Costantino I. Costantino il Grande.
Era il figlio di Costanzo Cloro, uno dei quattro elementi facenti parte di quella Tetrarchia che Diocleziano aveva voluto per porre fine alle lotte e per costituire un governo più sicuro, ma quando Costantino salì al potere nel 306 d.C. le carte vennero rimescolate e una nuova era ebbe inizio, anche artisticamente parlando.
Il periodo costantiniano per quanto riguarda la ritrattistica romana costituisce un periodo di profonda riflessione e di rinnovamento, un periodo in cui si afferma una nuova tipologia di ritratto imperiale, destinata a durare anche in seguito: per i successivi tre secoli, infatti, non è più la persona dell’imperatore a dover essere riconosciuta bensì la carica che egli rappresenta, non più un uomo ma un’autorità, e sarà proprio Costantino a dare il via a questo processo decidendo di allontanarsi sempre di più dal ritratto imperiale tetrarchico in favore del recupero delle forme artistiche idealizzate precedenti.
Le squadrate forme dei Tetrarchi scompaiono, ritornano gli antichi, in particolar modo Augusto con le ciocche dei capelli a tenaglia, da cui tutto ebbe inizio, e Traiano con le ciocche che ricadono sulla fronte con le punte rivolte verso l’interno. Non più puntando sull’immagine di un “imperatore soldato” Costantino si rifà a quella del “civile” imperatore dell’età alta e medioimperiale, scegliendo però di farsi caratterizzare da un naso aquilino e da un mento sporgente, caratteristica del padre Costanzo Cloro, e discendenza che vuole costantemente ricordare al suo popolo, legittimando così il proprio potere.
A partire dal 310 viene ideata la tipologia ritrattistica per festeggiare i quinquennali e gli artisti recuperano ancora di più i modelli degli antichi per realizzare il modello più conosciuto di Costantino, caratterizzato da una calma ideale e quasi sovrannaturale e da quegli immensi occhi profondi che sembrano trapassare i comuni mortali e puntare verso il cielo.
Proprio in questi anni nasce la statua colossale di Costantino, il “Colosso” appunto, una delle opere più importanti della scultura tardo-antica: i suoi resti si trovano oggi al Palazzo dei Conservatori, Roma (Musei Capitolini) e sono databili tra il 313 e il 324 d.C. Vennero rinvenuti nel 1486 ai tempi di papa Innocenzo VIII nell’abside della basilica di Massenzio e la sua datazione sarebbe tra l’anno in cui la suddetta basilica venne dedicata a Costantino e l’anno in cui egli cominciò ad essere raffigurato con un diadema.
Dopo il ritrovamento, tra XVI e XVII sec. vennero trasferiti sul Campidoglio dove sono attualmente.
Del colosso che complessivamente doveva raggiungere i 12 m restano la testa, una mano, il braccio destro, i piedi, il polpaccio sinistro, il ginocchio e il femore destro: la mancanza del corpo ha fatto pensare che dovesse trattarsi di un acrolito, un tipo di statua che veniva realizzato in pietra o marmo per quanto riguardava testa, braccia e piedi, mentre il resto era in materiale deperibile e meno pregiato, come il legno, o del tutto inesistente. Questa tipologia veniva usata soprattutto per le statue di divinità da collocare nei templi e il nostro Costantino, dalla testa di ben 2.60 m, probabilmente doveva apparire seduto, avvolto in un paludamentum, con il braccio destro sollevato e in mano uno scettro terminante con una croce, e nella sinistra un globo.
La testa, oggi montata su un collo moderno, mostra segni di rilavorazione utilizzando un’opera più antica, forse addirittura del suo rivale Massenzio. Il volto è quello che appare sui rilievi dell’Arco di Costantino, tende all’astrazione, ha una mascella squadrata, capelli disposti in una massa rigonfia solcata da striature che delineano le ciocche, sopracciglia ben incise, il naso aquilino, le labbra lunghe e sottili, il mento prominente e marcato…ma ciò che attira più l’attenzione sono gli occhi grandi, quasi smisurati, con la pupilla ben marcata e dilatata, dallo sguardo vigile che sembra dare la sensazione di trapassare gli osservatori mortali e puntare verso l’alto, verso il divino stesso.
La rigidità del volto fa sì che Costantino appaia distaccato dalle comuni preoccupazioni umane, immerso in pensieri divini e superiori.
La statua appare idealizzata, dall’impostazione classica e con un pizzico di aura di santità, e Costantino si rivela ai sudditi nella posa del Giove Capitolino in trono, una sorta di divinità, qualcosa di lontano dai comuni mortali, richiamando reminiscenze orientali di un re figlio di Zeus/Osiride ma anche della cultura romana.
Costantino ha introdotto una nuova iconografia in cui la sua posizione viene legittimata richiamando l’antico ma al contempo introduce qualcosa di nuovo, l’immagine di un sovrano lontano, a diretto contatto col divino e pienamente inserito nel suo ruolo di guida.
Benvenuti in una nuova era!
Di Silvia Urtone
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