arte ellenistiche e tragiche che, nonostante non siano giunte in forma originale, fanno parlare di sé e dire “Ecco, queste appartengono alla grande scuola di Pergamo.”

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