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I Terramaricoli e la vasca votiva di Noceto. Ingegneria e sacralità nell’Età del Bronzo

Di Silvia Urtone


Nel nostro viaggio di oggi andremo nel nord nell’Italia, nelle zone dell’Emilia e in quelle della pianura padana, in un periodo ben prima dell’avvento dell’Impero Romano, precisamente nel corso dell’Età del Bronzo Medio e Recente.

Fine XVII-XIII sec. a.C. Il periodo delle terramare.

Le terramare erano antichi villaggi dell’età del bronzo stanziati lungo la via che attraversava le Alpi e arrivava alle sponde del fiume Po. In emiliano il termine vuol dire “terra grassa” e indicava la terra di colore scuro tipica dei depositi archeologici formatisi attraverso i secoli, accumulatasi con il succedersi di costruzioni erette più e più volte l’una sopra l’altra: questa sovrapposizione diede vita a collinette alte fino a 5 m, un tratto caratteristico del paesaggio padano, le quali, a partire dall’Ottocento, iniziarono ad essere utilizzate come “cave” per il recupero di terriccio da usare come concime…e in seguito il termine venne usato solo per indicare i villaggi dell’età del bronzo sepolti sotto la terra e testimonianza di una lontana civiltà del nord Italia.

L’inizio di questa civiltà si fa risalire di norma intorno al XVII sec. a.C. con la colonizzazione e la deforestazione della Pianura Padana da parte di popolazioni appenniniche e danubiane, con il contributo anche dei popoli locali, le quali avevano la caratteristica di costruire le proprie abitazioni in zone lacustri e fluviali, importanti per il commercio, su palafitte: vari legni venivano utilizzati per le proprie dimore, il pavimento, affinché fosse impermeabile, veniva ricoperto di argilla e le pareti di argilla e sterco di vacca, per proteggersi dal freddo. I villaggi erano di forma quadrangolare, delimitati da un fossato e da un terrapieno e, oltre alle case, magazzini, pozzi e altre strutture li arricchivano. Fino ad ora, grazie alla loro forma di collinette ben riconoscibile, sono stati ritrovati più di 200 villaggi terramaricoli nell’area della Pianura Padana, testimonianze di una popolazione esperta di agricoltura, commerci, lavorazione dei metalli e della ceramica ma della cui religione, purtroppo, a parte la venerazione del sole e delle acque, non sappiamo molto.

Fu intorno al 1200 che per il mondo terramaricolo iniziò una grave crisi che portò al definitivo abbandono in pochi anni dei molti insediamenti. I motivi non sono chiari ma sembra che un forte popolamento e una crisi climatica abbiano innescato una crisi economica che, accompagnata da carestia e sconvolgimenti politici, portò al definitivo collasso della civiltà del Bronzo Recente. Tutto durò pochi anni e già nel 1150 a.C. le terramare vennero completamente abbandonate, il territorio non fu più abitato e solo in epoca romana si tornerà a popolare questa area.

E arriviamo al 2004, a Noceto, vicino Parma.

Qui nella primavera di quell’anno venne ritrovato un monumento unico nella Preistoria europea, ossia una vasca realizzata dagli antichi terramaricoli padani, la quale sta ora per diventare un vero e proprio museo!


Ritrovamenti vasca di Noceto



Realizzata dagli abitanti delle terramare questa vasca, interamente rivestita in legno e di circa 3500 anni fa, ci mostra un piccolo assaggio della religiosità quasi sconosciuta di questa popolazione, una religiosità fino a poco tempo fa ritenuta per lo più privata.

Durante gli scavi per un cantiere edilizio nelle vicinanze di un antico villaggio, sul fianco della collinetta nota con il nome “la Torretta”, la grande vasca venne alla luce: per la sua realizzazione fu scavata una cavità di 20×14 m, con al suo interno un parallelepipedo di 12×6 m, profondo 3.5 m. Era questa ubicata al margine del villaggio terramaricolo di Noceto, distrutto nel XIX sec. dalle “cave” per procurarsi terra fertile e ancora oggi quest’opera di alta ingegneria sa incantare: scavata nell’argilla, perfettamente impermeabile, per ben 250 anni è rimasta colma d’acqua e sul fondo erano conservati con estrema cura vari oggetti, in ceramica e agricoli; a poco a poco la vasca si è riempita di terra e così l’ambiente umido e privo di ossigeno ha permesso la perfetta conservazione degli oggetti sepolti.

La sua funzione non è chiara ma probabilmente era una vasca rituale, un vero e proprio luogo sacro in cui i terramaricoli deponevano le offerte, forse per cercare di favorire la fertilità della terra: è la testimonianza che gli antichi padani avevano credenze e riti collettivi.

Gli oggetti e le assi di legno sono stati asportati dalla loro collocazione originaria, restaurati e trasportati nel museo di Noceto in un ambiente dedicato solo alla vasca e denominato Museo della Vasca Votiva; qui la vasca è stata riassemblata grazie a un esoscheletro di metallo che sostiene le assi originali, per metà incassata nel pavimento e per metà no.

Dalla primavera del 2020 tutto questo lo si potrà ammirare dal vivo in un ambiente che è stato insonorizzato per trasportare il visitatore all’epoca delle terramare, un ambiente in cui risuoneranno rumori di tuoni e pioggia, proprio quello che gli antichi padani si auguravano per avere raccolti abbondanti. E all’interno della vasca si vedranno gli oggetti ritrovati, dai più di 150 vasi integri di ceramica fine e lucidata ai vasetti in miniatura, dagli animaletti simbolici in terracotta ai sassolini di quarzo bianco che forse venivano gettati al modo delle monete nella fontana di Trevi, dai crani di animali ai quattro aratri in legno, dalle ceste per la raccolta dei manufatti in pietra e osso.

I terramaricoli e la loro immensa vasca rituale rivivono e continueranno a vivere a Noceto.


Vasca votiva di Noceto

Vasca votiva di Noceto diventerà museo
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