“Auge visitò la casa di Teutrante in Misia e, di tutte le donne con cui si dice che Eracle si accoppiò, nessuna diede un figlio tanto simile al proprio padre quanto il suo [Telefo].”
(Pausania, X, 28, 8)
Telefo era figlio di un semidio e di una principessa.
Telefo era figlio di Eracle e di Auge, figlia del re di Tegea.
Secondo una delle versioni del suo mito, al re di Tegea era stato predetto che i suoi figli sarebbero stati uccisi dal nipote e allora egli decise di rinchiudere la figlia nel tempio di Atena, nominandola sacerdotessa e mettendola in guardia: se non si fosse mantenuta casta sarebbe stata messa a morte.
Ma proprio nel tempio il re organizzò un banchetto in onore di Eracle, di passaggio in quelle terre, e quest’ultimo, sotto l’influsso del vino, violentò Auge e la mise incinta. Pestilenza e carestia si abbatterono su Tegea per un sacrilegio avvenuto nel sacro tempio di Atena e così il re scoprì l’accaduto…ma non riuscì a uccidere la figlia e incaricò il re Nauplio di affogarla. Partirono, la donna partorì un bambino, lo nascose ed ella venne ceduta a dei mercanti che la vendettero al re di Misia.
Il bambino venne allattato da una cerva e consegnato al re Corito che gli diede nome Telefo in onore della sua prima nutrice, la cerva (in greco “thēlē” significa “mammella”), mentre Auge sposò il re di Misia.
Diventato adulto, Telefo consultò l’oracolo per avere notizie della madre e fu condotto in Misia dove, dopo varie vicende, avvenne il riconoscimento tra madre e figlio con successiva adozione del ragazzo da parte del re: Telefo sposò Astioche, sorella del re di Troia, Priamo, e alla morte del padre divenne re di Misia.
Una vicenda in particolare vide il nostro Telefo protagonista, ossia lo scontro con l’esercito greco diretto a Troia ma sbarcato per sbaglia a Misia: i Greci credevano di essere giunti a Troia, la battaglia fu cruenta e il re fu ferito da Achille; la ferita non guariva e alla fine Telefo andò alla ricerca dell’eroe, guarì e si rappacificò con i Greci, proclamando in seguito addirittura la non belligeranza durante la guerra di Troia.
Alla sua morte il nipote gli succedette e insieme all’alleato Pergamo respinse le invasioni dai regni vicini, fondando alla fine la città di Pergamo in Misia, legata alla memoria di Telefo e in cui vennero conservate le sue spoglie.
Telefo diventò oggetto di un culto eroico a Pergamo e le sue gesta vennero addirittura rappresentate in un’opera che andiamo a vedere oggi: l’Altare di Pergamo!
Siamo ai tempi del sovrano Eumene II, II sec. a.C., tempi in cui il regno di Pergamo ha raggiunto il suo massimo splendore, sconfiggendo nuovamente i Galati e altri regni vicini: il sovrano volle celebrare tutto ciò, ristrutturare l’acropoli e creare una nuova terrazza, sotto quella del santuario di Atena, collegandola a questo con vari ambienti. Proprio al centro della terrazza sorse un gigantesco altare, una delle Sette meraviglie del mondo antico, dedicato a Zeus e ad Atena portatrice di vittoria.
Abbandonato e in parte deturpato in età bizantina, alcune delle sue parti vennero in seguito riutilizzate come materiale da costruzione per erigere un muro di difesa dell’acropoli e, grazie a scavi tedeschi nell’Ottocento, le varie parti vennero recuperate e l’altare ricostruito al Museo di Berlino, dove oggi possiamo ammirarlo in tutto il suo splendore.
Basamento quadrangolare di 36.40×34.20 m, 5 gradini, uno zoccolo di marmo e al di sopra l’altare vero e proprio, cinto su tre lati da un portico ionico che si allungava in due ali che fiancheggiavano la scalinata di accesso che, con un colonnato aperto, era messa in comunicazione con lo spazio centrale. L’altare era monumentale, con un grande fregio che correva lungo tutto lo zoccolo e rappresentava la colossale lotta tra dèi e Giganti e un secondo, di dimensioni minori e sulle pareti interne del portico, che narrava le imprese del nostro Telefo, le cui spoglie riposavano a Pergamo.
Perché?
Perché il figlio di Eracle era ritenuto progenitore della stirpe degli Attalidi e quindi di Eumene II stesso!
Il fregio appare con un rilievo non molto pronunciato, con personaggi disposti su più piani e un fondo riempito da elementi paesaggistici: sembra un dipinto scolpito nel marmo.
Nelle varie scene viene narrata l’intera saga e per la prima volta gli episodi vengono collegati in un’unica narrazione, proprio come in seguito avverrà nei fregi storici romani: ma qui Roma è vista come la nemica, l’opera vuole essere filellenica, dimostrare l’antica origine dei rapporti di Pergamo con la Grecia e porsi come padrona dell’Asia!
Ecco allora che si narra della vicenda che vide Telefo scontrarsi e fare pace coi Greci, creando un patto di sangue, ecco narrare la nascita dell’eroe da Auge e Eracle, ecco insistere sulle origini divine dei sovrani di Pergamo, direttamente discendenti di Zeus.
Il fregio di Telefo dell’Altare, probabilmente iniziato nel 168 a.C. e rimasto incompiuto dopo la morte di Eumene II nel 159 a.C., oltre ad essere un capolavoro dell’arte ellenistica, vuole essere una celebrazione assoluta del regno di Pergamo e un messaggio per i Romani.
Noi Pergameni siamo discendenti di Eracle e di Zeus.
Di Silvia Urtone
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