Di Federica Pagliarini
Il problema dei falsi è da sempre argomento ostico e spinoso. Quante volte si è incappati in notizie in cui si scopriva che un dipinto ritenuto originale era in realtà un falso? Uno dei pittori più copiati è Modigliani. Lo scorso marzo venne allestita una mostra a Genova, a Palazzo Ducale, in cui si dichiararono falsi venti dipinti sui settanta esposti. Fu l’esperto toscano Carlo Pepi (fondatore dell’Istituzione Casa Natale di Modigliani) a dare l’allarme. Si mise sotto accusa anche il curatore della mostra e altre figure che lavorarono nella realizzazione della stessa. Questo è solo un esempio, perché su Modigliani ci sono tante altre "scandalose" notizie. Quella delle false sculture, precisamente delle teste, trovate a Livorno nel 1984, è una di queste. Dichiarate con entusiasmo dei veri Modigliani, erano invece solo delle copie fatte da un gruppo di studenti dell’Accademia di Belle Arti.
Secondo Thomas Hoving, un tempo direttore del Metropolitan Museum di New York, circa il 40% delle opere del MET sono dei falsi (e questo nel 1997). Il falso rende ridicolo l’esperto collezionista o il critico d’arte e svilisce una collezione importante, ma ancora oggi non è facile smascherarlo.
Intanto poniamo la differenza tra falso e copia. Si parla di falso quando un’opera è copiata da un originale, ma venduto e spacciato come tale, quando in realtà non lo è. La copia è invece un’imitazione di un originale, fatto spesse volte per esercitazione o studio da parte di un allievo o di un seguace. Per esempio, gran parte degli allievi di Leonardo (Salai, Melzi, Boltraffio) realizzarono copie delle tavole del da Vinci, ma tali rimanevano e non venivano spacciate per opere del maestro (si pensi alla “Leda con il cigno” di cui rimangono solo copie o alle tante versioni del “Salvator Mundi”).
In questo articolo vogliamo parlare proprio dei falsi, in particolare di un falsario del XIX secolo: Han van Meegeren, un pittore olandese che venne arrestato per una sospetta collaborazione con il nemico, ossia per aver venduto al nazista Hermann Göring dei quadri di Jan Vermeer. In realtà non era proprio così, perché Meegeren non vendette nessun Vermeer, ma dei falsi. Era lui il Vermeer del XIX secolo e ancora nessuno ne era a conoscenza.
Conosciamo la storia e la biografia di Meegeren grazie al libro scritto da Frank Wynne (il titolo del libro è: ”Io ero Vermeer”). Han van Meegeren era una persona piuttosto particolare: ipocondriaco, alcolizzato e anche drogato, era solito infatti mangiare tavolette di morfina. Si sposò, ma ebbe anche molte relazioni con prostitute.
Meegeren è nato in Olanda, a Deventer, nel 1889. Appassionato d'arte, studiò pittura dall’epoca del liceo (anche se poi fu costretto dal padre a iniziare architettura che abbandonò dopo poco). Il suo primo maestro, Bartus Korteling, insegnava a macinare i colori in modo antico, rifacendosi alla tradizione olandese del Seicento. Quindi non faceva usare colori già pronti in tubetti e prodotti in fabbrica, ormai grandemente diffusi nell’Ottocento. Insegnava la base della chimica e come ottenere i colori, per esempio il blu (cuocendo il cobalto). Poco dopo si trasferì a Delft (tra l’altro città natale di Vermeer) e sposò Anna de Voogt, un’attrice di teatro famosa al tempo, anche lei studentessa nella stessa scuola di pittura di Meegeren (si erano conosciuti proprio lì). Da subito incoraggiò Meegeren a realizzare delle mostre proprie visto il suo talento. La prima mostra fu un successo. Venne allestita all’Aja, nell’aprile del 1917 dalla moglie. Meegeren vendette tutte le opere. Fu subito dopo che accadde il declino. La seconda mostra, organizzata nel maggio 1922, non ebbe un gran successo. Venne definita debole e non originale. La cosa non piacque molto a Meegeren che ci rimase molto male, turbato e stizzito per i commenti negativi che aveva ricevuto. Iniziò nel frattempo a restaurare dipinti antichi, alcuni dei quali molto rovinati. Per dargli un aspetto migliore, decise di ridipingerli interamente. Fu in questo momento che iniziò il “mestiere” del falsario. Capendo la sua bravura, dipinse un Vermeer: un uomo in piedi che guarda una donna che suona la spinetta. In quel periodo Vermeer non era stato ancora riscoperto e la maggior parte ne ignorava l'esistenza. Sembra strano visto il successo che ha oggi. Molti mercanti vendevano suoi quadri spacciandoli per opere di artisti più in voga al tempo. La stessa cosa accadde alla metà del Seicento con Caravaggio. A Roma la famiglia Mattei, che aveva commissionato al Merisi molte opere, decise di vendere gran parte della loro collezione per gravi problemi economici. La “Cattura di Cristo” (oggi a Dublino) venne venduto per una cifra irrisoria e attribuito a Gherardo delle Notti, che il quel periodo era uno dei pittori più “alla moda” (si rifaceva tantissimo allo stile caravaggesco).
Van Meegeren, riuscì a vendere il quadro somigliante allo stile di Vermeer per una buona cifra, circa 40.000 fiorini ad un certo Tersteeg. Poi lasciò la moglie (da cui aveva avuto due figli) e partì per la Costa Azzurra con l’amante Jo. Qui, nella nuova e sontuosa casa, creò un piccolo laboratorio di alchimia in una cantina, dove conduceva i suoi “esperimenti” e le sue falsificazioni. La prima cosa che fece fu reperire i pigmenti utilizzati da Vermeer al suo tempo, in modo che fosse più difficile scoprire che si trattasse di un falso. Inoltre studiò e si documentò molto su Vermeer per scoprire la sua storia e la tecnica e costruì da solo un forno con cui poter “cuocere” i quadri. L’olio infatti si seccava molto lentamente, a volte potevano volerci molti mesi. Trovò anche il modo di creare la “craquelures”, quell’effetto crepa tipico dei quadri del passato.
Che cosa decise di dipingere? Leggendo i tanti testi critici sulla vita di Vermeer, scoprì che una bella fetta di studiosi era propensa nel ritenere che il pittore olandese avesse avuto una primissima fase “caravaggesca” (tanti olandesi si recarono a Roma per studiare Caravaggio, ma su Vermeer non si hanno notizie di questo ipotetico viaggio). Decise così di dipingere un quadro raffigurante i “Discepoli a Emmaus”. Sarebbe stato il primo quadro di Vermeer di questo periodo giovanile mai trovato. Meegeren affondò il colpo, riuscendo ad ingannare uno dei critici più famosi su Vermeer, ossia Abraham Bredius. Lo studioso fece anche la prova del cotone imbevuto con l’alcol (se la pittura fosse stata troppo fresca non avrebbe resistito e si sarebbe rovinata e alterata) e affermò che si trattava di una magnifica opera di Vermeer. Era entusiasta! Non tutti però erano convinti, anzi molti parlavano di un “falso da quattro soldi”! Intanto però Bredius aveva pubblicato la notizia del ritrovamento di un quadro giovanile di Vermeer sul “Burlington Magazine”. Ormai era fatta! Il quadro sarà poi comprato dal Boijmans Museum di Rotterdam per la cifra di 520.000 fiorini. Quest'opera fu solo la prima di una serie di falsi che Meegeren vendette anche a due ufficiali nazisti. Nel luglio del 1947 giunse a casa sua la polizia e venne arrestato per aver venduto dei quadri nazionali al nemico, tra cui Hermann Göring, due anni prima (in realtà non si trattavano di Vermeer, ma la polizia ancora non lo sapeva). Venne condannato all’ergastolo, ma riuscì a farla franca. In che modo? Svelò che in realtà i quadri fossero falsi e che era stato lui stesso a dipingerli. Ovviamente nessuno gli credette e venne scagionato solo quando, davanti al tribunale, dipinse un falso di Vermeer, un Gesù nel Tempio. Dall’ergastolo si passò ad un solo anno di reclusione.
Han van Meegeren è diventato uno dei falsari più famosi della storia. La sua peculiarità inoltre si basava su un elemento non di poco conto: non ricreava quadri già esistenti, ma ne dipingeva di nuovi, basandosi su studi critici dell’epoca.
Non solo riuscì ad ingannare degli ufficiali nazisti, dei critici affermati, ma anche i musei. Il museo di Rotterdam espone ancora oggi il suo quadro che, invece dell’attribuzione a Vermeer, porta la sua firma ed è considerato un capolavoro nel suo genere!
Per approfondimenti si consiglia la consultazione dei seguenti testi:
-Harry Bellet, "Falsari illustri", Skira, 2019
-Frank Wynne, "Io ero Vermmer. Storia del falsario che truffò i nazisti", Ponte alle Grazie, 2007
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